Qualche giorno fa, con l’inizio dei grandi temporali, un po’ presa dalla malinconia ho cominciato a ripercorrere tutti i bei momenti trascorsi insieme a Susanna nella città di Tramonti.
Ecco lì, proiettati sui vetri come un montaggio cinematografico, c’erano i Monti Lattari, le belle montagne ispiratrici di un nome tanto evocativo: “Intra Montes” (tra i monti) era, infatti, la definizione che gli antichi utilizzavo per indicare la valle che si interpone fra le catene montuose dell’Appennino campano nell’agro nocerino sarnese.
Proprio in questa valle fui ospitata dalla mia amica Susanna per trascorrervi gli ultimi giorni di giugno. Ciò che vidi in quella terra si impresse a fuoco nella mia memoria, tanto che ancora adesso posso descrivere esattamente tutte le fasi di quel bellissimo viaggio.
La città si presentò ai miei occhi come un bucolico mosaico. Un puzzle dai colori vivi, con contorni sinuosi ed eleganti. Tramonti, in effetti, è un insieme di tanti piccoli paesini. Abbraccia ben 13 borghi, ognuno dei quali caratterizzato da piccoli gioielli d’arte e di natura. Ma tutti sono accomunati da una gloriosa storia, quella della Repubblica di Amalfi, l’antica e oggi prestigiosa città marittima, da cui il nostro comune dista solo pochi chilometri.
Passeggiando passeggiando, io e Sù, arrivammo fino al Castello di Mont’Alto, una fortezza costruita nel medioevo nei pressi dei Monti Picentini a salvaguardia di quella piccola porzione di repubblica costantemente minacciata dagli attacchi di invasori e pirati provenienti dal mare. Per arrivarci percorremmo uno stretto sentiero, alquanto impervio. Uno volta salite in cima, visitammo ben poco. Oggi, infatti, di quel edificio, dove nel 1127 il popolo amalfitano affrontò coraggiosamente i Normanni per poi soccombere ingiustamente, ne resta poco. Vi è solo la Cappella di Santa Caterina; una piccola stanza di preghiera, per me molto bella e suggestiva, che può ancora testimoniare il valore della gente di allora.
Girammo in lungo e in largo alla ricerca di una panchina. Ma, non era il riposo che volevamo, bensì godere della natura circostante, dei suoi alberi e delle tante piante.
Dopo una mezz’ora abbondante ci dirigemmo verso la tappa successiva che da programma era l’antico Conservatorio di San Giuseppe e Teresa. Il vecchio edificio non era esattamente a portata di mano. Esso fa parte, infatti, del borgo Purcara; bello ma ahi noi distante! Ad ogni modo, temerarie, affrontammo questa ulteriore “sfida”. Leggendo le insegne informative poste all’ingresso del palazzo, scoprimmo anche che l’edificio non è poi così antico; fu costruito nel 1662 per volere di un illustre signore locale per ospitarvi giovani donne del paese. Successivamente venne benedetto, diventando luogo di culto, per poi trasformarsi nuovamente in una struttura educativa.
Dopo l’ennesima visita culturale ci premiammo con un bel pranzetto. In una trattoria a pochi passi ordinammo uno dei piatti forti di Tramonti che è la pizza con i pomodorini d’orto. Simile alla napoletana, anche questa è cotta a legna e ha una sfoglia molto soffice. Confesso che, al momento dell’ordinazione, non mi soffermai poi così tanto sull’artigianato culinario. Fu Susanna a scegliere per me; il bisogno di soddisfare i bassi istinti della fame era troppo forte e mi distolse da qualsiasi curiosità potessi avere circa le tradizioni enogastronimiche locali. Al primo boccone di pizza riuscì finalmente a tornare lucida, ascoltavo addirittura i lunghissimi discorsi di Susanna. Poverina, a stomaco vuoto non le do mai soddisfazione.
Mi raccontò che Tramonti, in realtà, era nota soprattutto per un liquore locale: Concerto. Si chiama così per la particolarissima miscela di ingredienti di cui è composto, sapientemente dosati dalle religiose che anni fa lo idearono con diverse erbe, quali la liquirizia, il finocchietto e la stella alpina. Troppo singolare per non assaggiarlo, decisi di scendere a patti con la mia notoria astemia. Al primo sorso mi si ritrasse automaticamente la lingua e i muscoli del volto si contrassero in una smorfia di disgusto involontaria ma appena un secondo dopo le papille gustative cominciarono a godere del retrogusto lasciato nel palato; ciò che percepii fu una piacevole sensazione di dolce freschezza. Verdetto? il liquore è ottimo! Non essendo, però, abituata all’alcol non mi permisi di esagerare. Azzardai giusto altri due sorsi ma nulla più, erano pur sempre le tre del pomeriggio.
La stanchezza, quella vera, cominciò a farsi sentire e la giornata era ancora lunga. Avevo vissuto la Tramonti dei castelli e della natura e, verso sera, mi attendeva quella dei locali e della movida; ma questa è tutta un’altra storia da condividere, però, con amici più intimi.
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