18 Ottobre 2008

Monteleone d’Orvieto: un paese che si conserva nei secoli

di Leonardo Guerrini (Blog Monteleone d'Orvieto. Alla Scoperta della nostra Italia)

Metti che ti trovi in un paese in cui i nomi maschili si trasformano in sostantivi femminili. Dove il dialetto rasenta una vera e propria lingua a sé. O in cui parlando di una donna, la si cita anteponendo un articolo (per esempio “la Paola”). Ad un primo momento, se foste portati qui con le bende agli occhi, fareste fatica a riconoscere il luogo in base agli accenti ricorrenti.

La particolarità di Monteleone d’Orvieto è proprio questa: conservare la propria specificità, pur occupando un punto al centro dell’Umbria e proprio a due passi dall’autostrada A1. Come riesce a compiere tale impresa? Proviamo a scoprirlo attraversandolo idealmente e cogliendone le sue specificità. Monteleone d’Orvieto, come detto, si trova quasi a ridosso del confine umbro-toscano, in una zona collinare dal clima mite, proprio come la sua vita. Intrisa da radicate tradizioni, cullate dalla propaggine più meridionali della Val di Chiana. Sui due fianchi, quasi a far da vedette, una serie di colline che in lontananza si adornano di castelli e costruzioni della cosiddetta età di mezzo.

Capita sempre così, ogni volta che decido di raccontare un pezzo dell’Umbria minore: mi sorprendo nel sorprendermi ogni volta che racconto un borgo, o una piccola cittadina. Mi meraviglio di quanto si può raccontare, e non si è ancora raccontato. Giungendo al paese, veniamo accolti da una robusta cinta di mura. Tempo di immaginarsi Monteleone come un luogo adatto per rappresentare dei presepi viventi, che già una locandina informa che ogni anno, proprio qui, si rievoca la nascita di Cristo. Non poteva essere altrimenti.

Il tour che si può compiere nel centro parte dalla chiesa parrocchiale di Monteleone. Dietro l’altare si nasconde un’opera cinquecentesca, dipinta niente di meno che da alcuni allievi del grande Perugino. Altro simbolo caratteristico per i monteleonesi è la Torre dell’Orologio, ossia la torre che si innalza dall’attuale palazzo comunale.

Ritornando alla peculiarità del presepe, esso coinvolge tutto la parte storica della città, attirando le genti delle zone limitrofe. Vengono dedicate diverse repliche alla manifestazione che chiude i battenti, neanche a dirlo, per l’Epifania.

Mentre sto scrivendo l’articolo, con crescente curiosità, “ficco il naso” nel sito istituzionale di Monteleone, notando una particolarità: in una apposita sezione è stato inserito un piccolo filmato, di circa 30 anni fa, in cui si vede il procedere di una processione tra le strette viuzze del paese. Tra i natii è nota come “Rimpatriata”; si nota l’immancabile banda musicale e la statua portata a spalla dai devoti.

Uscendo un poco dal nucleo storico, fuori dalla cinta muraria, si notano alcune frazioni, con differenti caratteristiche. Come Santa Maria, famosa ormai nell’intero comprensorio orvietano per la Sagra degli Gnocchi. Curiosa poi la distinzione tra due frazioni, che per ovvie ragioni morfologiche prendono il nome di Colle Basso e Colle Alto.

Considerando le dimensioni ristrette del comune di Monteleone, ci sono molte strutture recettive e ben organizzate. Come al solito si va dal semplice affittacamere, all’agriturismo di lusso. Segno evidente che, ancor prima di me, molti altri amanti dei “ridenti paesini italici” o delle “campagne amene” hanno attribuito il bollino di qualità a questo borgo.

Infine, con un briciolo d’ironia mista a tenerezza, ritorno al tema con cui ho aperto: cioè la particolarità del dialetto monteleonese. Si distinguono in esso netti richiami alla tradizione dialettale laziale, intrisi di una più gioconda “parlata” toscanaccia. Appannaggio dei primi spicca la tendenza a troncare l’ultima sillaba dei verbi all’infinito: il verbo “parlare” si trasforma in un molto più romanesco “parlà”!

(Foto di mpattuglia in Pubblico Dominio)

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