26 Agosto 2009

Un pomeriggio in piazza

di Andrea Bonfiglio (Blog Rosà. Racconti di Viaggio)

Il compianto giornalista-scrittore Tiziano Terzani, straordinario reporter dalla spiccata vocazione per il viaggio, sosteneva che il modo migliore per conoscere una città fosse quello di visitarne la stazione, luogo ideale per comprendere – tra le soste della gente, le loro attese, i rituali di saluto, l’abbigliamento, gli odori, i suoni ed i colori – l’essenza della comunità locale. Niente di più esatto.

Rosà - il sito del comune

Rosà - il sito del comune

Non tutte le città, però, possono vantare una stazione ferroviaria entro i propri confini. A mio avviso, dunque, un buon modo per farsi un’idea sulle prerogative principali dei piccoli borghi che caratterizzano il bel paese è quello di osservarne il cuore: la piazza.

E’ ciò che ho fatto a Rosà, località vicentina popolata da poco più di tredicimila abitanti, nota soprattutto per la presenza di numerose ville storiche e di annessi parchi. Fra queste spiccano per importanza Villa Dolfin Boldù, Villa Faretti e Villa Compostella Zacchettin (XVIII secolo), nonché Villa Branca Boldù e Villa Zanchetta (XIX secolo).

Nonostante la rilevanza architettonica ed il valore culturale di queste suggestive residenze, preferisco concentrarmi sulla graziosa piazza Cardinale Sebastiano Baggio, dove appena arrivo respiro una sana aria di provincia: vi ci trovo allegre famigliole con bimbi al seguito, uomini con l’immancabile quotidiano sottobraccio ed anziani a bordo di una classica bicicletta da passeggio. Il tutto si svolge sotto l’attenta sorveglianza del campanile cittadino, completato nel 1817 su progetto del primo maestro del Canova: Giuseppe Bernardi, detto Torretti. La torre, assieme al Tempio dei Giovani ed al Duomo costruito nel 1720 come ampliamento della vecchia Chiesa di Sant’Antonio, sorge sulla linea di demarcazione settentrionale dello slargo e conferisce un valore aggiunto all’insieme, oggetto di un processo di rifacimento ultimato nel 2008.

Grazie a tale lavori, quindi, posso oggi ammirare la piazza nel suo reale splendore. La pavimentazione è costituita in parte da una serie di lastre in marmo rosa e rosso di Asiago, associato al Trani, che conferisce al mosaico una spiccata armonia, capace di esaltare i profili architettonici delle costruzioni. “Oggi la piazza è perfetta” conferma un canuto custode di memorie che incontro lì, aggiungendo che “l’eliminazione dei precedenti piani inclinati ha reso più fruibili gli spazi, incentivando la sosta dei cittadini, come si può facilmente notare guardandosi intorno”. Ha ragione. Vedo la gente che si attarda sulle strisce di porfido che adornano la base della piazza, da est a ovest, infrangendosi sul perimetro che segna il sagrato, pavimentato con materiali di maggior pregio.

In questa suggestiva cornice forgiata dalla sapienti mani dell’uomo non mancano poi le sfumature aggraziate di Madre Natura. Nel delicato chiarore circostante, difatti, noto tre verdeggianti aiuole: una ad ovest del campanile, un’altra sul versante est e l’ultima fra il Tempio e la Chiesa. Una presenza necessaria per tingere di vivacità un luogo che si lascia prevalentemente apprezzare per una elegante e ricercata sobrietà.

Mi piacerebbe vedere cosa accade in questo luogo in occasione dell’agosto rosatese, quando numerose manifestazioni religiose, culturali e folcloristiche – su tutte il Palio delle Rose che mette in competizione i dodici quartieri cittadini – spingono la popolazione, festante, a riversarsi per le vie del borgo. Conviene scrivere una nota in agenda: non è detto che non possa ritornare…

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