15 Aprile 2010

Con le mani rosse di cinabro

di Luciano Salvati (Blog Santa Fiora. Racconti di Viaggio)

Che solitudine immensa la Maremma toscana. Il ventre aspro, graffiante, solitario, rude, della provincia di Grosseto. Ormai sono sfumate alle mie spalle le atmosfere salmastre di Civitavecchia, Tarquinia ed il litorale dell’alto Lazio; scivolo sull’Aurelia come una biglia sul vetro. Il paesaggio è sonnolento, monotono, ma anche terribilmente affascinante.

La Torre dell'Orologio

La Torre dell'Orologio

Guido senza sosta lasciandomi percuotere  dall’aria afosa  convogliata nell’abitacolo dai finestrini spalancati. Una delizia polverosa. Poco prima di Grosseto viro verso l’interno ed il contesto muta. Lentamente, senza fretta. E prima ancora che possa esserne consapevole mi cambia lo scenario intorno. Degli scenografi troppo bravi e silenziosi hanno rivoltato l’asprezza della pianura con la dolcezza delle colline, paesi nascosti con miniature luminose ben visibili, l’orizzonte con il monte dell’Amiata. L’aria fresca e fragrante di bosco mi scuote dal torpore maremmano, ed è come se mi fossi svegliato in un’altra stanza completamente diversa da quella che ricordo appena prima di chiudere gli occhi. Si inizia già a sentire l’odore della Val d’Orcia, dall’altro lato del monte. Ma mi fermo giusto un momento prima. Dove? A Santa Fiora.

A Santa Fiora si tiene il festival “Santa Fiora in musica”. Una bella kermesse che di anno in anno è cresciuta in consensi di pubblico e critica, parallelamente alla qualità della sua proposta artistica. Mi fermo per la notte in un alberghetto, di cui mi sfugge il nome, immerso in un giardino di pini. Riordino i pensieri della giornata assistito dal fresco e dall’assenza di rumori molesti. Che quiete. E che stelle che si vedono quassù. Così, alla fine, questo improvviso allargamento d’animo prepara il posto anche per i pensieri passati e futuri.

Il giorno dopo la luce limpida del sole rende nitidi colori e forme. Che panorama dalla mia finestra! Che dormita! E che fame! La proprietaria della pensione mi indirizza verso un fornaio aperto anche la domenica mattina ed i pasticcini che posso mangiare là dentro mi fanno iniziare la giornata con due piedi giusti.

Il ponte del viadotto si srotola a guisa di tappeto rosso verso il centro storico; dopo tre arcate sono praticamente all’epicentro del borgo: Piazza Garibaldi è un rettangolo allungato e chiuso (tranne per qualche stradina che fila silenziosa ai lati) dove sono raccolti il Palazzo Cesarini Sforza (sede del municipio), la spigolosa chiesa di San Giuseppe e soprattutto la Torre dell’Orologio, che non sfigurerebbe dentro un’estrosa scacchiera. In fondo alla piazza è allestito il palco per la manifestazione e sui lati trovano posto una catena di bancarelle che espongono la ragion d’essere di Santa Fiora: i minerali. Il paese deve la sua nascita ed il suo sviluppo allo sfruttamento delle miniere di cinabro dell’Amiata. Il cinabro è il minerale rosso da cui si ricava il mercurio.

La Peschiera

La Peschiera

Scopro che nella piazza è allestito anche un bel museo sulla storia di queste miniere: il “Museo delle miniere di mercurio del Monte Amiata”. Storie umane soprattutto. Oltre all’esposizione di pietre, attrezzi e vestiti di minatore è stata anche ricostruita, al piano inferiore, una vera miniera con tanto di carrello. Scopro anche l’esistenza del “Coro dei Minatori di Santa Fiora”, non immaginando che da lì ad un anno quello stesso gruppo sarà presente al festival di Sanremo collaborando con un cantautore emergente.

La mia curiosità mi spinge verso la Peschiera. Che ci fa una peschiera a settecento metri sul livello del mare? E’ bellissima! Una grande vasca formata dalle sorgenti del fiume Fiora dove un tempo venivano allevate le trote. Alle sue spalle un parco. Davanti a me una lunga serata di musica e ultime stelle dell’estate.

(Foto 1 di romy popona, Foto 2 di Pizzicastelle)

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