15 Aprile 2010

I vini di Villa Raiano

di Alessio Postiglione (Blog San Michele di Serino. Interviste Varie)

Incontriamo Paolo Sibillo dell’azienda vinicola Villa Raiano di San Michele di Serino.

Qual è il vostro rapporto fra enologia e territorio?
E’ un rapporto strumentale e di valorizzazione. Attraverso i nostri vini possiamo far conoscere l’Irpinia. San Michele è un comune che è rinato grazie all’enologia, dopo il grande terremoto del 1980. La storia di San Michele è tempestata di drammi: la peste del 1656, il terremoto del 1732, i bombardamenti della II Guerra mondiale ed il grande sisma dell’ottanta. Eppure la storia di questa terra è da sempre legata al vino e all’agricoltura, la principale attività economica della zona. Rinascere e proiettarsi al futuro per noi è stato essenzialmente ritornare alle radici e alle vocazioni naturali del territorio.

Qual è il valore aggiunto del vostro territorio per quanto attiene l’enologia?
Il fattore climatico è assolutamente fondamentale e ci permette di produrre bottiglie di grande personalità e unicità. Coltiviamo solo vitigni autoctoni le cui caratteristiche sono esaltate sia dal fatto che imbottigliamo in purezza sia dal microclima che concorre ad esaltare le caratteristiche dei vitigni.
L’Irpinia è un terroir particolare, morfologicamente di media e alta collina con terreni calcareo argillosi: il clima semicontinentale porta giorni caldi e notti fredde – con anche 15 gradi di meno - e ciò favorisce lo sviluppo fenolico dell’uva che porta freschezza e acidità.
E, infatti, non è un caso che le tre Docg in Irpinia si trovino in zone circostanziate, precise. Là dove il microclima porta i benefici maggiori alla produzione dei nostri vini di qualità.

I vini simbolo del vostro territorio?
Le tre Docg: Taurasi, Fiano di Avellino e Greco di Tufo.

Nel nome della Grecia! Visto che il Taurasi si fa con il vitigno Aglianico che significa “ellenico” e poi c’è pure il Greco.
Siamo in Magna Grecia.

Come descriverebbe il suo territorio?
San Michele è fra dolci colline fra i fiumi Sabato ed Aiello. Il paesaggio irpino è molto bello proprio perché è mosso. C’è un grande progetto di creare un grande parco fluviale del fiume Sabato e che dovrebbe servire da volàno per San Michele. Ci troviamo alle pendici del monte Terminio e tutta la Comunità montana Terminio-Cervialto è molto interessante dal punto di vista ambientale e non solo.
Qui, ad esempio, nonostante le distruzioni della guerra e del terremoto ci sono ancora le tracce dei primi insediamenti sanniti del V secolo a.C. e dei ruderi del castello sulla collina della Madonna delle Grazie.
San Michele vanta una storia nobile. I “carbonari” di San Michele presero parte ai moti risorgimentali del 1820 di Morelli e Silvati.

Cosa si può fare per “capire” l’essenza del territorio, dal punto di vista enologico?
Direi proprio verificare le differenze fra i nostri vini e gli altri, prodotti altrove, dai nostri medesimi uvaggi.
Pensi all’ottimo Aglianico del Vulture… ecco, per esempio in questo caso il nostro Aglianico, il Taurasi, ha proprio quella maggiore freschezza e acidità di cui vi dicevo; maggiore longevità ma è meno morbido, più tannico… un vino che mette l’accento più sulle durezze, più tosto.
Direi che questa è la caratteristica di tutti i nostri vini, autoctoni prodotti in purezza.

A volte, alcuni produttori italiani cercano, invece, di creare delle bottiglie “più morbide” per andare incontro al gusto standard internazionale costituitosi sulla scia delle grandi bottiglie francesi. Il recente problema dei Brunello era legato proprio a questa preoccupazione. Puntare, allora, sulla “particolarità” può essere, ancora, un valore aggiunto?
Io direi di si. E’ la strada che tutta l’enologia campana deve seguire. Puntare sulla tipicità.
Ci sono già altre regioni che producono ottime bottiglie con vitigni internazionali.
La “durezza” dei nostri autoctoni può spaventare il gusto straniero? Non direi. Si tratta di far conoscere bene le nostre bottiglie e di promuovere un gusto, un territorio.
Qui ci sono state coraggiose aziende che hanno puntato molto sulla tipicità e hanno fatto da battistrada, da apripista.
Oggi ci sono più di 200 aziende in un territorio veramente piccolo e la richiesta di conoscere i nostri vini è sempre in crescita: sia verso le altre regioni italiane che verso l’estero.

Quali sono i vostri mercati esteri di riferimento?
In questo momento: Brasile, Russia e Stati uniti; in quest’ultimo caso la richiesta di nostre bottiglie, lì, è costante.

Ci descriva, allora, brevemente i vitigni espressione del vostro territorio.
Parto dal rosso perché li amo di più. Il nostro Aglianico, il Taurasi: rosso rubino intenso dal bouquet fruttato su un fondo di more e lamponi, con note di spezie e vaniglia. Poi, il Greco di Tufo; viene prodotto in un territorio dove c’erano cave di zolfo e questo apporta un sapore particolare: ha un profumo intenso di albicocche secche e miele ed uno splendido colore giallo paglierino. Il Fiano di Avellino ha invece un profumo intenso di erbe di campo e frutti ricchi di zuccheri, maturrimi, direi frutti esotici.

Qual è la più grande vostra soddisfazione professionale?
Abbiamo avuto molti riscontri e riconoscimenti. Ma è stato molto bello quando hanno scritto: “Vuoi capire bene la differenza fra Fiano e Greco? Prova le bottiglie di Villa Raiano!”.

Qual è il vitigno o una vostra bottiglia sulla quale punterebbe in futuro?
Nostre bottiglie di speciali miscele non ne abbiamo. Noi puntiamo sui vitigni in purezza. Le tre Docg hanno molto da dire così come sono… e molto da farsi conoscere ancora. E’ presto per provare altre miscele.
Penso che la Campania debba puntare sull’unicità; sugli autoctoni. Pallagrello e Casavecchia, dell’Alto Casertano, sono vini ottimi, assolutamente da seguire.

Il suo rapporto con il vino: quando è scoppiata la scintilla?
Da sempre! Facevamo il vino di famiglia e mia madre è veneta; quindi il vino è tradizione. Poi dal ‘96 abbiamo iniziato noi a fare le cose in modo professionale.

Non posso esimermi, in omaggio a sua madre. Il suo vino veneto preferito, allora?
Rimango fedele alle mie radici “greche”. Il Garganega, lo stesso ceppo del Greco, che prese il nome di “garganico” in Puglia, mantenendo il nome di “Greco” in Calabria e che giunse in Veneto prendendo il toponimo garganico. E’ il vino con il quale si fa il Soave.

Riferimenti:
Villa Raiano
Via Nocelleto, 28/B - 83028 San Michele di Serino (AV)
Telefono: 0825-595663 - Fax: 0825-595361

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