16 Marzo 2009

Il miglior approccio della patria del tricolore

di Marcello Di Sarno (Blog Reggio Emilia. Interviste Sindaci)

Il Sindaco Graziano Delrio di Reggio Emilia intervistato per Comuni-Italiani.it

Che ritratto offre di sé, oggi, Reggio Emilia al visitatore?
Reggio Emilia è una bella città padana, con un sistema di piazze e di spazi pubblici piacevoli, un’alta qualità di servizi, una buona accoglienza, un buon vivere, un’ottima cucina. Fa parte del Circuito Città d’Arte della Pianura Padana, con il quale cerca di far conoscere un sistema - storico, territoriale, culturale - che condivide molte delle caratteristiche che ho citato.
Le presenze turistiche in termini percentuali sono cresciute molto. La nascita di alcune iniziative hanno contribuito a potenziare la nostra capacità attrattiva, su cui comunque dobbiamo ancora lavorare.

Quali sono le colonne portanti del sistema culturale reggiano?
Reggio Emilia vanta alcune attività istituzionali fortissime: penso alle nostre biblioteche comunali e ai musei civici, che hanno numeri di prestiti e di visitatori altissimi, nonché orari di apertura invidiabili.
Ci sono poi due enti di produzione di assoluto vanto come la Fondazione I Teatri, diretta da Daniele Abbado, e la Fondazione della Danza – Aterballetto, unica compagnia di danza italiana che continua a mietere successi nel mondo, grazie alla passione del coreografo Mauro Bigonzetti.
Non possiamo mancare di citare un evento nuovo per la città, quello di Fotografia Europea nato nel 2006.
Partendo da un’esperienza d’arte popolare come la fotografia e dall’insegnamento di un grande maestro, qual è il reggiano Luigi Ghirri, da tre anni – questo sarà il quarto – la manifestazione porta in città fotografi internazionali, sostiene premi e produzioni e riscopre luoghi dimenticati della città con le sue esposizioni.
Su questo tema ci stiamo distinguendo a livello europeo, con collaborazioni importanti, con Arles e Parigi, e abbiamo inaugurato uno spazio dedicato agli scambi internazionali e alla multimedialità, lo Spazio Gerra.

Graziano Delrio

La cultura reggiana è venata di un forte sentimento patriottico. A tal proposito, cosa rappresenta per la sua comunità la festa del tricolore?
L’impegno civico è ciò che, più di ogni altra caratteristica, ha connotato la storia della nostra città. La liberazione da un governo ritenuto dispotico nel 1797 e la costituzione della Repubblica cispadana con le città di Modena, Ferrara e Bologna - che ha dato vita in embrione a ciò che sarebbe stata un’Italia unita - sono il primo di una serie di passaggi in cui la città si riconosce, all’insegna di valori universali come fratellanza, solidarietà, libertà, uguaglianza.
La giornata del Tricolore, resa festa nazionale dal Presidente Ciampi, ha il senso del riformismo prampoliniano (dal famoso politico Camillo Prampolini, N.d.A.), delle prime farmacie comunali per dare medicine a tutti, delle prime scuole dell’infanzia volute da Pietro Manodori, della lotta di resistenza. E ancora, del contributo di Costituenti - come Giuseppe Dossetti e Nilde Iotti - alla scrittura della Carta fondamentale e delle prime scuole comunali laiche che i cittadini costruirono subito dopo la liberazione.
Dentro quella bandiera, che oggi è di tutti, c’è un’identità intera.

Cos’è che contraddistingue il modus vivendi dei reggiani?
E’ gente che lavora sodo e che è capace di fare posto a chi onestamente si impegna per la comunità. Gente che ha spirito di iniziativa e fantasia. Gente che discute apertamente e ti ferma per strada a chiedere che le cose vengano fatte. Gente che poi sa riconoscere la validità dei progetti. Gente modesta, che sa il suo valore ma che ci tiene alla sobrietà. Gente che sa mettersi a disposizione per chi ha bisogno.
Tant’è che abbiamo promosso un’iniziativa per mettere in luce tutte le azioni positive dirette alla persona: aiutare un vicino, un anziano nel fare lavori in casa, insegnare agli adulti ad andare in bicicletta.
Abbiamo così scoperto storie bellissime e finché regge questo tessuto di solidarietà, una città può guardare con fiducia al futuro.

Com’è cambiata secondo lei la città negli ultimi anni?
In questi anni Reggio Emilia, come molte città medie italiane ed europee, ha avvertito in pieno le opportunità e i problemi legati alla globalizzazione. E’ stata fino a oggi la città con il minor tasso di disoccupazione d’Italia e il maggior tasso di export, a testimonianza di una realtà imprenditoriale molto attiva.
L’offerta di lavoro e la possibilità di inserimento ha attratto molti lavoratori di origine straniera: dal 2004 a oggi la popolazione è cresciuta di 10mila abitanti, passando da 155mila a 165 mila. Il 13,2% della popolazione residente è composto da stranieri. Questa crescita è stata avvertita come un cambiamento rapido della composizione demografica, che poteva anche generare fenomeni di chiusura e di paura dello straniero.
Trasformazioni che ci hanno portato a lavorare per rafforzare l’identità locale e per esser, al tempo stesso, una città più competitiva, più contemporanea e più europea; pressioni che ci hanno impegnato nel sostenere la coesione della comunità, continuando a investire nei servizi e nella qualità di vita.

Come ha risposto la sua amministrazione a questi mutamenti del tessuto sociale?
Abbiamo lavorato molto per l’integrazione delle giovani famiglie straniere, soprattutto attraverso le scuole dell’infanzia comunali, e perché ci fosse un potenziamento dei servizi, tale da continuare a garantire a tutti i cittadini residenti pari opportunità. Nei momenti in cui, come tutte le città, siamo stati attraversati dalle ondate della paura e della sicurezza - che come dice Zygmunt Bauman: “Sono le discariche dei problemi globali” - abbiamo tenuto a distinguere nettamente le persone che sono qui per lavorare onestamente e coloro che delinquono.
Abbiamo lavorato guardando avanti, cercando di porre le basi per un modello di sviluppo futuro incentrato sulla qualità della vita - del lavoro, dell’educazione, della cultura, degli insediamenti urbani, dei servizi, del vivere e dell’abitare.
E la stazione mediopadana dell’alta velocità, il cui cantiere sta per iniziare, ne è simbolo e punto di riferimento.

Quest’ultimo progetto in che modo rafforza il ruolo di Reggio Emilia nel panorama regionale e nazionale?
La stazione mediopadana dell’alta velocità, l’unica in linea in Regione - cioè costruita lungo la linea senza far rientrare il super treno in città - sarà conclusa nel 2011 e sicuramente proietterà Reggio Emilia su uno scenario nuovo e più europeo, con un necessario indotto anche per l’economia.
Per quella data dovrà essere in stato avanzato il completamento o l’impostazione di altre infrastrutture, indispensabili a far sì che sia meno avvertito il problema del traffico da attraversamento e l’inquinamento, che sono tra i problemi più sentiti dai cittadini.
Un maggior impegno sul trasporto pubblico, anche su ferro, con metro di superficie completerà questo disegno.

Guardando ai tre ponti della famosa “archistar” Santiago Calatrava, come può ancora cambiare secondo lei l’aspetto urbanistico della città?
Il parco progetti di Santiago Calatrava, l’unico in Italia e uno dei pochi al mondo, di cui si vedono dall’ottobre 2008 i ponti passando sull’A1, hanno rappresentato quella spinta alla qualità cui accennavo prima. Sicuramente il futuro sarà connotato da questo segno, sia nelle infrastrutture, sia dal punto di vista urbanistico.
L’area che ospita il parco progetti, a nord della zona centrale, dovrà infatti avere uno sviluppo in questo senso, con rispetto delle emergenze ambientali e storiche e con una qualità e una innovazione nei materiali uniche.

Quali traguardi consegnerà orgogliosamente al suo successore?
Ci sono diverse opere di cui sono orgoglioso. Un principio mi sta a cuore: in tutte le politiche, siamo partiti dalle persone, i cittadini, cui sono indirizzate.
Sicuramente l’impegno sull‘educazione prescolare, di cui Reggio Emilia è un’eccellenza internazionale, con la presenza degli “asili più belli del mondo”, come li definì “Newsweek” nel 1991. Un primato che continuiamo a mantenere e a far crescere, grazie al Centro Internazionale per l’Infanzia Loris Malaguzzi, detentore del Reggio Approach (sistema educativo delle scuole reggiane, N.d.A.), ma soprattutto grazie a un sistema di scuole pubbliche, private e convenzionate, che continua a mantenere un livello altissimo di qualità e a scolarizzare percentuali altissime di bambini da 0-6 anni.
Ovviamente si tratta di un impegno in risorse notevole, sia economiche che umane, ma la sfida è connaturata a questa esperienza.

Altri interventi da menzionare…
Un altro impegno importante è stato quello di riavvicinare i servizi sociali al territorio, riorganizzando l’intercettazione dei bisogni e della domanda secondo poli territoriali, dove le nostre assistenti sociali cercano di conoscere da vicino i casi, fino a elaborare risposte e proposte personalizzate.
Anche questo un lavoro di grande fatica, ma che semina un atteggiamento di attenzione che stimola anche, nel tempo, risposte orizzontali di autoaiuto tra le stesse famiglie.
La comunità è stata al centro anche delle opere materiali, ad esempio del recupero degli spazi pubblici, come abbiamo fatto in centro storico cercando di dare nuova qualità alle piazze, con opere di riqualificazione, e eventi in modo da essere vissute in un’ottica di incontro.
Un simbolo: in ogni spazio riqualificato le panchine per sedersi, parlare, ammirare la città.

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