14 Febbraio 2009

Venti ragioni per vivere e sopravvivere

di Marcello Di Sarno (Blog Crognaleto. Interviste Sindaci)

Il Sindaco di Crognaleto Giuseppe D’Alonzo intervistato per Comuni-Italiani.it

Crognaleto e il carnevale. Quali elementi lo caratterizzano?
E’ legato alle antiche usanze della civiltà contadina ispanica. E’ chiamato “L’erede” ed è finalizzato al riconoscimento del primogenito di ogni famiglia, quale segno di conservazione del casato.
Richiama una tradizione che si sposa con le attività agricole del territorio. Ci sono ragazzi travestiti da buoi che tirano l’aratro e che a un certo punto scappano, liberandosi dal giogo, rappresentando un grande spirito di libertà. Oltre a queste figure c’è quella del contadino e del diavolo.

Giuseppe D'Alonzo

Cosa prevede la cerimonia?
Il corteo fa il giro delle case dei nuovi nati, accolto in ognuna da un rinfresco. Ad ogni fermata un cantastorie, vestito come con abiti da cavaliere, recita una poesia dialettale denunciando le condizioni economiche della famiglia con toni ora umoristici ora più accorati. Tutto il paese si unisce a questo sciame di persone che va per le strade di Nerito, ritrovandosi nella piazza centrale della frazione per premiare gli organizzatori, ossia la nostra Pro Loco.
E’ una scenografia bella che va promossa perché racconta un po’ le nostre origini e rafforza l’armonia dei miei concittadini. E’ anche uno strumento di conservazione del nostro dialetto, che si rinnova attraverso le poesie che un nostro concittadino colto da anni scrive per il cantastorie.

C’è anche un sapore del carnevale, tutto vostro!
E quello degli insaccati che si preparano anche per il periodo natalizio. Qui del resto persiste la tradizione di avere il maiale di casa e di ricavarne un prodotto o una pietanza diversa.
Tuttavia simbolo incontrastato della nostra tavola è la ventricina: si ricava dagli scarti del maiale, dalla parte più grassa, che viene condita e messa nello stomaco del maiale, considerato il miglior sistema per conservare questo prodotto. E’ di una bontà eccezionale specialmente se la si gusta sul pane e lasciata sciogliere sul carbone.
E’ un prodotto prettamente nostro, anche se ci sono tante imitazioni, sul quale come amministrazione ci siamo spesi per valorizzarlo. L’anno scorso abbiamo organizzato un convegno nella frazione di Tottea, con la finalità di chiedere l’assegnazione del marchio doc.
La gastronomia in generale è il punto di forza della nostra tradizione: dall’arrosto di castrato alle scrippelle in brodo, passando per la pecora al caldaio, preparata da Bruno Zilli, diventato ormai una star e invitato da molti ristoranti della costa adriatica.

Altro elemento di richiamo è l’ambiente. Che conseguenze positive ha la posizione all’interno del Parco del Gran Sasso?
Credo che il Parco sia a tutt’oggi il volano per lanciare queste zone interne. L’ambiente è un aspetto sul quale occorre investire di più, tenendo conto che Crognaleto è al 98% immersa nel Parco.
Devo riconoscere che molte attività sono state messe ad arte sul mio territorio per la promozione dello stesso. Investimenti importanti come i centri per l’escursionismo, la “Locanda del cervo”, un punto di ristoro efficiente, e altre attività che messe in rete possono iniziare a dare dei frutti.
E’ ovvio che questo Parco deve essere pensato e dimensionato perché dia possibilità di vita a coloro che sono stati un po’ i pionieri del parco e mi riferisco alla mia gente.
C’è bisogno di un maggiore rispetto per l’ambiente stesso e la quotidianità di chi lo abita. In tal senso ritengo la legge 394, istitutiva del Parco, non è più funzionale alle esigenze di coloro che ci vivono, visto che risale al 1994. Una legge così importante necessita di una revisione dopo 14 anni.

In quali momenti emerge questa forte impronta naturalistica?
Un evento nazionale che abbiamo inaugurato quest’anno a Nerito è la “Festa del boscaiolo”, in virtù del fatto che il mio territorio ha una vocazione boschiva quasi naturale. Si tratta di una competizione tra boscaioli armati di motosega.
La Festa della castagna che si tiene in ottobre a Senarica, una frazione che ha una storia propria, legata alla Serenissima, e una parlata che tradisce contaminazioni venete.
Il Simposio sulla pietra a Tottea, un prodotto di nicchia su cui abbiamo investito e al quale si collega l’arte degli scalpellini di Frattoli, famosi per i caminetti che riescono a ricavare lavorando la pietra. Per tramandare quest’arte antica abbiamo istituito un polo didattico e un museo.
La celebrazione dell’acqua a Cesacastina, che rientra nel discorso di valorizzazione delle acque minerali, che stiamo portando avanti e che mi auguro di realizzare prima della del fine del mandato.

Non mancano le emergenze archeologiche.
La verità è che sul mio territorio ho 20 frazioni, ognuna con una sua storia architettonica e culturale. Ci sono chiese bizantine, barocche: dalla Chiesa di Santa Maria Apparens ad Alvi alla Chiesa di Sant’Andrea a Cervaro, passando per quella intitolata a San Giovanni Battista a Frattoli. Conservati in questi edifici calici storici che tutti ci invidiano, come quello di Cesacastina.
Un vero gioiello è la Chiesa della Madonna della Tibia appena restaurata, grazie all’interessamento della Soprintendenza ai beni archeologici e dell’ente Parco del Gran Sasso. Tempo fa un fulmine buttò giù il campanile, che abbiamo recuperato nella sua antica veste. Tra l’altro la Madonna della Tibia è una delle “sette madonne”, dislocate sul nostro territorio, che secondo il mito sono posizionate in modo da guardarsi reciprocamente ognuna dalla rispettiva frazione.
Del resto la fede è una componente identitaria della mia gente, come testimoniano le incisioni di derivazione biblica sui portali.

Amministrare venti frazioni con una propria storia e cultura non è facile, vero?
Il nostro territorio si estende per 12.500 ettari, suddivisi in venti frazioni e qualche borgata. Al mattino, il mio primo pensiero è che se tutto va bene ho almeno venti problemi da affrontare.
Dare risposte a tutti diventa difficile. L’asfalto logorato, ghiaccio sulla strada, illuminazione guasta.
La frammentazione sociale, insieme allo spopolamento, è uno dei problemi maggiori che interessano i comuni di montagna come il nostro. Avremmo bisogno non di un sistema assistenzialista, che rifiuto a priori, ma di una regolamentazione diversa rispetto al grosso centro. Non è ammissibile ad esempio che su un commerciante di montagna debba pesare la stessa contribuzione di uno della costa adriatica. C’è bisogno di maggiore equità per tenere in vita queste zone interne.
Si parla tanto di tagli; personalmente non ho più nulla da tagliare e per farlo dovrei mettere nuove tasse ma questo significherebbe spingere la gente ad andare via.

La sua sfida per i prossimi tre anni.
La mia scommessa è produrre innovazione: dal punto di vista amministrativo, siamo a buon punto con l’informatizzazione; culturale, cercando di coordinare tutti gli appuntamenti che le ho elencato; occupazionale, portando finalmente a compimento il progetto dell’impianto idrico di Cesacastita. Un’opera accompagnata da roboanti proclami e promesse disattese dal lontano 1990.

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