13 Marzo 2009

Nella terra dei Ciclopi e dei Malavoglia

di Manuela Zummo (Blog Aci Castello. Alla Scoperta della nostra Italia)

Lungomare Aci Castello

Lungomare Aci Castello

Già Omero, nei versi della sua Odissea, aveva citato questa meravigliosa terra sormontata dall’imponenza dell’Etna. E proprio da questo vulcano nasceva la figura di Polifemo, il ciclope a guardia della costa ionica.

Narra una leggenda popolare che Galatea, la ninfa marina figlia di Nereo, s’innamorò di Aci, il pastore figlio di Pan. Della fanciulla, però, si accorse anche il ciclope Polifemo che, accecato dalla gelosia, uccise Aci.

Il corpo del pastorello, smembrato in nove parti, fu deposto dove poi furono fondate le nove Aci: Aci Castello e la sua frazione Aci Trezza, Aci Bonaccorsi, Aci Catena e le sua frazioni Aci San Filippo e Aci Santa Lucia, Acireale e la sua Aci Platani, Aci Sant’Antonio che si estendono lungo la costa chiamata Riviera dei Ciclopi.

Il comune di Aci Castello è una piccola borgata marinara a cui fanno capo le frazioni di Ficarazzi e Aci Trezza, così come accennato poc’anzi.
Situata in un’ampia insenatura del litorale orientale siciliano, ai piedi di una roccia basaltica, è cresciuta intorno al fortilizio normanno ed oggi è inglobata nell’hinterland catanese.
In nera pietra lavica, questa fortezza normanna è arroccata su uno sperone di roccia sul mare ed è visibile dalla strada. Il luogo è fortificato fin dai tempi dei Romani quando qui sorgeva la Rocca Saturnia. Più volte distrutta venne riedificata da re Tancredi nel 1189 e sotto i Borbone (1787) il castello venne adibito a prigione. Dalla cima si gode di una bella vista sui Faraglioni dei Ciclopi e sull’Isola Lachea.

La particolarità del castello è senz’altro dettata dalla sua posizione strategica: un tempo una fortezza a strapiombo sul mare, raggiungibile solo grazie al ponte levatoio, oramai scomparso. Oggi l’unico mezzo per raggiungere l’interno è costituito da una lunga scalinata, quasi scavata nella roccia.
L’imponenza della struttura e la “sostenibilità edilizia” di un forte pienamente integrato con il territorio ne hanno fatto, di recente, un bene patrimonio dell’umanità (UNESCO).
Infine lo splendore del mare cristallino, che al sorgere del sole rispecchia le forme imponenti della fortezza, fanno della scenario castellese, un dipinto di immenso e raro valore.

Ma la visita ad Aci Castello non può dirsi conclusa senza un passaggio per la famosa frazione decantata nell’intramontabile capolavoro verghiano dei Malavoglia: Aci Trezza.
Fantastica è, infatti, la “passeggiata” per il lungomare che unisce il comune al suo piccolo borgo.

La caratteristica di Trezza (così chiamata dagli abitanti, i trezzoti) è proprio nel suo porticciolo, che si trova di fronte la Piazza Verga,  dove si possono incontrare i barcaroli del luogo che portano i turisti sulle loro caratteristiche barche a remi, fino agli scogli dei ciclopi.
Ha qui inizio, infatti, la vacchiata - traversata: usciti dal porto s’incontra subito l’Isola Lachea; poi la barca attraversa il canale tra la Longa (altro scoglio) e l’isola stessa.

faraglioni di Aci Trezza

Faraglioni di Aci Trezza

Ritornando ai due enormi faraglioni che si incontrano lungo il cammino, vera attrattiva del luogo, hanno anch’essi a che fare con la leggenda di Polifemo. Si narra, infatti, che essi siano gli enormi massi che il ciclope, ormai accecato da Ulisse e i suoi uomini, lanciò loro contro.
Così le due grandi rocce finirono in mare dove continuano a giacere.

Uno degli elementi fondamentali per la vita del paese, così come nel romanzo verghiano, rimane il mare. Per questo motivo,  il 24 giugno di ogni anno, in occasione della festa in onore del patrono San Giovanni Battista, si svolge ad Aci Trezza la manifestazione del Pisci a mari.
Di origine molto antica, non è soltanto una manifestazione folcloristica, ma è una pantomima nella quale il mondo dei pescatori - che costituisce ancora la struttura portante del paese - trasfonde le ansie, le difficoltà e le speranze correlate al proprio lavoro.

Una barca di pescatori, mentre tutt’intorno dal molo e da centinaia di imbarcazioni paesani e turisti ammirano lo spettacolo, fa  finta di avventurarsi in una difficile partita di pesca. Ad un certo punto viene avvistato un grosso pesce e i marinai della barca si affannano a catturarlo utilizzando vari attrezzi del mestiere, dalle reti alle fiocine. Con grande fatica la preda viene issata sulla barca e i pescatori si abbandonano alla gioia, ma con un guizzo il pesce riesce improvvisamente a rovesciare la barca e a riguadagnare il mare. La pantomima si conclude così in un tripudio di bagno collettivo.

Ovviamente imperdibile, se si è da queste parti, è il cosiddetto rito della granita.
Già dalle prime ore del mattino, soprattutto in estate, i tavolini dei bar sono affollati di gente che gustano  granita e brioches, vera e propria prelibatezza locale.

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