Un tempo era chiamata Ferdinandopoli ed era una città nella città. Oggi invece San Leucio, a Caserta, è un borgo che conserva intatta la sua storia.
Grazie ai giardini curatissimi, al Palazzo Reale e al Belvedere è possibile fare un tuffo nel Settecento, rivivendone gli sfarzi e appassionandosi alle vicende che l’hanno resa famosa nel mondo.
Sorta nel 1789 per volere del re Ferdinando IV di Borbone che ne affidò la costruzione all’architetto Collecini, San Leucio costituiva un primordiale esempio di casa per le vacanze.
Il re, infatti, annoiato dalla vita di corte che conduceva nella Reggia di Caserta, adorava ritirarsi su quella collina poco distante, dove allora sorgeva la chiesa di San Leucio, vescovo di Brindisi.
L’idea originaria del sovrano era quella di rendere la zona economicamente vantaggiosa e produttiva.
Così, dopo averne fatta modificare in parte la struttura, fece costruire una riserva di caccia e diede ad alcuni coloni il compito di curarla.
Con il passare del tempo, l’impianto urbanistico di San Leucio crebbe poi ulteriormente; al suo interno furono edificati la prima seteria e una fabbrica di tessuti. La cittadina divenne una sorta di moderna repubblica che si fondava su tre principi, scritti in un apposito codice di leggi, a cui gli abitanti dovevano attenersi: la buona fede come virtù sociale, il merito come spinta al lavoro e l’educazione alla base della collaborazione tra gli individui.
Inoltre, tra quelle mura era abolito il lusso e tutti dovevano vestirsi allo stesso modo.
Nella successione non c’era più nessuna differenza tra maschi e femmine, tutti avevano gli stessi diritti ed ereditavano beni in eguale misura. Le mogli non erano tenute a portare la dote perché lo Stato provvedeva a fornire la casa arredata e quello che poteva servire agli sposi.
Ogni manifatturiere poi, cioè ogni dipendente delle manifatture della seta, era tenuto a versare una parte dei guadagni alla Cassa della Carità, istituita per gli invalidi, i vecchi e i malati.
L’antica seteria, di cui oggi è possibile ammirare i resti, rappresentava il cuore di San Leucio. La materia prima, ovvero la seta da filare, era generata da bachi allevati nel casertano.
Con un complicato sistema di torni e filatoi si passava dai semplici rocchetti alla creazione delle stoffe vere e proprie: parati di raso, broccati, velluti, destinati ai palazzi dei re o alle famiglie più nobili del paese.
I nomi dei colori cercavano di distinguere le sfumature più sottili della seta: tra gli altri c’erano il verde salice, la noce peruviana, la tortorella, il fumo di Londra e il verde di Prussia.
A questo si aggiunse nell’Ottocento l’invenzione del Jaquard: un tipo di tessitura particolare che si avvaleva di fogli bucherellati che davano vita a motivi floreali e disegni geometrici.
La maggior parte di questi impianti di lavorazione della seta possono essere ammirati ancora oggi visitando le stanze del palazzo, anche se molti resti sono andati perduti durante il terremoto del 1980.
Il 30 giugno di ogni anno gli abitanti della comunità leuciana organizzano un corteo, che ha come momento centrale l’apertura del cancello d’ingresso alla colonia.
Tra i balli, i canti ed i commenti della voce narrante si snoda un percorso lungo quasi un chilometro, che si conclude intorno alla Piazza Della Seta al Belvedere.
Qui inizia la Serenata a Palummella, un dialogo cantato tra due innamorati. Una festa in costume che è soprattutto un modo per manifestare l’orgoglio di appartenere a un borgo carico di storia.
Scrivi un commento
Per inviare un commento devi fare il login.