2 Dicembre 2008

Vernio, la vetta dell’area pratese

di Andrea Bonfiglio (Blog Vernio. Racconti di Viaggio)

Si parte dal comune di Carmignano, più precisamente dalla frazione di Seano - avamposto pratese sulla via che collega Pistoia a Firenze - con il preciso obiettivo di raggiungere una meta che possa rappresentare un luogo di pace, lontano dal caos metropolitano e soprattutto dall’arsura agostana che, nella rovente conca del distretto centrale di Prato, non concede un attimo di tregua.

Senza pensarci più di tanto, dopo pochi istanti, l’auto si trova sul lungo Viale 16 Aprile, una delle principali arterie del traffico cittadino.
Dai finestrini si scorgono scorci di paesaggio prettamente “Made in Tuscany”, con le sinuose linee delle sue colline che, punteggiate di floride chiome d’ulivi e di schiere ordinate di viti, adornano l’orizzonte.

Questa lingua di nero asfalto attraversa decine di campi incolti, sottratti ai contadini da una vorace creatura chiamata progresso.

Sant'Ippolito di Vernio

Sant'Ippolito di Vernio

Delle rotatorie più o meno curate fungono da intervallo all’incedere costante dello spazioso rettilineo, creando delle sobrie porte d’accesso alle confinanti frazioni e ai quartieri industriali.
Presto compaiono i segnali che recano le indicazioni per la destinazione designata: Vernio, la vetta del territorio pratese.

La strada pian piano muta sembianza e da retta si trasforma in un percorso irregolare, per poi perdere anche la dimensione pianeggiante; una ripida salita si rivela ai viandanti e ne rallenta la marcia.

Il paesaggio ai lati della carreggiata radicalmente cambia e svela fiorenti boschi di faggi i quali, come si percepisce dalla brezza che entra dai finestrini abbassati, hanno il merito di rendere più fresca e respirabile l’aria.
La gettata di catrame, percorsa quotidianamente da centinaia di pendolari, s’affianca allo scrosciante fiume più importante dell’intera provincia, il Bisanzio.

Ci si trova così in alcune borgate che formano il limitrofo comune di Vaiano, La Briglia e La Cartaia, avendo l’opportunità di godere ulteriormente della pura bellezza della natura.

La strada insiste imperterrita nella sua bizzosa impennata e costringe il paesaggio di pianura, rimasto ormai alle spalle, a mostrarsi in una veste minuta e sfuocata, sempre più insignificante.
L’auto avanza in corsa fintanto che, raggiunto il paese di Vernio, l’occhio non viene rapito da una gradevole visione paesaggistica. Nei pressi della locale scuola elementare, infatti, si trova un’incantevole area attraversata da un ruscello, popolato da un nutrito gruppo di graziosi anatroccoli.

Parcheggiata la vecchia berlina in uno dei tanti vicoli che si snodano nei paraggi e proseguendo il cammino, ci si imbatte in un ponte che sovrasta il magico rivo, quasi volesse consapevolmente porsi come privilegiato punto d’osservazione.
L’acqua è limpida e scorre lentamente, quasi borbottando; le pietre scure che costituiscono il letto del rigagnolo sono ben visibili, nitide. Non mancano i pesci e viene proprio da pensare che le anatre non si trovino lì per caso.

Un quadro di straordinaria bellezza che dona un tocco aggiuntivo di magia ad un borgo noto anche per i prodotti agroalimentari tradizionali, come gli sfiziosi “zuccherini di Vernio” (dolcetti popolari, impreziositi dall’aroma d’anice e dalla glassa a base di zucchero), nonché per il valore storico ed architettonico degli antichi edifici religiosi, quali ad esempio la duecentesca Pieve dei Santi Ippolito e Cassiano – caratterizzata dalla particolare pietra arenaria locale di cui è composta –, la Chiesa di San Martino e la Badia di Santa Maria (risalente al 1095), ornata da pregiati affreschi trecenteschi.

L’armonia che regna in questo sperduto angolo d’Italia ha dunque il potere di ammaliare i passanti e di far dimenticare il malsano legame col tempo, fatto ormai di attimi d’afferrare correndo.

(Foto di Pizzo in licenza Creative Commons)

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