Inoltrarci nel Molise più nascosto e poco battuto dai principali flussi turistici nella zona, alla ricerca di un contatto autentico con i luoghi da visitare. Con questo proposito imboccammo l’uscita di San Vittore sull’autostrada Roma-Napoli, seguendo le indicazioni per Venafro. Destinazione finale: Filignano!
Una scelta in parte ispirata da recenti letture sul fenomeno del brigantaggio nel meridione d’Italia, in parte motivata dal desiderio di fare trekking nei sentieri più impervi dell’Alto Volturno, teatro di drammatici eventi di guerra.
Suddiviso in 12 borghi d’aspetto per lo più medievaleggiante, Filignano rientrava tra i possedimenti dell’Abbazia di San Vincenzo ed in seguito era passato da una famiglia feudataria all’altra fino all’Unità d’Italia.
Giunti nella piazza del Municipio, decidemmo di fare un piccolo spuntino prima di iniziare la visita. Il recente periodo pasquale ci indirizzò sui canescioni, succulenti calzoni al forno ripieni di ricotta dolce o in alternativa di formaggio e salsiccia… una prelibatezza! Dopo un breve giro a piedi tra le architetture civili del paese, tutte rigorosamente in pietra calcarea locale, ci dirigemmo alla settecentesca chiesa dell’immacolata Concezione.
Il forte sentimento religioso locale ci fu chiaro dopo esserci imbattuti in una miriade di edicole votive sparse tra le varie frazioni. Ciò che invece ci lasciò perplessi era il dato del lento spopolamento (gli abitanti si sono ridotti ad appena 650 abitanti), a fronte di un clima tra i più salubri che abbia mai incontrato. La natura qui ti avvolge con rigogliosi boschi, meta ambita dai cercatori di funghi, e trasuda storia e tradizione nei suoi molteplici sentieri.
Per uno di questi, indicatoci da persone del luogo, ci inoltrammo per quello che si sarebbe rivelato un vero e proprio “trekking della memoria”. O meglio delle memorie, a cominciare da quella dell’antica civiltà pastorale testimoniata dalle pagliare, ricoveri in pietra a secco di forma conica. Dello stesso materiale sono le macere, piccoli muriccioli in cui c’imbattemmo all’altezza dei vari terrazzamenti, retaggio delle attività agricole del Dopoguerra.
Altra memoria custodita dai rifugi (alcuni trasformati in b&b) è quella del brigantaggio, ferita ancora aperta nella storia dell’Unità d’Italia, che qui si manifestò in violenti episodi di guerriglia e repressione.
Un’ultima, ma non meno importante, memoria ci fu svelata per caso, tornando al punto di partenza. Un residente del luogo c’indicò un responsabile dell’associazione “Combat Road”, che nel 2016 aveva inaugurato un museo di reperti della Seconda guerra mondiale. La vista di elmi, divise ed armi ci raccontò delle drammatiche vicende vissute dalla comunità locale, colpevole solo di trovarsi a cavallo della famigerata linea Gustav (la linea difensiva tracciata da Hitler che divise l’Italia in due). Una fase che fece entrare nella storia Filignano, visitata da personaggi del calibro del generale americano Clark, del feldmaresciallo Albert Kesserling e del generale Charles de Gaulle.
Usciti dal museo a tramonto inoltrato e ancora carichi di emozioni, riprendemmo la via del ritorno consci di aver vissuto un’esperienza unica e con, addosso, la sensazione di aver viaggiato nella storia più autentica di quel luogo.
(Foto di Ferdinando Scrascia)
Scrivi un commento
Per inviare un commento devi fare il login.