27 Dicembre 2008

Lì dove il mare racchiude il valore delle piccole cose

di Daria Castaldo (Blog San Giovanni a Piro. Racconti di Viaggio)

Veduta del lungomare di Scario

Veduta del lungomare di Scario

Quando la voglia d’estate chiama, il mio pensiero vola dritto alle spiagge selvagge e alle acque limpide del Cilento. In mezzo a quella vegetazione così ostinatamente rigogliosa, su quelle rocce ripide, arse dal sole caldissimo e dagli incendi di agosto, sono impressi i ricordi più teneri della mia infanzia.

Un’allegra gita familiare di domenica mattina, questa è l’idea balenata a quella folle di mia madre: in pieno agosto, incontro ad ore interminabili di traffico, partiamo da Ascea per un minitour nel Cilento più selvaggio, da Palinuro, passando per Marina di Camerota fino al Golfo di Policastro, ad un passo dal confine con la Basilicata.
Considerando l’itinerario, nessuno ha saputo dirle di no…

La strada attraversa i paesini, le case bianche e i bar si susseguono alternati da scorci mozzafiato di mare tra le montagne. Strade un po’ malmesse, senza parapetto, salgono ripidissime per poi scendere lentamente verso il mare; e poi curve, curve e ancora curve. Paola è già pallida per il mal d’auto… e dopo un po’ anche Valeria e anche io…
Blindata dietro i finestrini, chiusi per l’aria condizionata, non riuscivo a godermi la vita che scorre là fuori…quindi spengo l’aria condizionata, apro i finestrini e mi godo il vento in faccia, il profumo di mare e fiori freschi nell’aria, le cicale che cantano ad ogni curva… ed il tonfo di pace dentro… tutto questo non ha prezzo…

Dopo Palinuro, la prima vera tappa: un tuffo nelle acque blu di Camerota, i sassi bianchi di una spiaggia nascosta tra le montagne,  la brezza fresca che scompiglia i capelli bagnati, senso di libertà assoluta…

Un panino veloce e ancora un po’ di sole sulla pelle scurita dai giorni di vacanza precedenti, e poi via, alla scoperta della seconda tappa, un posto piccolo piccolo, cornice romantica dei tempi in cui i miei genitori erano fidanzatini… Il termometro dell’auto ferma nel parcheggio segna 39… 39 gradi!! L’aria sembra scintillante per il caldo torrido, l’afa avvolgente ci infiacchisce un po’, ma Scario non è lontana.
Davanti a noi solo strada, colline a tratti ruvide e sporgenti a mare, a tratti rotonde di un verde acceso, reso brillante dalla luce delle tre del pomeriggio.

In mezzo a queste colline, in lontananza, finalmente il paesaggio sembra offrire qualcosa di nuovo: spunta una barca, poi un’altra, in un porticciolo deliziosamente piccolo e raccolto, che sembra non avere spazio per altro. “Questa è Scario!”, dicono in coro i miei genitori, dopo essersi scambiati uno sguardo complice e meravigliato assieme…
Riusciamo a prendere l’ultimo preziosissimo posto auto nel minuscolo parcheggio lungo il porto. Mi guardo un po’ in giro e scopro un paesino di pescatori dall’atmosfera autentica e genuina, dove la gente non va di fretta e dove sembra che il sole non tramonti mai.
Mamme, bimbi, nonni, turisti in costume da bagno si accalcano tutti sul lungomare che dalla piazza principale, circondata da palme imponenti, si stringe in una via costeggiata di piccoli negozietti artigianali da un lato e dall’altro guarda romantico il mare. Il paese è in festa, passeggio sorpresa tra la folla, respiro un’aria frizzante mentre la banda inizia a fare, rumorosa, il suo dovere… viuzze di ciottoli grossi e lisci salgono verso l’interno del paesino, le signore si affacciano dai piccoli balconi fioriti, ai passi di ogni persona capitata lì per caso.

La strada continua e mentre la musica della banda inizia ad allontanarsi pian piano scopro discreta la voce delle onde che si infrangono leggere sugli scogli che separano la strada dal mare.
Ad angolo, tra il lungomare e la scogliera, c’è una casetta affacciata sul mare: maioliche colorate sulle porte spalancate, un profumo intenso di gelsomino, finestre a forma di oblò sulla strada, da cui si vede il mare, lo scorrere di una vita semplice, fatta di piccole cose.

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