27 Giugno 2008

Una terra che inneggia alla vita

di Marcello Di Sarno (Blog Buccino. Racconti di Viaggio)

“Si potrebbe iniziare dal castello…”. “No, meglio dall’oasi del Sele!”. Non c’è che dire, dopo un’ora di macchina sulla A3, io e la mia combriccola di amici eravamo giunti a Buccino con i migliori propositi, di visitarla cioè in lungo e in largo, setacciandola vicolo per vicolo, mattone per mattone.
Un fervore più che giustificato nel nostro caso. A Buccino, comune di 5000 e passa abitanti, storia e presente sono lì, uno nell’altro, straordinariamente giustapposte, in Buccino-centro storicoalcuni casi finanche coincidenti. Un centro storico i cui confini delimitano, caso raro se non unico del panorama nazionale, quelli del “parco archeologico urbano” con le tracce dell’antica Volcei. Una sorta di città nella città. Questo e molto altro ancora avevo raccolto dopo aver consultato meticolosamente, la notte avanti, enciclopedie e siti web.

Guadagniamo a piedi il centro storico, con un simpatico cane nero che ci fa da Cicerone. Una fortuna averlo trovato, visto che, come ogni domenica, il paese si spopola. Tutto intorno un silenzio suggestivo che diventa complice del nostro piccolo viaggio nel passato. Il fatto di non vedere volti e forme del tempo presente accentua la dimensione storica di ciò che vediamo, tocchiamo, respiriamo.
In piazza Amendola, agorà dell’intreccio urbano di ieri e di oggi, c’è la prima importante tappa. Lo scavo è ancora in corso ma sono facilmente distinguibili le tracce del municipium romano.

Una tabaccheria aperta, eureka! Il titolare ci consiglia di prendere la strada sulla sinistra per andare a visitare il Buccino-Castello Normannocastello avvertendoci che per lavori di restauro non è visitabile. Peccato, ma anche dal di fuori lo spettacolo merita di essere vissuto! Un maniero normanno, retaggio monumentale di più epoche, che afferra il mio sguardo e lo proietta lontano, dietro di sé, nella spianata del Tanagro.
Nella torre inizio a vedere un arciere, più in basso due soldati posti a guardia del ponte levatoio con un sottofondo di clangore di spade e di scalpiccio di zoccoli.

Una goccia, due, tre, la pioggia lava via le mie fantasie. Tutti alle macchine!
“Da quella parte!” “No, da quest’altra!” Girovaghiamo per il centro storico districandoci per le anguste strade dove un po’ di tempo fa si procedeva in groppa ai poveri muli.

Giro finito ancor prima di ammirare il tempio di via Santo Spirito e lo scenografico complesso rupestre di via Egito, che fa il verso alla “petrosa” Matera. Il tempo è inclemente e a parte mangiare non possiamo fare altro. L’Agriturismo La Giarla è il luogo ideale dove dar sfogo al nostro desiderio di sapori montani.

Un break della pioggia ci concede un passeggiata nei dintorni. Imbocchiamo un sentiero, appena dietro una curva Buccino-sentierodue cavalli intenti a consumare fieno ed erba. Il bucolico quadro si completa con l’entrata in scena di un pastore di ritorno con il suo gregge di capre.
La genuinità del suo sorriso e il suono cristallino della sua voce ci conquistano e subito lo tempestiamo di domande sul paese e sulle sue attività quotidiane. Dieci minuti dopo eravamo già seduti a casa sua a sorseggiare grappa e vino distillati da lui e da sua moglie.

“E’ una fortuna vivere qui!”
Un velo di malinconia cala sul suo sguardo. Un male oscuro dentro di lui lo sta consumando e per combatterlo forse sarà costretto a vendere tutto, a rinunciare a quella intraducibile emozione di cavalcare a pelo il suo purosangue, ad abbandonare la sua cara terra.
Quella terra che gli assomiglia così tanto e che inneggia alla vita in ogni sua parte.

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