8 Febbraio 2009

Storie e vita di un quotidiano “risveglio”

di Marcello Di Sarno (Blog Ciriè. Interviste Giornalisti)

Pur non essendoci nato, Marco Bussone vive gran parte delle sue giornate a Ciriè e qui si concentra la sua attività professionale, il tempo libero e le amicizie. Aveva soltanto sedici anni quando ha pubblicato il suo primo articolo: il 3 ottobre 2002 per “Il Risveglio”, storico settimanale del Canavese e delle Valli di Lanzo. Da pochi pezzi pubblicati al mese, è passato a scrivere inchieste di cronaca bianca, servizi di cronicanera, vita amministrativa e politica, cultura… Collaborazione che continua tutt’oggi, accanto a quella con “La Voce del Popolo”, settimanale della Diocesi di Torino.
Negli ultimi anni ha lavorato per le riviste “Piemonti” ed “EuroPiemonti”, edite dall’Uncem Piemonte (Unione enti, Comuni e Comunità montane), e per“Platinum”, rivista dedicata al mondo imprenditoriale, distribuita con “Il Sole 24 ore”.
Religione e spiritualità sono tematiche a lui molto care e che avuto modo di toccare in alcuni articoli scritti per “L’Osservatore romano”, per “W la vita” e per “Città Nuova”.

Marco Bussone e il giornalismo, cronaca di un amore…
Penso sia un amore innato, che poi si è arricchito e costruito nei primi quindici anni della mia vita. Ho sulla mia scrivania una foto in cui a cinque anni ero seduto nel giardino di casa con Tutto Libri, inserto della stampa, in mano. Quando la guardo, mi chiedo se quello scatto non fosse stato di buon auspicio per il futuro.
Negli anni successivi, mio nonno mi ha trasmesso l’amore per il ciclismo. Quando Marco Pantani ha vinto Giro e Tour, nel 1998, avevo 13 anni. Leggevo con passione gli editoriali del direttore della Gazzetta dello Sport Candido Cannavò e cercavo di imitare il suo stile nei temi a scuola.
Infine, non voglio dimenticare l’importanza della famiglia.

In che modo ha influito?
Mia madre, maestra elementare, ha sempre insegnato a mettere al centro di un tema ciò che si vuole trasmettere al lettore e attorno a questo unire numerosi “dati” così da garantire uno spessore al testo. Mio padre invece, impiegato, ha sempre scritto sul giornalino della parrocchia di ValloRiscoprirsi comunità”.
Poi un giorno, un amico, caporedattore del settimanale “Il Risveglio” di Ciriè, mi ha chiesto di iniziare a scrivere qualcosa… Avevo solo 16 anni e l’idea di pubblicare su un giornale come il Risveglio che ha 85 anni di storia, mi emozionava.

Marco Bussone

Fare il giornalista a Ciriè che significa?
Per chi come me vive in un piccolo paese montano di 750 abitanti, una città come Ciriè è il punto di riferimento per tutto. Una città molto vivace, di cui Il Risveglio ha sempre raccontato la storia, i cambiamenti, i momenti positivi e negativi.
Te lo confermano gli edicolanti storici della città e i cittadini. Entri in un bar e Il Risveglio non può mancare. Molti i giovani che cercano la notizia riferita alla loro scuola o alla loro squadra di calcio.
Posso dire che mi piace, quando dalla redazione si scende al bar per un caffè o per il pranzo, incontrare persone che vogliono dirti qualcosa della città, che chiedono a te e quindi al giornale, l’aiuto per un problema. Quel rapporto di fiducia e stima reciproca che costruisci con i lettori, ti aiuta a vivere con maggiore dedizione il mestiere.
In realtà più grandi, questo rapporto spesso viene a mancare. Ecco invece la bellezza di costruire e raccontare ogni giorno le storie e la vita di una città di 19 mila abitanti della provincia torinese.

Ciriè nei suoi articoli. I suoi preferiti?
Ne cito due, uno positivo e uno negativo. Quello negativo è riferito al dramma vissuto dalla città nel dicembre 2006, quando un piromane ha dato fuoco a una ventina di auto nel centro storico. Per un mese, la città ha vissuto nell’incubo.
Ricordo bene la mattina successiva al rogo di sette auto in tre cortili. Non si parlava d’altro e oltre a raccontare il grave fatto di cronaca in sé, abbiamo sempre posto l’accento sulla paura e sulle reazioni dei ciriacesi.
Sul fronte delle “buone notizie”, che sul mio giornale non sono mai mancate, penso alle interviste ad Alfredo Russo, chef pluripremiato e stellato dalla Guida Michelin, che ha avuto sino a un anno fa la “base” in frazione Devesi di Ciriè. Un punto di riferimento per i gourmet di tutt’Italia, oggi trasferito alla Reggia di Venaria.

Cronache del recente passato. Il suo ricordo dell’affaire IPCA.
Ho conosciuto la storia dell’Ipca quando ero studente, alla scuola media inferiore. Ricordo che a Ciriè con la classe avevamo assistito a uno spettacolo teatrale al Cinema Nuovo. A promuoverlo era Cinzia Franza, figlia di una vittima dell’Ipca, tra le prime a denunciare l’emergenza della fabbrica di colori, e oggi assessore all’Ambiente della Città.
Ero un ragazzo ma quella storia ci aveva sconvolto non poco. Iniziata l’avventura con Il Risveglio, mi sono occupato spesso di vicende legate all’Ipca come la bonifica di alcune aree della città in cui erano stati ritrovati rifiuti pericolosi, probabilmente collegati al colorificio.
Storie che mi hanno sempre spinto ad affrontare sulle colonne del settimanale il tema del rispetto dell’ambiente, che parte dal rispetto tra gli uomini che ci vivono. Me lo confermava anche un amico, laureando in architettura, che per la tesi ha scelto proprio l’Ipca e la sua storia. Non solo il dramma, ma anche il possibile utilizzo futuro di quell’azienda alle porte della città.

E che futuro prevede per quell’area?
La sua è un’ipotesi di rivalutazione che affascina, perché vede la fabbrica al centro delle Valli, non più solo da un punto di vista economico, ma anche sociale e culturale. Per ribadire che certe tragedie - su cui oggi sarebbe possibile riflettere unendo tutto il filone delle “morti bianche”, partendo dal tragico esempio della Thyssen di Torino - non possono rimanere isolate, ma vanno raccontate ai giovani, perché la memoria aiuti a creare una nuova sensibilità.

Scene di vita quotidiana tra le strade di Ciriè. I luoghi cui è più legato.
Via Vittorio Emanuele è il cuore della città. Una via di portici piena di negozi di ogni tipo. Alcuni hanno il sapore delle botteghe “di una volta”. Altri sono moderni, pieni di luce. Un cuore pulsante a ogni ora del giorno.
Il Duomo in piazza San Giovanni è un edificio che mi è molto caro, non solo dal punto di vista artistico, architettonico e culturale. Dei giardini di Palazzo D’Oria e del viale Martiri della Libertà, nella zona definita “Parco”, ho bellissimi ricordi di momenti di svago passati con gli amici e i compagni del liceo. Ma in questo viaggio nella città non posso dimenticare il rapporto con i quartieri più recenti.
Come quelli del “Villaggio Sant’Agostino” - dove vivono moltissimi napoletani emigrati tra gli Anni Cinquanta e Ottanta - e di “Ciriè 2000″, polo di servizi dove ha sede anche la redazione de Il Risveglio. Il primo è forse il più vivace di Ciriè, dove si vive quasi in una dimensione di paese, di comunità con intensi rapporti umani. Il secondo, è quartiere degli uffici, delle banche e delle imprese del terziario. Anche qui, ci si conosce tutti, tra dipendenti di banche, assicurazioni, poste, tribunale, ambulatori medici.
Ci si vede tutti i giorni, colazione, pranzo, aperitivo, nei bar e nei ristorantini, ma i rapporti rimangono piuttosto formali, come vuole l’etichetta tra persone che lavorano nella stessa città, a volte in imprese concorrenti.

In quali aspetti si manifesta come città d’arte?
Lo dimostrano i suoi palazzi e le sue chiese, scrigni d’arte molto affascinanti; la presenza di grandissime mostre a Villa Remmert (come quella di Picasso), grazie alla gestione della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Mi piace guardare anche alla grande trasformazione urbanistica dell’opificio Remmert, diventato Ciriè 2000. Anche questa capacità di trasformarsi, per Ciriè è arte.
Naturalmente non si possono non ricordare i grandi personaggi ciriacesi, diventati celebri in tutto il mondo: dallo scrittore Premio Strega 2004 Ugo Riccarelli, al pittore dei fiori giganti Romano Gazzera; da un altro pittore, ultimo dei futuristi italiani, Alvaro Corghi a Giovanni Carlo Rocca. Colpisce anche la carica musicale che sgorga dalla città. All’istituto Cuneo, hanno studiato generazioni di musicisti; l’orchestra giovanile Music Piemonteis, ha attraversato con la sua musica il mondo intero.
Senza dimenticare l’esperienza in fieri del Taurus, locale a Ciriè 2000 messo a disposizione dall’Amministrazione comunale, tutto dedicato ai giovani, che possono organizzare concerti, mostre, rassegne cinematografiche, incontri. Un’arte diversa dalla tradizionale, ma non meno necessaria.

Il palio dei Borghi per i ciriacesi e per lei?
Ho seguito per il Risveglio le ultime tre edizioni del Palio. Un evento che ogni due anni coinvolge tutti i cittadini e li porta in piazza per tre sere, a sfidarsi tra giochi e corse con i cavalli. Grande l’emozione di stare sugli spalti.
Ciò che mi ha sempre colpito è la lunga sfilata di personaggi storici, realmente esistiti, con i costumi creati con eccezionale dovizia e accuratezza. Da Palazzo D’Oria, dove ha sede il Municipio, a piazza Castello. Un percorso tra le luci e la penombra di una serata nel mese di giugno. Una tradizione che rappresenta per la città la naturale apertura dell’estate.
Ricordo il giallo di alcuni anni fa quando venne addirittura rubato un cavallo nei box prima della gara. Venne ritrovato poche ore dopo nei boschi di un paese vicino. Grande spavento tra tutti gli spettatori del Palio, all’annuncio della notizia dall’organizzatrice dell’evento Loredana Devietti. Poi la tensione si sciolse alla conferma del ritrovamento. Sulla vicenda – come usano scrivere i giornalisti – stanno facendo luce le forze dell’ordine…

Un titolo e un breve articolo di denuncia sui punti di forza e sulle storture di Ciriè.
Una linea ferroviaria che unisce
La ferrovia unisce luoghi, persone. A Ciriè sarebbe impensabile, per studenti e lavoratori, non avere il treno che ti collega in mezz’ora a Torino e in venti minuti a Lanzo. Ma una linea ferroviaria è anche capace di dividere. A Ciriè taglia la città a metà, con gravi disagi al traffico veicolare causati dalla chiusura dei passaggi a livello.
Ci aveva provato Chiappero (Luigi ex sindaco di Ciriè N.d.R.) a trovare i fondi per l’interramento della linea. Un progetto sulla carta da vent’anni. Nulla da fare. Ogni Amministrazione ci mette mano e poi viene inesorabilmente archiviato. Così continuano gli ingorghi, le code, le difficoltà dei mezzi di soccorso a raggiungere l’ospedale cittadino per i limiti creati dai passaggi a livello.
Ecco un problema che dovrebbe vedere d’accordo maggioranza e opposizione in Consiglio comunale. Perché si tratta innanzitutto di un problema dei cittadini; in secondo luogo la radicalità dell’intervento trasformerebbe Ciriè, città in il cui numero di abitanti continua a crescere.
L’ipotesi di trasferire l‘ospedale nella periferia nord della città ne avrebbe favorito la fruizione. Scelte non fatte vent’anni fa, difficilmente attuabili nei prossimi due decenni.
Riflettori puntati sul commercio, nell’isola di negozi, bar e servizi garantiti nel chilometro di lunghezza di via Vittorio Emanuele. Un biglietto da visita in tutta la Provincia. Ciriè può ancora “sfruttare” questa tradizione e vocazione.

Ciriè e la valle di Lanzo. Quali pericoli corrono?
Un rischio che mi pare molto pericoloso è quello di dimenticare le proprie potenzialità e non usarle per creare sviluppo economico e sociale. Penso ad esempio alle Valli di Lanzo, le più vicine della Provincia a Torino, raggiungibili in un’ora di auto. Qui è nato lo sci moderno, nei primi decenni del Novecento arrivavano grandi personaggi come D’Annunzio ed Eleonora Duse.
Oggi le Valli sono cambiate e con esse il turismo. Molti giovani le hanno abbandonate, scegliendo la cintura torinese. Le Valli cercano di rinascere con nuove opportunità, con nuovi servizi. Come quello del treno, ripristinato da due mesi, che da Ceres scende a Torino passando per Ciriè e per l’aeroporto di Caselle.
ll rischio di Ciriè, o meglio, dei suoi cittadini è di non vivere la città fino in fondo. Ci sono moltissime opportunità culturali, formative, educative, di svago, rivolte a giovani e adulti. Moltissime sono di alto livello, da non perdere. Non è sempre vero che a Torino ci sono opportunità maggiori rispetto alle città della Provincia, come Ciriè, Rivarolo, Ivrea, Pinerolo.

Da esperto delle infinite possibilità della Rete, come vede il futuro della professione giornalistica guardando in particolare al rapporto con internet e alle nuove forme di giornalismo partecipativo (blog, social network, etc.)?
La potenza della rete, secondo me, è ancora al 90% da esplorare da parte dei giornalisti. Sono in molti ancora a ritenere che la rete abbia solo complicato le cose e fatto diminuire la vendita di giornali e riviste. Credo invece che abbia potenzialità grandissime, anche per giornali locali dalla fortissima tradizione come Il Risveglio.
E’ sulla rete, in primis sul sito internet della testata, poi su blog e naturalmente su Facebook, che si possono avvicinare nuovi lettori, senza perdere chi è (ben) abituato a leggere le notizie sulla carta, appena uscita dalla tipografia. Sulle colonne del settimanale ho spesso ribaltato lo sguardo, ponendo l’accento sulla rivoluzione della rete e dei social network in particolare, anche in una piccola vallata alpina come le Valli di Lanzo. I lettori hanno a loro volta commentato quell’inchiesta sulla rete e io ho risposto.
Nascono dunque possibilità nuove di dialogo, inattese e non più accantonabili.

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