23 Gennaio 2010

Tra spighe di grano, attrezzi di un tempo e il pane come una volta

di Monia Melis (Blog Ortacesus. Interviste Musei)

Cortile esterno del Museo del Grano

Cortile esterno del Museo del Grano

Verde brillante in primavera e giallo oro d’estate: sono i colori dei campi di grano della Trexenta, una zona a nord di Cagliari, di basse colline e pianure. Un’area tanto fertile da essere considerata, ai tempi dell’imperatore Giulio Cesare, uno dei granai di Roma. Adesso la coltivazione del grano è meno intensiva e non scandisce più i ritmi della giornata e della vita di tutti gli abitanti, ma è comunque una realtà economica importante. Col tempo sono anche cambiati i metodi di lavoro e gli strumenti.

A Ortacesus, un grazioso paese della Trexenta, al grano è stato dedicato un museo: non solo un luogo di memoria, ma un posto vivo, un luogo di confronto in cui i visitatori possono vedere e partecipare al ciclo del grano: dalla campagna al forno.
Claudia Melis, guida del Museo del Grano, intervistata per Comuni-Italiani.it.

Un Museo del Grano nella Trexenta: perché?
Il Museo del Grano di Ortacesus nasce per documentare la tradizione contadina della Trexenta, legata da sempre alla coltivazione del grano e alla sua lavorazione. In Trexenta mancava un museo tematico di questo tipo, e Ortacesus, che è uno dei paesi in cui il grano si è sempre coltivato e dove ancora la tradizione continua a vivere, ha dedicato un museo a questo tema.

È una zona in cui si coltiva ancora il grano?
Ancora molte famiglie coltivano il grano in Trexenta e soprattutto a Ortacesus. Nonostante le difficoltà economiche che non la rendono più una coltura tanto redditizia, la tradizione, ormai fortemente radicata per questo “oro giallo” naturale, continua a resistere e a tramandarsi.

Quando è nato?
L’idea di un museo etnografico, nasce a Ortacesus verso la fine degli Anni Ottanta.
È però nel 2005 che, grazie ad un finanziamento regionale, al lavoro della Società Su Corongiu (che lo gestisce), alla collaborazione di un team specializzato in storia e cultura della Sardegna, e alla collaborazione del professor Giulio Angioni, si è deciso di dedicare un museo interamente al grano e alle tradizioni ad esso legate. L’inaugurazione ha avuto luogo a dicembre dello stesso anno.

Com’è organizzata la struttura?
Il Museo del Grano nasce nella vecchia casa padronale della famiglia Serra, ricca e possidente famiglia di Ortacesus. La casa, acquistata dal Comune a fine Anni Ottanta, ha subito vari lavori di ristrutturazione, poiché era disabitata da molti anni e in alcune parti risultava fatiscente. È stata costruita nel ventennio fascista, è quindi una classica casa a palazzo, tipica di quel periodo. Ha però conservato il grande cortile delle case campidanesi, che la rende particolare.

S'omu de is ainas, Museo del Grano

S'omu de is ainas

All’interno si snoda il percorso guidato del Museo del Grano che mantiene la divisione sessuale del lavoro tra compiti femminili e compiti maschili. Il museo è composto da quattro stanze interne e tre esterne: S’omu de is ainas, sorta di stanza degli attrezzi in cui troviamo tutti gli strumenti maschili utilizzati per la coltivazione del grano; S’omu de su strexu de fenu, stanza dei cestini di fieno, stanza tipicamente femminile, in cui sono conservati tutti gli attrezzi che le donne utilizzavano per la lavorazione del grano e alla panificazione; S’omu de su trobaxu sardu, stanza anch’essa femminile in cui si può ammirare un esemplare di telaio e due cassapanche; S’omu de tziu Burranca, dedicata al maestro e suonatore di launeddas, Dionigi Burranca, vissuto a Ortacesus per moltissimi anni.

Gli annessi esterni sono invece: Sa coxinedda, tipica cucina sarda in cui si può ammirare il vecchio forno a legna utilizzato per la cottura del pane; S’omu de sa moba sarda, in cui è posizionata la classica mola con cui si macinava il grano grazie al movimento degli asini; Is lollas de is bois, le antiche stalle utilizzate per il ricovero degli animali.

Quali sono gli strumenti esposti? Da dove arrivano?
Gli strumenti esposti sono tutti legati alla tradizione contadina, sia quelli maschili che quelli femminili. Arrivano da tutta la Trexenta e da Ortacesus, gli abitanti del paese hanno contribuito tantissimo a raccogliere parecchio materiale del museo, e a tramandare oralmente usi e tradizioni della nostra zona.

S'omu de su strexu de fenu, Museo del grano

S'omu de su strexu de fenu

Qual è il criterio utilizzato per l’esposizione?
L’esposizione segue quella che è la divisione sessuale del lavoro che vigeva nel mondo contadino. Vi erano infatti dei lavori tipicamente maschili e altri prettamente femminili. Questa divisione si rifletteva anche all’interno delle case, con stanze in cui lavoravano gli uomini e in cui riponevano gli attrezzi da lavoro, e stanze tipicamente femminili in cui lavoravano le donne.

Durante l’allestimento, quindi, si è seguito questo criterio, ricostruendo metodicamente gli ambienti maschili e femminili, tipici delle case contadine trexentesi.

C’è anche del materiale video d’epoca?
Trasmettiamo un bellissimo video d’epoca sulle launeddas. Il filmato è stato girato da Andreas Fridolin Weis Bentzon, un danese giunto in Sardegna tra la fine degli Anni Cinquanta e gli inizi degli Anni Sessanta. Abbiamo poi un filmato di Geo&Geo dedicato alla coltivazione del grano e alla sua lavorazione in cui ci sono delle immagini del nostro museo.

Qual è lo strumento più curioso? Che colpisce di più il visitatore?
Un po’ tutti gli strumenti sono particolari in quanto non si trovano quasi più. Ma tra questi, l’aratro in legno e i carri antichi sono tra i più ammirati.

Organizzate anche dei laboratori didattici?
I nostri laboratori riguardano la lavorazione del grano e i suoi prodotti. Abbiamo il laboratorio sul lievito madre Su framentu sardu, in cui scientificamente si parla della lievitazione del pane e della differenza dei lieviti moderni da su framentu. Ai bimbi viene anche raccontata la leggenda del lievito.
C’è poi il laboratorio di panificazione in cui si insegna a fare il pane cerimoniale, decorato con fiori sempre di pane, e i laboratori di pastificazione della fregola e dei malloreddus, pasta tipica sarda.

Ho letto che esiste una sorta di “Via del pane”, di che si tratta? È un percorso enogastronomico?
È un itinerario turistico e didattico, organizzato dal Museo del Grano in collaborazione con l’agenzia regionale Laore Sardegna e con il supporto di un panificio locale. I partecipanti visiteranno i campi dei grano e in compagnia di un tecnico potranno distinguere le diverse varietà tra cui la nota Cappelli; segue una visita al panificio e al laboratorio. Infine dopo la visita al museo chiunque potrà cimentarsi nel laboratorio sul ciclo del grano, in cui sono riprodotte le varie fasi della sua lavorazione: dalla pulizia alla macinazione fino alla setacciatura delle farine.

L’altro laboratorio proposto si intitola Benei a fai su pani, ”Venite a fare il pane”: un incontro in cui si spiega come fare un impasto, a partire dal lievito naturale a pasta acida, con una vera prova pratica fino alla preparazione del pane delle feste, pani pintau.

Riferimenti:
Museo del Grano
Via Kennedy, 25 – 09040 Ortacesus (CA)
Telefono e fax: 070-981.902.7
Email: sucorongiu@tiscali.it

(Foto dell’Archivio del Museo del Grano, per gentile concessione)

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1 commento a “Tra spighe di grano, attrezzi di un tempo e il pane come una volta”

  1. GattoGiallo scrive:

    Nel Sarrabus, a San Vito, c’è una vecchia casa padronale disabitata da anni, con un mulino chiuso dalla métà degli anni 60, ma i cui macchinari hanno giusto bisogno di una ripulita per rimettersi in moto e animare un museo.
    Da quanto ho visto sul net, anche in Sardegna molti comuni - come Ortacesus con il Museo del Grano, stanno facendo degli sforzi per preservare cultura e tradizioni locali e creare allo stesso tempo dei centri d’interesse per il turismo - molti, ma non San Vito, dove tutto resta da fare.

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