15 Ottobre 2014

Bossolasco, nel ricordo

di Lorenzo Rulfo (Blog Bossolasco. Alla Scoperta della nostra Italia)

Bossolasco 1972E’ la storia che ci insegna a vivere. Perché non esiste posto senza una storia, o forse è più giusto e più bello dire che un grande  posto è l’essenza della sua storia. Si parla di Bossolasco, piccolo comune in provincia di Cuneo, a pochi chilometri da Alba. Già il nome è rivelatore, dal latino “Buxolascum” ossia luogo coperto di foreste e boschi. Ma la storia recente è più interessante di quella antica, qui, oggi,  nella terra chiamata da tutti “la perla della langa”.

C’era un gruppo di pittori, poi divenuti noti con il nome di Gruppo dei sei. C’era un ristoratore, istrione e amante dell’arte, tale Demetrio. C’era l’incontro di queste due storie, l’offerta di pasti in cambio di tele, di vino in cambio di arte. E c’era spesso una fila di macchine che superava la curva, si stagliava per centinaia di metri a segnalare il suo ristorante: “Il Bellavista”.

C’era un macellaio famoso in tutta la langa. Si partiva da lontano per raggiungere Bertola, per aspettare ore, perdere le mattinate ad ascoltare le sue chiacchiere, perché tagliava e parlava. E tagliava una delle carni più buone del Piemonte, scelta, come vuole la storia, la mattina all’alba. Ogni mattina, ogni alba.

Poi c’erano le rose, più di diecimila piante a marcare la strada verso la piazza, a conferire un aspetto incantato, a regalare ad ogni sguardo, un pensiero d’amore. Pareva, alle genti capitate lì da ogni dove, di camminare in un sogno, di raggiungere i colori, di calpestare la vita.

C’era Fenoglio, o perlomeno c’è stato, un po’. Prima come messo, nelle parole da lui scritte, poi in convalescenza in un paese “troppo mondano e troppo poco contadino”. C’erano i suoi personaggi, sicuramente ci sono ancora. (Tutto si era arreso alla tenebra, salvo la cresta della collina dirimpetto, ancora soffusa di una luce comatosa, come il riverbero di un grandissimo incendio nell’altra valle. E parve a Johnny di potere cogliere vibrazione, sotto il vento nascente, delle campanelle dei villaggi nelle loro aperte cellette. – da La paga del sabato).

E c’era una pista sciistica, per sottolineare il confine tra antico e moderno, l’unica, per la precisione, illuminata anche di notte. Era più un simbolo, il simbolo di chi poteva permetterselo, perché la pista in sé non era da amanti della neve. Partivi ed eri già arrivato, già percorsi i trecento miseri, poveri, metri di lunghezza.

Ma poi la pasticceria Truffa Giachet, rinomata in tutto il Piemonte, con la sua torta di nocciola, quella tonda gentile della Langa, e le specialità prelibate, l’eccellenza sulla tavola, io ricordo, io ricordo!

Perché ero un bambino, dieci anni di vita, e ricordo Bossolasco, la casa, la fontana del cortile dove il medico del paese consigliava di attingere acqua perché curativa, perché “la più buona del mondo”. Ricordo solo che io ci stavo affogando dentro.

Ricordo i cani dell’infanzia, i sorrisi dei paesani, ricordo qualche stretta a noi bambini.

Ricordo Bossolasco, le sue curve, le strade, le vie, la chiesa. Ricordo quella terra.

(Foto da Salvatore Scarpitta, 1972)

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