14 Maggio 2008

Taverna de li Caldora

di Alessio Postiglione (Blog Pacentro. Interviste Ristoranti)

Parliamo con Carmine delle prelibatezze offerta dalla sua Taverna de li Caldora (a Pacentro).

Per cosa è rinomata la sua cucina e quali sono i legami col territorio?
Stiamo in un piccolo centro della val Peligna. La nostra proposta è semplice e chiara. Solo Caldoracucina abruzzese. Si parte con affettati locali, crostini, zuppa di ceci e baccalà. Fagioli di Paganica con carboncelli, insalata di porcini e la preziosa ricotta di pecora. Fra i primi proponiamo chitarrina al tartufo nero o al sugo d’agnello, ravioli con ricotta di capra, gnocchetti al sugo di castrato, carrati con sugo di pecora. Si prosegue con pecora al cotturo, coscio di agnello alle erbe marinato e al vino e poi arrostito alla brace, capretto cacio e uova, costatine di agnello, fegato di agnello arrotolato con interiora di agnello alla brace, coratella di agnello alla salsiccia di fegato e il marro, una nostra specialità a base di interiora d’agnello.

Quali vini ritiene che meglio si adattino alle vostre specialità e a quali bottiglie si sente particolarmente “affezionato”?
Le varietà coltivate in Abruzzo sono soprattutto il Montepulciano e il Trebbiano. Abbiamo il DOCG Montepulciano Colline Teramane, che è una grandissima bottiglia. Notevole è il Controguerra DOC, ottenuto miscelando Montepulciano con Merlot e Cabernet Sauvignon. Ci sono tante cantine eccellenti: non ha senso citarne una. Ogni anno scegliamo a prescindere dal nome ma vedendo realmente la bottiglia, l’annata…

Le dolci “note” del suo menu…
Crema chantilly con millefoglie e scaglie di cioccolato, pizza dolce con cioccolato e imbevuta di liquori vari, sfogliatine con crema, cantuccini e tortino al cioccolato.

Quali sono gli eventi più importanti di Pacentro?
La prima Domenica di Settembre c’è la manifestazione della Corsa degli Zingari nell’ambito della festa della Madonna di Loreto.
L’aspetto religioso è legato essenzialmente alla devozione per la Santa Casa di Loreto.
Si narra che circa sette secoli fa, durante la seconda traslazione della Santa Casa a Loreto nelle Marche da parte degli angeli, la Santa Casa abbia fatto tappa a Pacentro, sul colle Ardingo. Ecco perché il culto mariano del Loreto è così sentito. Anche se solo nel 1726 il Vescovo di Sulmona approvava la costituzione della Confraternita della Madonna di Loreto di Pacentro.

Cosa c’entrano gli “zingari”?
Il termine zingaro non va inteso secondo nomade. Nel dialetto pacentrano il termine zínghere indicava propriamente chi camminava a piedi nudi anche per simboleggiare la povertà dei fedeli che dedicavano la propria vita solo alla Madonna e diventavano, per così dire, poveri di beni materiali… ma ricchi di spiritualità. In seguito c’è stata una trasformazione del termine che poneva l’accento, per così dire, sulla condizione di indigenza socioeconomica, legandola alla figura degli insolventi. In epoca medioevale i debitori insolventi erano costretti, dai creditori, a rimanere completamente nudi, o in mutande in luoghi di pubblico ludibrio, sedie, pietre, colonne. In Abruzzo l’esposizione avveniva sulle tummarole, delle pietre.
La festa era diventata una sorta di rito per ristabilire la giustizia e, volendo, ridistribuire le risorse: i debitori partecipavano alla corsa per vincere qualche cosa con cui saldare il debito. L’antica manifestazione era anche un po’ cruenta, in vero. I penitenti a piedi nudi si precipitano di corsa nella discesa, passando il torrente Vella e correndo in direzione del piccolo santuario della Madonna di Loreto; al traguardo gli zingari giungevano sofferenti per le dolorose ferite ai piedi riportate lungo il cammino a causa delle pietre disseminate per il percorso. I penitenti, alla fine, venivano curati e il vincitore riceveva il premio oltre al famoso lu ‘bbalie.
Anche oggi la corsa è parecchio dolorosa, anche se ci sono dei presìdi sanitari lungo le tappe per evitare grossi traumi ai partecipanti.

I significati della festa, infatti, sono ancora molto dibattuti. C’è chi pone in risalto l’elemento quasi da cilicio medievale della festa, secondo l’usanza di infliggersi penitenze e dolori simili a quelle di Cristo per simboleggiare il dolore cristiano, chi parla di un antico rito militare preromano per selezionare i più forti.
Certo è che, nei secoli, chi non aveva bisogno dei soldi, non correva al palio!

Riferimenti:
Taverna de li Caldora
Piazza Umberto I, 13 - Pacentro (AQ)
Telefono: 0864.41139

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