2 Novembre 2008

Quel qualcosa nella “città del pudore”

di Marcello Di Sarno (Blog Teramo. Interviste Giornalisti)

La giornalista di Teramo Veronica Marcattili* intervistata per Comuni-Italiani.it

Giornalista per caso o per scelta?
Direi l’uno e l’altro. L’idea di fare la giornalista, o meglio di potermi esprimere scrivendo, è nata da piccola, dalle scuole elementari. Poi per anni è stato un sogno, mai un obiettivo serio, fino all’incontro, decisamente casuale, con Antonio D’Amore, direttore de La Città (il quotidiano col quale collaboro da un anno e mezzo). Mi chiese di scrivere qualcosa di tanto in tanto.
Quel “qualcosa” è piaciuto al direttore, che in pochissimo tempo, dandomi un’enorme fiducia, mi ha voluto in redazione praticamente a tempo pieno. Dopo soli due mesi mi ha affidato la cronaca giudiziaria e la nera. Esperienza assolutamente formativa, una vera prova del fuoco.
Da lì ho iniziato a pensare che questo lavoro potesse davvero rendermi felice, nonostante le difficoltà e i mille errori dati dall’inesperienza. Oggi seguo la cronaca sindacale, il mondo della scuola e della sanità.
Mi piace raccontare alla gente cosa accade, di bello e di brutto, e quando scrivo sono completamente rapita, esisto solo io e il foglio bianco davanti a me. E’ una sensazione unica, che ogni giorno mi fa dire: voglio continuare a fare questo.

Veronica Marcattili

Veronica Marcattili

Teramo e il giornalismo, alla luce della tua personale esperienza.
Teramo è una piccola provincia dove tutti conoscono tutti, e questo nel contempo può rendere facile o estremamente difficile emergere o ritagliarsi uno spazio professionale proprio, soprattutto per quanto riguarda le professioni intellettuali. Per me è stata una fortuna entrare in contatto con un giornale che lavora in ambito provinciale e che punta molto sui giovani.
Questa peculiarità de “La Città” mi ha permesso di avere uno spazio mio, di vivere la redazione dal di dentro. La piccola Teramo e questo quotidiano mi hanno dato opportunità che nessun giornale credo possa o voglia dare ad un giovane che si avvicina al giornalismo.

L’opportunità più grande?
La più grande è stata conoscere Marco Travaglio venuto a Teramo per la presentazione del suo libro, andarci a cena insieme e stringere la mano ad un professionista di alto livello. Ma anche veder pubblicato un mio articolo sul blog del PD, o vederne alcuni appesi nelle bacheche di ospedali e scuole.
Se parliamo di emozioni, l’intervista a due genitori teramani che hanno perso il loro figlio 14enne in un incidente stradale. Si sono rivolti anche alla trasmissione “Chi l’Ha Visto” per avere giustizia, richiesta ancor oggi insoddisfatta. Un incontro toccante, difficile, dove ogni domanda poteva apparire stupida, banale dinanzi a una tragedia simile.
Ricordo la telefonata commossa di quella mamma che mi ringraziava per l’esattezza delle notizie riportate, per lo spazio che gli avevo dedicato e per il tatto avuto, e la sensazione provata: un misto di orgoglio e soddisfazione per aver fatto un buon lavoro e aver reso nota una vicenda passata quasi nel silenzio in città.

Premio Borsellino 2008: cos’ha significato per te e per il territorio?
Quando mi è stato chiesto di partecipare al Premio Borsellino presentando un libro su Peppino Impastato mi sono entusiasmata ma poi ho avuto paura. E’ un premio importante per la provincia di Teramo e per l’Abruzzo in generale, che richiama nomi prestigiosi del mondo del giornalismo, della letteratura, della politica e della magistratura, affrontando tematiche attuali e delicate.
Ho sempre preferito scrivere piuttosto che parlare, ma in quell’occasione ho dovuto superare la paura e la timidezza. Ho avuto la fortuna di parlare di qualcosa che sento vicino in qualche modo: il coraggio, la libertà di parola, la lotta per la giustizia sociale. Tutto questo era Peppino Impastato, che ho “conosciuto” diversi anni fa, grazie al film i Cento Passi e ad alcuni libri, e dal quale ho imparato molto.
Un eroe siciliano, un eroe italiano poco conosciuto, la cui storia però, e in questo sta il merito del premio Borsellino, dovrebbe esser portata a conoscenza soprattutto delle giovani generazioni. Credo che la forza del Premio Borsellino stia in questo: nel tentare di diffondere la cultura della legalità tramite storie di persone normali che si sono rese eccezionali, creando contestualmente momenti di dibattito, approfondimento e dialogo soprattutto con i giovani.
Creare tutto questo in provincia di Teramo significa anche “aprire” questa provincia, a volte un po’ troppo chiusa in se stessa e un po’ sorniona. L’aprirsi al mondo, per crescere, imparare ed evolversi, passa, a mio avviso, necessariamente attraverso il dialogo e il confronto

Tra boom della prostituzione e crisi occupazionale, come vive Teramo le emergenze nazionali?
Teramo è considerata una città, e una provincia, sostanzialmente tranquilla, e in parte lo è. Molte delle emergenze nazionali che attanagliano le grandi città, qui si riescono a gestire e contrastare. La piaga della prostituzione qualche sindaco della provincia la sta combattendo con multe a lucciole e clienti, ma la gran parte del fenomeno è “sotterraneo”: quella che si trova in strada è solo una piccola parte di un mercato del sesso estremamente diffuso e concentrato per lo più in appartamenti e locali notturni della costa teramana. Dunque difficile da individuare e debellare.
L’immigrazione negli ultimi anni è aumentata moltissimo soprattutto per quanto riguarda la comunità cinese, rumena e albanese, ma c’è una buona integrazione. Non si registrano casi eclatanti di razzismo o intolleranza; ciò che preoccupa è l’alta percentuale di lavoro nero e di sfruttamento della manodopera clandestina. Perlopiù praticata dagli stessi stranieri nei confronti dei propri connazionali, ma non mancano casi di teramani che approfittano del bisogno di lavorare di donne e uomini immigrati. Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza su questo fronte fanno un buon lavoro.
La vera emergenza è quella occupazionale. Molte piccole e medie imprese, che caratterizzano da sempre questo territorio, stanno chiudendo, molti i lavoratori in cassa integrazione e la precarietà dilaga. Per contrastare tutto questo si sta facendo poco, anche se qualcosa si sta muovendo.
E’ nato da poco il distretto agroalimentare, che mette in collegamento aziende del settore con istituzioni, enti e lavoratori, facilitando la comunicazione tra le parti, ma anche e soprattutto, facilitando l’accesso a fondi regionali ed europei. Un piccolo passo, fatto già anni fa da altre province italiane, al quale però imprenditori, lavoratori e sindacati auspicano che a breve ne seguano altri.

Teramo al microscopio: il suo editoriale su ciò che va e non va nella sua città.
“IL PUDORE TERAMANO”
Non va il traffico, nel vero senso della parola. Va in tilt nelle ore di punta, si paralizza quando piove. E non vanno i parcheggi, la concezione delle isole pedonali, la scarsa cultura del muoversi coi mezzi pubblici. Questi i problemi pratici che saltano subito all’occhio, e coi quali i teramani si trovano a lottare ogni mattina!
Per il resto, la città soffre, a mio avviso, di troppo pudore. Un pudore che ha due volti: quello positivo che caratterizza la comunità teramana da sempre, e che la rende unica nell’accoglienza, nella gentilezza e in un profondo rispetto per il prossimo; quello negativo che lo traduce in vergogna di chiedere aiuto, di dire “non arrivo a fine mese” o “non posso mandare i miei figli all’università”. Il pudore che ci vuole forti nell’apparire tutto sommato benestanti, ben vestiti, ben pensanti. Lo stesso, in sostanza, che non porta questa città a rischiare, ma a percorrere strade “sicure”.
Teramo investe poco sui giovani e sull’innovazione, basti pensare che tre laureati su cento restano in città, gli altri vanno fuori perché qui non c’è posto per chi ha studiato, salvo avere una buona famiglia professionalmente affermata. Il territorio ha una grande risorsa: l’università. Ma punta poco su di essa, o meglio punta e offre poco a chi qui viene da altre regioni per studiare. Qui, dove tra le altre facoltà c’è quella di scienze della comunicazione con annesso corso di giornalismo, un’importante testata giornalistica ha perso la sua sede, e un’altra sta lì lì per fare la stessa fine. E nessuno dice nulla, nessuno si arrabbia, nessuno pensa alla grossa perdita, in termini occupazionali ma soprattutto culturali e di informazione, che questo comporta.
Teramo “sforna” diplomati, laureati e dottori senza dar loro una speranza, o meglio una possibilità, occupazionale.
Per il resto si vive bene! Abbiamo paesaggi stupendi, siamo cullati dal mare e dal Gran Sasso, abbiamo una passione e una tradizione culinaria eccezionale - ottimi i vini - e la sera si può passeggiare tranquilli per la città. Le opportunità di divertimento per i giovani, soprattutto per gli adolescenti, sono pochissime, ma ci ingegniamo! Conviviamo da tempo con carenze che si sono cronicizzate: carenza di personale tra le forze di polizia e corpi fondamentali come quello dei vigili del fuoco, carenze sanitarie e carenze di spazi e di assistenza per anziani e bambini, soprattutto nelle piccole frazioni.
Tutto questo probabilmente ci ha reso quello che siamo: forti e costanti nel lavoro, gentili e cordiali col prossimo, troppo riflessivi, a volte reticenti, nello sparare a zero sulle cose che non vanno.

Per lei occuparsi di Teramo è anche una questione di “famiglia”.
Si riferisce alla mia collaborazione al progetto “De Filippis Delfico”?

Per l’appunto.
E’ un progetto che ho conosciuto per caso. Si tratta di un gruppo di appassionati e colti teramani che si dedica all’approfondimento della storia della famiglia De Filippis Delfico, dinastia legata a filo doppio con la città. Gli stessi hanno messo su un bel sito, ricco di informazioni e immagini, e lavorano quotidianamente - per puro amore della conoscenza - alla ricerca di notizie e particolari sempre nuovi.
Quando ho visitato il sito “De Filippis Delfico” ho pensato di dedicare a questo progetto, tutto teramano, un articolo e di lì è partita la collaborazione che mi ha permesso di toccare con mano una “Teramo” che lavora per “Teramo”, alla ricerca di radici e tradizioni storico-culturali, poco conosciute ma che appartengono al nostro territorio.
Le ricerche e l’esatta documentazione che questi studiosi teramani riportano sul sito credo siano un tassello importante per la cultura teramana.

Anche lei contagiata dal fenomeno “facebook”. Tra web e nuove tecnologie come vede il domani della professione giornalistica?
Di internet, dei social network - che, confesso, ho scoperto da pochi mesi - voglio vedere quanto di buono c’è. Hanno di buono la comunicazione, il rendere il mondo piccolo ed accessibile a tutti, e questa è una grande conquista e libertà. Si creano contatti, dibattiti, confronti. Certo un po’ viziati dalla virtualità, ma con un approccio intelligente possono essere utilissimi da un punto di vista personale e professionale.
Il giornalismo credo possa trarne vantaggi enormi: velocità di comunicazione e aggiornamento continuo in tempi brevissimi. Aumenterà la vicinanza, e questo mi sembra positivo, tra chi scrive e chi legge, tra chi dà le notizie e chi le recepisce.
Tutto a vantaggio del confronto, del dibattito e dell’approfondimento. Tutto a vantaggio dell’informazione che sarà sempre più critica e criticabile e sempre meno, spero, diretta e gestita “dall’alto”.

*Laureanda in Giurisprudenza, collabora dal 2007 con il quotidiano e mensile locale “La Città”, curando i settori della sanità, del sindacato e della scuola.

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