E’ un freddo pomeriggio di fine autunno: il timido bagliore del sole è ormai svanito. Le uniche luci che scorgo davanti a me sono quelle delle auto in corsa e dei lampioni, posti ordinati ai bordi delle strade. Il cielo è insolitamente limpido, privo di nubi.
Imbocco l’autostrada, adagio, mentre dalla radio si diffonde la voce di Tiziano Ferro.
Il mio “diario di bordo” contiene il programma del giorno e mi spinge verso Empoli.
Dopo circa mezz’ora di viaggio, abbandono le ampie corsie della Firenze-Pisa-Livorno e mi avventuro in paese. Supero un enorme centro commerciale e, non vedendo le indicazioni di cui ho bisogno, accosto nei pressi di una piazzola. Chiedo così lumi a un passante che risponde alla mia domanda con poca convinzione.
Ripropongo allora lo stesso quesito ad un’altra persona che, udendo Monteboro, si illumina.
Capisce subito che sono diretto al centro sportivo dell’Empoli Football Club e mi consiglia una scorciatoia.
In un batter d’occhio sono di nuovo in marcia e dopo aver superato un passaggio a livello che corre lungo questa strada di periferia, ornata di poche case e qualche esercizio commerciale, inizio a percorrere una via traversa che subito s’impenna.
L’automobile avanza in salita, piano, sul dorso sinuoso delle colline empolesi, fra vasti terreni e fitte piante d’ulivo. Della città, man mano che si sale, riesco a scorgere soltanto delle piccole luci tremolanti.
D’un tratto il chiarore artificiale dei lampioni scompare, così come il rumore. Proseguo in un insolito silenzio quando all’improvviso perfino l’asfalto sparisce.
Campi decorati da schiere ordinate di viti campeggiano ai lati di un sentiero sterrato che si protende nel buio.
Procedo lentamente, sobbalzando, lungo questo passo e dopo qualche centinaio di metri vedo l’inconfondibile profilo degli impianti di illuminazione tipici dei complessi sportivi.
Sono finalmente giunto a destinazione, in vetta ad un remoto poggio che domina la vallata e regala ai viandanti un panorama notturno che lascia senza fiato.
Parcheggiata la vettura in un vicino slargo, mi porto all’ingresso del centro. La struttura si sviluppa entro un ampio perimetro e mi colpisce, a prima vista, proprio per le dimensioni. Gli edifici che ospitano gli uffici e gli spogliatoi spiccano per la semplicità e soprattutto per l’eleganza, conferita loro dalle piastrelle argentee che ne ricoprono le mura, capaci di brillare sotto la luce.
I campi da gioco sono pressoché perfetti, specie quelli realizzati con l’erba sintetica di ultima generazione.
Come intuisco dal cantiere aperto alle spalle di una tribuna, il progetto non è ancora completato. Lo “scheletro” che vedo davanti a me, difatti, appartiene ad una foresteria in fase di ultimazione, destinata a ospitare i ragazzi non provenienti dal comprensorio empolese.
Visti i pregi di un simile impianto, perfettamente in grado di favorire lo sviluppo ottimale dell’attività di avviamento alla pratica calcistica, è facile intuire i motivi che hanno portato al successo il cosiddetto “modello Empoli” ed è ancor più semplice capire le ragioni che spingono moltissimi genitori a iscrivere i propri figli ai campus estivi che si svolgono in questa oasi felice del calcio giovanile.
(Foto gentile concessione dell’Empoli F.C.)
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