In un punto strategico della pianura più vasta della Sardegna, il Campidano, c’è l’unico castello ben conservato del periodo medievale dell’isola. Da quasi un secolo è diventato la sede del Museo Risorgimentale. Si trova a Sanluri: uno dei capoluoghi, insieme a Villacidro, della recente provincia del Medio Campidano.
Il castello-museo è in pieno centro storico, ha una struttura quadrangolare e delle semi torrette merlate agli angoli. È stato protagonista di una delle vicende storiche centrali nella storia della Sardegna giudicale. Qui, infatti, nel 1409 è stata combattuta la battaglia che sancì la fine dell’autonomia del giudicato di Arborea e l’inizio della dominazione degli Aragonesi.
Solo dopo il 1900 il nuovo proprietario, il generale Nino Villa Santa, lo ristrutturò e destinò il castello a museo del Risorgimento.
Uno degli eredi del castello e del suo patrimonio è Alberto Villa Santa, intervistato per il Blog di Comuni-Italiani.it.
Nel museo di Sanluri si sovrappongono più periodi storici, partiamo dall’inizio: a che epoca risale il castello?
La struttura è molto antica, del periodo giudicale, si presume sia databile attorno al 1200, ma non abbiamo testimonianze certe. Esiste un documento, del 1365, che parla di alcuni lavori effettuati nella struttura, la citazione dice che in tutto sarebbero durati 27 giorni. Ma gli storici sono divisi su questo punto: alcuni pensano che questa data si riferisca alla costruzione del castello, ma la struttura non è piccola, e il tempo indicato è troppo poco.
Molti esperti ipotizzano, quindi, che si tratti di alcuni lavori di ristrutturazione. Il castello in realtà dovrebbe essere stato costruito prima, gli aragonesi arrivarono successivamente. Dopo un lungo assedio, durato ottant’anni, e alterna fortuna per gli schieramenti, gli Aragonesi ebbero la meglio.
Nel 1409, con la battaglia di Sanluri, che vide il castello protagonista, iniziò il periodo feudale in mano agli aragonesi. Così, se all’inizio il castello aveva una funzione di caserma o di fortificazione, era insomma un presidio militare di frontiera, in questa seconda fase è diventato sede di potere, con un uso palazziale. Qui, nel castello si insediò il feudatario indicato dagli aragonesi, con tanto di costruzioni come magazzini e altre strutture di deposito.
Lei ora è uno degli eredi del castello. Qual è la storia recente del castello e com’è nata l’idea di creare un museo?
Il castello apparteneva alla famiglia feudataria discendente dagli aragonesi, gli ultimi occupanti appartengono alla famiglia Aymerich che hanno esercitato il potere feudale a Sanluri. Basti pensare che fino a tardi, qui in Sardegna, sono state riconosciute le cosiddette patenti feudali, e il controllo sul territorio avveniva in questo modo fino al 1840 circa.
Dopo questa data c’è stato l’abbandono del castello e la famiglia è andata via, anche perché non vista bene dalla popolazione. Circa settanta anni dopo, nel 1920, mio nonno, il generale Nino Villa Santa. lo comprò. Era un rudere crollante, lo restaurò e lo rese abitabile. Da allora sono passate due generazioni, tutte impegnate nel recupero del castello.
Mia madre, per puro caso, è una discendente dell’ultima famiglia di feudatari, gli Aymerich, anche se non direttamente imparentata… Al momento dell’affare non c’erano legami di sangue ovviamente, né discendenti. Ma a me piace pensare che il castello sia nelle mie vene, per parte paterna da cento anni e da parte materna da 250. In tutto oltre 300 anni di appartenenza…
Quando è nata l’idea di creare un museo?
L’idea è nata fin da subito, ossia quando mio nonno ha acquistato il castello, o quel che restava, aveva proprio l’idea di farci un museo. Lui, il generale Nino Vilasanta, ha combattuto la Prima guerra mondiale insieme al Duca d’Aosta che era comandante della Terza Armata, in cui avevano combattuto, ed erano morti, numerosi sardi.
Durante il conflitto, ha raccolto oggetti e cimeli, le lettere dei soldati sardi al fronte, insomma, qualsiasi oggetto che potesse raccontare il sacrificio e i numerosi caduti. Quindi, nel museo sono esposte bandiere, corrispondenze, oggetti comuni della guerra: armi, mappe militari, divise, elmetti, fino alle stoviglie…
La collezione è stata impreziosita dal duca d’Aosta Emanuele Filiberto che ha trasferito qui alcuni suoi oggetti, anche delle precedenti guerre d’Indipendenza. Tra questi, il Tricolore che nel 1918 sventolò nella Trieste liberata.
Com’è organizzato il museo?
In sostanza ci sono tre sale, quasi tre musei in uno… Una sezione, come detto, riguarda la Grande Guerra con particolare attenzione ai sardi che vi hanno combattuto e sono morti nel conflitto.
La seconda sezione riguarda le Guerre coloniali e il periodo fascista: una raccolta di cimeli recuperati in Africa, mio nonno infatti comandò la divisione “Gaviniana” che riconquistò la città di Adua. Durante la spedizione africana, recuperò equipaggiamenti, giornali del tempo, documenti e qualsiasi oggetto militare e non.
La terza è una collezione di ceroplastiche artistiche che vanno dal Rinascimento fiorentino fino al 1800: una collezione di circa 400 pezzi di valore con alcune opere rare di artisti italiani e stranieri come Susini, Du Quesnoy, Zumbo. Il castello, inoltre, è stato completamente arredato dai conti Villa Santa con arredi antichi, quadri e sculture.
Infine, il percorso si conclude con una visita alla terrazza dal castello, da cui si gode una vista che spazia fino al castello san Michele di Cagliari.
Avete dei percorsi speciali, ad esempio per le scolaresche?
Sì. A me, personalmente, molto spesso piace fare da guida al castello e raccontare aneddoti e dettagli. Le visite e i percorsi sono poi organizzate spesso in base all’età del gruppo di visitatori.
Riferimenti:
Museo del Risorgimento
Via gen. Nino Villa Santa, 1 - 09025 Sanluri (VS)
Telefono: 070-9307105 (segreteria prenotazioni)
(Foto di Magiauno in Pubblico Dominio)
Scrivi un commento
Per inviare un commento devi fare il login.