Castel San Vincenzo si trova nell’alta valle del Volturno, nelle vicinanze del Parco nazionale d’Abruzzo. L’abitato si trova a Nord dell’abbazia, su uno sperone di roccia circondato da una lussureggiante natura, nato in seguito alla costruzione della diga sul Salzera, un affluente del Volturno. Il suo paesaggio montano inserito in una cornice di cime, e la presenza del lago e del bacino del Volturno ne fanno una meta turistica di richiamo, non solo per le delizie naturali che pure sono spettacolari, ma anche per l’importanza artistica delle costruzioni religiose che si trovano nel suo territorio.
Il Volturno scorre per un breve tratto nel territorio del comune ed è proprio lì, in un contesto di enorme bellezza ambientale, che si trova la più importante testimonianza artistica del territorio: il monastero benedettino di San Vincenzo al Volturno. Il monastero è stato fondato nel XII secolo e la sua storia è narrata nel Chronicon Volturnese, uno splendido codice miniato conservato nella Biblioteca apostolica vaticana, dove si narrano le vicende dei primi secoli della storia del monastero, avvolte dal malcelato intento di glorificazione dell’autore, il monaco Giovanni. È a partire dalle cronache tracciate in quest’opera di straordinaria importanza storica e narrativa che si iniziò a narrare la leggenda della fondazione dell’abbazia. Secondo le cronache il monastero nacque per l’iniziativa di Paldo, Taso e Tato, tre longobardi di nobili origini che avevano deciso di allontanarsi dalle famiglie per condurre una vita ascetica. I tre eremiti avrebbero posto la prima pietra dell’abbazia in prossimità delle sorgenti del Volturno, per onorare il terreno dove l’imperatore Costantino aveva fondato un oratorio. Parte della leggenda rispecchia la verità, perché in effetti è vero che l’impianto originario del monastero venne fondato nel 703 e, quindi, in epoca longobarda.
In realtà il monastero venne fondato dal duca di Benevento che lo volle proprio in quel punto per celebrare la conquista di quelle terre, strappate ai bizantini che erano i loro precedenti possessori. L’imperatore Carlo Magno concesse dei privilegi al monastero, che in quel periodo godette di una così grande prosperità da poter essere equiparato alle più importanti abbazie di tutta Europa.
Attorno all’Ottocento il monastero era diventato ormai una piccola città che ospitava al suo interno molti edifici, possedeva terre in tutta l’Italia meridionale, e anche attività legate ai commerci. Tuttavia, proprio in questo secolo la sua ricchezza attirò gli appetiti dei saraceni che saccheggiarono la città: da quell’evento iniziò un periodo di arresto della sua espansione.
Il monastero venne ricostruito nel secolo successivo, durante il quale i monaci tentarono di costruire una signoria nella valle del Volturno. I monaci decisero di trasferire l’abbazia dalla riva sinistra, posto nella quale si era sempre trovato, a quella destra del Volturno che sembrava più difendibile. Tuttavia ancora una volta la storia del monastero di san Vincenzo al Volturno si incontrò con forze alle quali non si poteva opporre: i normanni conquistarono il monastero e da quel momento l’autorità monastica si indebolì sempre di più finché nel 1799 san Vincenzo al Volturno passò sotto la giurisdizione di Monte Cassino e perse la sua indipendenza.
Le costruzioni originarie che si trovavano nella parte sinistra del fiume furono sempre più trascurate fino ad essere dimenticate, finchè nei secoli scorsi una serie di scoperte inaspettate non ha rivalutato l’importanza archeologica del territorio: il ritrovamento della cripta di Epifanio ha dato il via una serie di operazioni di rivalutazione del territorio, dell’abbazia e della stessa cripta. Almeno un terzo dell’antico monastero è ritornato alla luce grazie al nuovo clima di entusiasmo scientifico.
(Foto uno e due di Bryan, in licenza Creative Commons)
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