L’immagine con la quale viene solitamente identificata la Toscana ha a che fare con il paesaggio impreziosito da verdeggianti e sinuose colline, adornate da floridi uliveti e vitigni. Le eccezioni a questa sorta di regola, tuttavia, non mancano affatto ed un nitido esempio è costituito dal comune di Abetone, principale vetta dell’Appennino tosco-emiliano che funge da collegamento tra le province di Pistoia e Modena.
Collocato su un’altura che si estende oltre i 1.300 metri sul livello del mare, il borgo – abitato da circa 700 anime – viene abitualmente preso d’assalto dai turisti, soprattutto in inverno. Quando la stagione fredda permette alla neve di cadere copiosa a coprire la superficie delle piste sciistiche locali, gli amanti degli sport invernali vi giungono, vogliosi di svagarsi al gelo, da ogni angolo dell’Italia centrale. I cinquanta km di tracciati che si snodano lungo i versanti dei monti rappresentano infatti, assieme ai ventidue impianti di risalita presenti, un’adeguata garanzia di divertimento. Ecco allora in scena lo spettacolo di uomini, donne e bambini (principianti ed esperti) che affollano i negozi del centro per acquistare o noleggiare l’attrezzatura necessaria a dare il via ad un week end o – per i più fortunati – ad una “settimana bianca” da sogno.
Ma cosa si nasconde sotto il candido manto tessuto in inverno da madre natura? La domanda, curiosa e del tutto legittima, inizia da qualche tempo a frullare in testa ad un numero crescente di visitatori, che non si lasciano così sfuggire l’occasione di scoprire un diverso panorama.
Quando in estate il sole svetta adirato tra le montagne, costringendo il mercurio nei termometri a farsi carico di un’impegnativa salita, le strade sono sgombre di nevischio ed accolgono le auto dei viandanti con maggiore garbo. La piazza che sorge in pieno centro, fatta di graziose baite lignee che ospitano boutique, alberghi, ristoranti e abitazioni private, si offre come un belvedere dal quale ammirare i verdissimi prati ed i fitti boschi che si mostrano all’orizzonte.
La voglia di lasciare l’asfalto in favore della nuda terra si fa sempre più pressante; non resta pertanto che palesare una devota accondiscendenza. Ci si incammina quindi verso la seggiovia più vicina, diretti al rifugio La Selletta. I seggiolini che scorrono senza sosta, a mezz’aria, lasciano indubbiamente affascinati gli occhi di quanti non sono abituati ad un simile spettacolo. Un pizzico di emozione accompagna il momento di salirvi a bordo e non sparisce fino all’istante in cui i piedi toccano nuovamente il suolo. In questo arco di tempo, le gambe ciondolano leggere nel vuoto sopra le cime appuntite degli alberi, in un contesto naturale di incredibile armonia.
Il percorso che porta alla baita è a dir poco incantevole. Sottilissimi ciuffi d’erba si affiancano a fiori variopinti, attorniati da nugoli di rumorosi insetti. Tra alcuni cespugli spiccano, per il contrasto cromatico, dei deliziosi frutti di bosco, che sembrano tentare con successo i viandanti più golosi.
D’improvviso il profilo del rifugio si rivela al guardo; pochi istanti e siamo dentro. L’odore del legno che proviene dalle travi è ammaliante. Niente a che vedere con l’aroma del succo di frutta che acquistiamo, per regalarci una attimo di ristoro, in attesa di riprendere il cammino.
(Foto di Gavin Anderson in Licenza Creative Commons)
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