17 Aprile 2008

La culla del barocco tra Europa e Mediterraneo

di Marcello Di Sarno (Blog Lecce. Interviste Sindaci)

Il sindaco di Lecce Paolo Perrone intervistato per Comuni-Italiani.it

Come si presenta la sua città a chi oggi la vive quotidianamente?
Certamente è una città molto migliorata rispetto a qualche anno fa, quando si presentava piuttosto degradata sia nella zona Paolo Perronecentrale che nelle periferie. Posso affermare con orgoglio che gli anni di lavoro dell’amministrazione di centrodestra, che oggi ho la responsabilità di proseguire, hanno cambiato il volto di Lecce, che è passata indubbiamente dall’essere un qualsiasi centro del Mezzogiorno d’Italia, con i problemi ed i ritardi consueti, a spazio urbano tipico di un Mediterraneo e di un Sud Europa che certamente hanno accorciato le distanze con il centro dell’Europa, avanzato e moderno. Lecce oggi ha una funzionalità in termini di mobilità o di servizi che dieci anni fa non aveva ed è migliorata anche nei suoi aspetti esteriori. Urbanisticamente, insomma, è cresciuta parecchio. Ma i progressi compiuti li abbiamo fatti senza svendere la nostra identità, anzi valorizzandola al massimo.

Tre validi motivi per visitarla?
Anche se può sembrare scontato, credo che valga la pena proprio venire a Lecce per ammirare lo splendido Barocco delle chiese, dei monumenti e dei Palazzi. Ma la vera sorpresa credo che il turista possa farla scoprendo le nostre bellezze ambientali: l’entroterra, i borghi, le marine. Intorno al nucleo urbano c’è un patrimonio naturalistico tutto da godere e sul quale credo, peraltro, che possa farsi ancora una incisiva azione di valorizzazione e di promozione. Poi, mi sia consentito, i leccesi sono gente ospitale e vale la pena conoscerli. Ma posso assicurare che ci sono più di tre motivi validi per visitare Lecce.

Chi ne ha fatto la storia?
Mi vengono in mente personaggi storici come Maria D’Enghien, politici come Libertini, giuristi come Grassi e De Pietro, matematici come De Giorgi, economisti come De Viti De Marco, artisti come Tito Schipa e poeti come Bodini. Sicuramente ho scordato qualcuno, ma questa è una città che ha tanti figli illustri.

Per quale aspetto della sua città va personalmente fiero?
Credo che l’aspetto migliore di Lecce sia la sua vivibilità. Innanzitutto dal punto di vista climatico, ma anche perché questa è una città tranquilla, direi a misura d’uomo. Non ha i problemi di una metropoli e nemmeno i limiti di un piccolo centro. Per questo forse, pur avendo studiato fuori e avendo viaggiato parecchio, alla mia Lecce non rinuncerei mai.

Tra progetti da portare a termine e traguardi ambiziosi da perseguire, come vede il futuro della sua città?
Abbiamo una serie di obiettivi da raggiungere, per alcuni dei quali stiamo a buon punto. Parlo di opere infrastrutturali, ma anche di altro, perché questa città ha un bel vestito, ma vuole anche un’anima. E’ chiaro che la congiuntura economica internazionale non incoraggia in generale a disegnare un futuro roseo, ma sono convinto che noi, con il nostro lavoro quotidiano di amministratori di periferia, possiamo comunque conseguire risultati importanti per il territorio. Inutile stilare un elenco di priorità o di obiettivi. Siamo impegnati su tutti i fronti.

Una domanda che vorrebbe sentirsi rivolgere sulla sua città e la risposta che darebbe.
Se qualcuno mi chiedesse per cosa mi piacerebbe essere ricordato alla fine del mandato amministrativo avrei una risposta ben precisa da fornire. Vorrei essere il Sindaco di una Lecce all’altezza delle nuove dinamiche internazionali dell’Europa e del Mediterraneo, una città italiana del Sud con un ruolo centrale nei processi di sviluppo, aderente alla sua centralità geografica in questo senso. Ma vorrei nello stesso tempo che questo ruolo Lecce lo assumesse grazie all’operosità dei suoi giovani, il vero carburante dei processi di crescita. Sono loro la forza, rappresentano una grande opportunità per il territorio, ma il discorso che faccio io può rappresentare innanzitutto una opportunità per loro, se il problema principale resta quello del lavoro e di una adeguata sistemazione professionale per tutti. Una sistemazione che sia quella relativa alle rispettive aspirazioni professionali, non una qualunque. Da qui poi scaturiscono tutti i meccanismi conseguenti, in termini di crescita e di sviluppo generale. Con i giovani, per i giovani, grazie ai giovani.

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