6 Maggio 2008

Inciso nella pietra l’elogio di una “sana follia”

di Marcello Di Sarno (Blog Gubbio. Interviste Sindaci)

Il sindaco di Gubbio Orfeo Goracci intervistato per Comuni-Italiani.it

Come si presenta la sua città a chi oggi la vive quotidianamente?
Gubbio è una città a valenza turistica assoluta e fonda la sua particolarità e, per certi aspetti unicità, su solide radici, Orfeo Goraccipresentando un centro storico medievale tra i più belli e meglio conservati d’Italia, in un ambiente naturale ancora pressoché intatto, armonico e vivibile, direi a misura d’uomo.
Ma è anche il settimo Comune d’Italia per estensione territoriale e il primo della Regione Umbria. Questo aspetto non è secondario nella vita quotidiana di una popolazione di 33.000 abitanti distribuita su 525 kmq, soprattutto per gli spostamenti. Infatti, il centro storico, che conta circa 4.000 abitanti, dista molto dalle frazioni più lontane e questo crea qualche problema anche per il mantenimento dei circa 800 chilometri di strade comunali.

Tre validi motivi per visitarla?
Probabilmente ce ne sono più di tre. E chi segue da alcuni anni su Rai Uno la fortunata fiction “Don Matteo”, con Terence Hill impegnato nel ruolo di prete detective, si è accorto di quante bellezze e incanti è capace di suscitare la “città di pietra”… Bellezze e incanti che hanno sedotto gli scrittori del “grand tour” dell’Ottocento e tanti sono i testimoni illustri, non solo italiani ma anche inglesi, francesi, tedeschi, che hanno lasciato riflessioni e sensazioni su questa città: D’Annunzio, Goethe, Guido Piovene, Hermann Hesse, Cesare Brandi, solo per citarne alcuni. Ancora oggi protagonisti di primo piano hanno preso qui casa, come il regista Luca Ronconi, il Nobel Dario Fo insieme a Franca Rame, l’architetto Gae Aulenti, che ha firmato il progetto della nuova Piazza S. Giovanni.
Molti gli elementi che fanno di Gubbio un luogo di sicuro interesse per un target di qualità ma anche differenziato:

  • i molti tesori artistici e architettonici;
  • eventi millenari quali la “Festa dei Ceri” del 15 maggio, tra le più note al mondo e in pole position per essere riconosciuta dall’Unesco come Bene Immateriale dell’Umanità;
  • la più antica testimonianza sulla civiltà degli Umbri come le sette “Tavole Eugubine” in bronzo conservate nel Palazzo dei Consoli;
  • la Chiesa della Vittorina dove avvenne l’incontro tra San Francesco e il Lupo narrato dai Fioretti;
  • l’Albero di Natale più Grande del Mondo entrato dal ’91 nel Guinness dei primati;
  • particolarità ambientali come la Gola del Bottaccione, dove lo studioso Alvarez ha situato la sua teoria sulla sparizione dei dinosauri, sono solo alcuni esempi di una storia di prim’ordine.

E poi, una politica d’accoglienza che passa attraverso una catena di ristoranti e alberghi a secondo delle esigenze del turista, dal più raffinato al più frugale, ma comunque all’insegna della cordialità e ospitalità che contraddistinguono il carattere degli eugubini.

Chi ne ha fatto la storia?
Proprio per i motivi di tradizione millenaria che ricordavo prima, Gubbio deve molto al suo passato, a chi ha saputo conservare e tramandare lezioni di rispetto e tutela di un patrimonio comune. C’è ancora un forte senso di appartenenza che si avverte diffusamente e che si esalta ancora di più con la lontananza. A testimonianza di ciò, molti sono coloro che tornano ogni anno anche dall’estero per vivere la Festa dei Ceri, imperdibile per ogni eugubino.

Per quale aspetto della sua città va personalmente fiero?
Come primo cittadino, i motivi di orgoglio non mancano ma non sembri una ‘boutade’ se dico che una caratteristica diffusa è una certa vena di sana “follia”, che vuol dire inventiva, estro, generosità, capacità di mettersi in gioco. Gubbio è nota anche come la “Città dei Matti”… C’è un detto che dice “Non c’è dubbio, non c’è dubbio, tutti i matti son di Gubbio!”. E gli eugubini sono molto fieri di questa loro fama, che secondo alcuni ha un origine storica: nel medioevo, alcuni inviati andarono dal Papa per chiedergli fondi per aprire un casa che ospitasse i matti e pare che il Papa li liquidò velocemente dicendo loro che sarebbe stato sufficiente non aprire mai le porte delle case di Gubbio.
Oggi “la patente da matto” si acquisisce facendo tre giri di corsa intorno alla fontana del Bargello e spruzzandosi con l’acqua della fontana.

Tra progetti da portare a termine e traguardi ambiziosi da perseguire, come vede il futuro della sua città?
Mi piace pensare ad una sfida per il futuro, giocata sulla possibilità di rendere Gubbio ancora più adeguata alle moderne soluzioni tecnologiche, mantenendo intatto il suo antico cuore medievale. Abbiamo già ascensori di risalita al centro storico ma l’obiettivo è quello di facilitare ancora più la percorribilità pedonale e, nel contempo, attivare consulenze con grandi urbanisti e architetti che possano ridisegnare alcune aree da valorizzare, come piazza 40 Martiri e i giardini pubblici, dove si affacciava fino a poco fa l’Ospedale e che ora deve trovare una nuova destinazione d’uso.

Una domanda che vorrebbe sentirsi rivolgere sulla sua città e la risposta che darebbe.
Più che altro ho un sogno nel cassetto, che attinge a quella idealità di uguaglianza e giustizia che ha guidato la mia formazione e il mio impegno politico: fare di Gubbio una sorta di laboratorio aperto al contributo di culture e civiltà diverse, affinché possa essere realizzabile, anche in un microcosmo come il nostro, un nuovo modo di concepire la qualità di vita per tutti, più equo, più solidale. Soprattutto per i più deboli, i meno fortunati…

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