12 Febbraio 2010

Le “virtù segrete” del fortino inespugnato

di Maria Salerno (Blog Caltanissetta. Alla Scoperta della nostra Italia)

Piazza Garibaldi

Piazza Garibaldi

“Lei è come una donna brutta, ma dalle segrete virtù, da imparare a volerle bene solo scoprendola”. Così scriveva su Caltanissetta Luigi Santagati, architetto e appassionato studioso di storia siciliana nel 1989. A distanza di vent’anni, tale definizione sembra calzarle ancora perfettamente.

A differenza di altre città, infatti, Caltanissetta non s’impone all’attenzione del visitatore per monumenti di straordinario pregio e quanto sopravvive del suo antico splendore non sempre è possibile scorgerlo a un primo distratto sguardo. La città nissena è piuttosto riconducibile a una perla, la cui bellezza è sapientemente celata da una conchiglia.

Nel cuore della città, proprio dove le due arterie principali che l’attraversano - Corso Umberto I e Corso Vittorio Emanuele - s’incrociano in piazza Garibaldi, sorge il Duomo di Santa Maria La Nova, cattedrale di Caltanissetta, costruita tra la fine del 1500 e gli inizi del 1600. Di primo acchito, l’esterno non suscita particolare impressione, fatta eccezione per i due campanili e la maestosa cupola; ma basta varcarne la soglia per restare letteralmente rapiti dalle numerose arcate dipinte (che sostengono le tre navate, in cui la chiesa a croce latina è divisa), dagli affreschi di Guglielmo Borremans, che la città ebbe l’onore di ospitare nel 1720, e da un preziosissimo organo la cui datazione è incerta.

Proprio dinanzi al duomo e al centro della piazza si trova il monumento simbolo della città, vale a dire la fontana del tritone, scolpita da Michele Tripisciano alla fine del 1800. Dobbiamo, però, spostarci di qualche chilometro, lungo la strada che collega l’attuale centro storico a quello che fu il primo centro cittadino, per scoprire i tesori nascosti di Caltanissetta.
Prima fra tutti la piccola e antichissima chiesa di Santa Maria degli Angeli, che sorge a ridosso del Castello di Pietrarossa, nel quartiere arabo della città. La chiesa, consacrata nel 1100, un tempo cappella regia, dopo il terremoto degli anni sessanta fu completamente abbandonata a se stessa. L’interno non esiste più e l’esterno, per quanto sia caratterizzato da un’imponente porta, riccamente ornata da fregi preziosi, langue nel disinteresse generale. Alcuni nisseni, specie fra i più giovani, ignorano persino l’esistenza di tale chiesa, forse destinata per nascita a un futuro più glorioso.

Il Castello che le sorge accanto, ridotto ormai a un rudere e la cui origine è dubbia, conobbe di certo il suo splendore sotto il regno aragonese, divenendo - proprio in quel periodo - sede dei tre parlamenti siciliani.

Oltremodo degna di nota è la presenza, nel territorio nisseno, di uno dei più importanti siti archeologici siciliani. Tale insediamento è ubicato ai piedi della montagna di Sabucina, da cui lo stesso sito prende il nome. Proprio in questa zona, recenti scavi hanno portato alla luce un villaggio risalente all’età del bronzo, l’unico del genere ritrovato in Sicilia.

Se invece rivolgiamo lo sguardo a un passato non proprio lontanissimo, non possiamo fare a meno di citare l’attività che, più di ogni altra, ha contraddistinto l’economia e lo sviluppo del capoluogo nisseno per tanto tempo, vale a dire l’estrazione dello zolfo. Lo sfruttamento delle miniere nel nisseno fu talmente preponderante dall’Ottocento fino agli anni cinquanta del secolo scorso, da farle guadagnare l’appellativo di “capitale mondiale dello zolfo”! Sono ancora visitabili la miniera di Gessolungo, teatro di un’immane tragedia in cui persero la vita moltissimi operai, e quella di Trabonella, una delle più importanti della Sicilia, per grandezza e innovazione tecnica.

Più andiamo avanti nel nostro viaggio “virtuale”, più ci rendiamo conto che Caltanissetta è una specie di fortino pressoché “inespugnato”. Se c’è una cosa per la quale è invece nota, è una manifestazione che attira gente da ogni dove, in un particolare periodo dell’anno: la tradizionale celebrazione dei riti della settimana santa, la cui menzione in questo articolo era – a mio avviso – doverosa, ma sulla quale non intendo indugiare oltre per sottolineare che Caltanissetta non è solo quello, ma (vedi sopra) molto di più.

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