Sabrina Murgano, guida turistica della Provincia di Enna, ci accompagna in giro per Agira:
Perché ha scelto di diventare una guida turistica?
E’ stato un caso! Dopo avere conseguito la maturità al liceo linguistico A. Lincoln di Enna insieme alla mia cara amica e compagna di avventure (oggi collega), decidemmo di presentare all’AAPIT (azienda autonoma per l’incremento turistico, ndr) e AAST (azienda autonoma soggiorno e turismo, ndr) di Enna la nostra disponibilità ad accogliere turisti e visitatori stranieri.
Vista la conoscenza linguistica acquisita durante gli anni del liceo ed ancora prima alle scuole medie speravamo di apportare un contributo alla nostra città.
Cominciai così a collaborare con l’AAPIT e tramite loro con diversi tour operators e agenzie di viaggi nazionali ed estere. La lunga esperienza acquisita e l’amore per il mio territorio mi hanno così convinta che quella era la mia strada!
Decisi di partecipare al concorso bandito dalla Prefettura di Enna e a seguito dell’esame risultai vincitrice ed ottenni la tanto ambita “licenza”.
Cosa le piace di più del suo lavoro?
Del mio lavoro amo la possibilità di far apprezzare il nostro territorio e trasmettere l’amore ed il forte legame che ci unisce alla nostra storia, alle tradizioni, alla cultura dei diversi popoli che poi si sono fusi insieme ed oggi risultano l’eterogeneo popolo “siciliano” a cui orgogliosamente appartengo.
Mi piace la possibilità di “viaggiare rimanendo a casa”: il mio lavoro mi ha permesso nel corso di quasi quattordici anni di conoscere persone provenienti da ogni parte del mondo, condividere con loro emozioni, esperienze di vita, pareri o semplicemente ricette culinarie!
Come caratterizza il suo servizio di guida?
In genere mi adeguo alle esigenze del gruppo: è la tipologia del cliente che mi ritrovo di fronte a spingermi a caratterizzare il mio servizio. In base agli interessi culturali, età e provenienza cerco di dare un tono più didattico, storico, archeologico o tecnico.
La capacità di adattarsi al gruppo si acquisisce con l’esperienza e credo non si smetta mai di imparare così come non si smette mai di studiare per essere pronti ad ogni richiesta.
Ci racconti Agira.
Agira è un piccolo comune in provincia di Enna, sito a circa 850 mt sul livello del mare; antichissimo e ricco di storia. Agyrion, così era chiamata dagli antichi, è legata alla mitologia perché si racconta che qui Ercole trovò rifugio e ricevette cure e cibo durante il suo peregrinare per affrontare le prove a cui era sottoposto.
La città oggi è visitabile a piedi, presenta diverse chiese splendidamente decorate, quasi tutte ricostruite dopo il terribile terremoto che scosse l’isola nel 1693.
E’ bello passeggiare attraverso il quartiere arabo, vagare e perdersi tra gli stretti vicoli che portano nei “bagli”, antichi cortili interni alle abitazioni.
Il quartiere greco ancora custodisce reperti e resti della vecchia città, ma la scoperta più interessante è stato il ritrovamento dell’Aron Ha’kodesch. Trattasi di un portale in pietra arenaria rinvenuto all’interno della vecchia sinagoga, poi divenuta chiesa cristiana, sita alle spalle dell’attuale chiesa del Santissimo Salvatore.
La zona nord della città infatti sembra da lontano quasi un braccio proteso verso il cielo, dove oggi si scorgono i resti del castello e, a pochi metri dalla sinagoga, le torri d’avvistamento normanne. L’Aron o arca santa è in realtà uno splendido esempio in arenaria del XV secolo, una sorta di armadio che serviva a custodire i rotoli della Torah.
Spostato e collocato nel 1987 all’interno della chiesa del SS. Salvatore perché creduto inizialmente un portale (attiguo forse a un fonte battesimale), è oggi meta di pellegrini e turisti di religione ebraica che arrivano prevalentemente dal Jewish Museum of New York, per ammirare quello che è definito il più interessante esempio di Aron Ha’kodesch rinvenuto nell’area mediterranea.
Ha una importante iscrizione dedicatoria che consente di identificarne con esattezza l’anno di costruzione. Vi si legge: “Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore” (Isaia, 2,5). Come si sa, per risalire alla data dei monumenti ebraici dobbiamo fare riferimento al valore numerico delle ultime lettere del versetto biblico in essi riportato. Nel caso nostro, secondo il computo degli anni del calendario ebraico, l’anno è il 5214 dalla creazione del mondo, corrispondente all’anno 1454 del calendario gregoriano.
Qual è il periodo migliore per visitare Agira?
La città si visita bene durante tutto l’anno! Suggerisco, vista la posizione, di evitare l’inverno per il freddo intenso, ma si può fare eccezione per la notte di Natale quando tra le vie della cittadina si incontrano figuranti in costume, che fanno di quello di Agira il più bello e famoso presepe vivente della Sicilia.
Quale itinerario suggerisce per chi ha solo poche ore a disposizione?
Il mio suggerimento è quello di cominciare la visita dai resti del Castello, una sosta ai resti della Sinagoga e alla Chiesa del SS. Salvatore che appunto custodisce l’Aron Ha ‘kodesch; poi si potrebbe scendere in centro a visitare l’Abbazia, il quartiere arabo e se si ha tempo, il palazzo del comune, la cui sala del Consiglio ha un affresco che racconta la storia di Agira e le gesta di Ercole amato ancora oggi.
Cosa incuriosisce di più i turisti?
Credo la costruzione delle case arroccate! Agira sembra quasi un presepe, i suoi profumi, le sue strade e la sua gente cordiale e disponibile ci portano indietro nel tempo ad una realtà sconosciuta a chi vive nelle metropoli.
Ha un aneddoto, un episodio curioso, capitato durante un giro ad Agira, da raccontarci?
Il mio è più un “ricordo sentimentale”. Qualche anno fa mi trovavo con un gruppo americano; dopo la visita alla città ci siamo soffermati all’interno dei resti della Sinagoga, era l’imbrunire, l’ora della preghiera che si è svolta tra le vecchie mura ormai diroccate e quasi nascoste tra le case moderne.
L’emozione è nata quando i canti e le preghiere accompagnati dal movimento del corpo hanno coinvolto tutti i presenti e coloro i quali sbirciavano dalle finestre. Anche io e padre Zito, custode della chiesa SS. Salvatore ci siamo lasciati coinvolgere! L’italiano e l’ebraico sembravano una unica lingua e i brividi mi son venuti realizzando che, in quella stessa giornata di molti anni prima, altri ebrei avevano perso la vita: era infatti la sera che anticipava la famosa notte dei “lunghi coltelli”…
Quella preghiera comune è stato l’esempio di come si può essere uniti anche appartenendo a religioni diverse e pregando in lingue diverse.
Gli aneddoti sarebbero veramente tanti, in quattordici anni di lavoro mi è veramente capitato di tutto, ma questa esperienza mi ha veramente arricchito!
Riferimenti:
www.ennaguide.it
(Foto 1 e foto 2 di Rosario Pappalardo, per gentile concessione - sito web: www.bandw.it)
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