L’occasione è indubbiamente insolita. Il viaggio che porta dalla ridente Toscana alla seriosa Lombardia è infatti mosso da una motivazione culturale, la kermesse letteraria “La leonessa. Città di Brescia”.
Viene difficile, ai più, immaginarsi una spedizione in terra bresciana per ragioni che esulino dal lavoro, dal commercio e dal business. L’immagine di metropoli operosa, produttiva e quindi ricca che questo scorcio di settentrione si è ritagliato nel corso degli anni, lascia erroneamente sottintendere – quantomeno ai più distratti – che non vi sia nient’altro da scoprire.
La realtà, invece, è ben diversa, poiché le opportunità legate all’arte, al divertimento, allo sport ed allo svago non mancano affatto. Bisogna solo avere voglia di mettersi in cammino e cercare di non lasciarsele sfuggire.
Detto, fatto. Si parte dall’accogliente stazione di Prato centrale, punto nevralgico – insieme a quella di Firenze Santa Maria Novella – del traffico ferroviario interregionale, diretti verso l’elegante città di Milano. Il diario di viaggio, infatti, impone uno scalo obbligato nella “capitale economica” d’Italia.
La prima tappa, la più lunga, si conclude nel giro di qualche ora, trascorsa alternando momenti di piacevole lettura ad altri di silente contemplazione al mutevole paesaggio incorniciato nei finestrini.
La sosta nell’immensità della stazione milanese dura pochissimo, giusto il tempo di correre verso il binario dal quale è in partenza il treno per Brescia. Dopo circa un’ora di lenta e caracollante galoppata sulle rotaie, il locomotore giunge a destinazione.
Al primo impatto si è quasi storditi. Le voci che provengono chiassose dalla folla rivelano suoni e cadenze sconosciute. Basta qualche altro istante per accorgersi che molte delle persone che ci circondano sono straniere, prevalentemente di origine africana. La città multietnica raccontata dai giornali, attraverso i freddi numeri delle statistiche sull’immigrazione, è un affresco di realtà che si rivela intensamente agli occhi di viandanti stupefatti.
Dirigendosi in strada la scena non cambia. Nelle vicinanze si scorgono nugoli di extracomunitari accalcati sotto la tettoia della stazione dei bus, evidentemente in attesa di partire alla volta di qualche rumorosa fabbrica per guadagnare una manciata di euro.
Avvicinandosi al centro cittadino si iniziano a udire le parlate dialettali, spesso messe in scena da gruppi di anziani radunati nei pressi di un bar. I più giovani, invece, si affannano lungo i marciapiedi in interminabili discussioni professionali, cercando di mascherare – spesso goffamente – il loro marcato e simpatico accento.
Le auto scivolano rumorose tra immensi viali fiancheggiati da imponenti palazzi. Qua e là, per scacciare il grigiore del cemento e del catrame, spuntano le verdi chiome degli alberi e i prodigiosi zampilli di una maestosa fontana piazzata al centro di una rotatoria.
In un batter d’occhio ci si trova a camminare per il rinomato corso Magenta, principale arteria urbana. Da qui si prosegue verso la graziosa piazzetta Arturo Benedetti Michelangeli, sede del suggestivo “Auditorium San Barnaba”, luogo destinato ad ospitare l’annuale rassegna poetica cittadina. Al suo fianco si trovano il maestoso edificio del locale conservatorio ed una piccola oasi verdeggiante che pare proprio voler regalare ossigeno a quanti si trovano costretti a passare per questo scorcio di metropoli.
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