Casa tradizionale con murales a Cibiana

Casa tradizionale con murales

In Veneto ci sono angoli del Cadore, meta del turismo di montagna anche mondano, meno noti e difficili da raggiungere. Tra questi Cibiana di Cadore, un piccolo centro delle Dolomiti, a metà strada dalla valle che congiunge località famose come Pieve di Cadore e Cortina. Cibiana è un paese fatto di salite e discese, un gruppo di case che si trova nella distaccata valle in cui scorre il torrente Rite.

Sui muri delle sue case rustiche grandi murales narrano per immagini la storia degli abitanti, dei loro lavori e tradizioni. Grazie ai colori e disegni di questi affreschi, il paese è diventato quasi un museo all’aperto, esteso anche alle frazioni di Cibiana di Sotto, Masariè, Pianezze.

L’iniziativa è nata negli anni ottanta da una felice intuizione della Pro Loco che ha cercato in questo modo di valorizzare il piccolo borgo e renderlo più vivo. Cibiana infatti ha subito uno spopolamento graduale e continuo: per gran parte dell’anno le case sono vuote e sono tanti gli adulti che si sono spostati per lavoro in Germania.

Oggi, tra le viuzze del paese ci sono circa cinquanta murales, realizzati da pittori veneti ma anche stranieri, alcuni arrivati addirittura dal Giappone e dall’Ex Urss. Seguire lo saliscendi delle strade di Cibiana è un vero piacere: spesso a sorpresa, voltato un angolo, o alzato lo sguardo si scoprono queste finestre dipinte. E in molti casi gli affreschi ritraggono proprio l’abitante della casa, la sua storia: come i dipinti di Lelo il Liutaio, Pascal il Fabbro, Lole l’ultimo casaro. I murales, sono ben integrati nella struttura architettonica del paese, anche delle case rustiche: le cosiddette “cadorine”. Sono abitazioni in pietra e legno, con la cucina al piano terra e le altre stanze ai piani superiori raggiungibili attraverso le scale poste sui balconi della facciata principale.

La valle di Cibiana è un luogo isolato ancor oggi, in cui non si arriva per caso. La vita di questa gente di montagna è sempre stata all’insegna della tranquillità e del duro lavoro in campagna. Dei primi abitanti preistorici non si hanno notizie certe, si suppone comunque che i primi insediamenti risalgano all’epoca delle invasioni barbariche (circa 500 d. C.). In quel periodo è probabile che in molti abbiano cercato scampo in questi luoghi isolati dopo la caduta dell’impero romano e l’arrivo degli invasori. Nella zona attorno a Cibiana non sono stati ritrovati reperti archeologici preistorici, come invece è successo nelle valli vicine.

Le attività principali degli abitanti sono state il commercio di legname, l’allevamento di bestiame e quindi l’attività casearia. Questo almeno fino all’apertura, nel 1300, delle miniere di ferro di Ronzèi e Val Inferna che diede il via a una specializzazione artigianale: la produzione delle chiavi. Ad inizio Novecento è iniziata la grande emigrazione per cui il paese da duemila residenti è arrivato a contarne solo quattrocento. In questi ultimi anni, grazie agli affreschi, Cibiana è diventata una meta alternativa, apprezzata da turisti italiani e stranieri.

Da non perdere, dopo aver girovagato tra i murales, una visita all’evocativo Museo delle nuvole, gestito dall’alpinista Reinhold Messner. È il museo più “alto” d’Europa, si trova sulla cima del Monte Rite, a oltre duemila metri di quota. Per arrivarci si può seguire un percorso in leggera pendenza da Forcella Cibiana oppure servirsi di una apposita navetta.
L’idea del museo è proprio del “re degli ottomila” che, circa dieci anni fa, in collaborazione con l’Università di Architettura di Venezia ha proposto il restauro della fortificazione già presente, grazie anche a un finanziamento europeo ed alla volontà del comune di Cibiana.
Il monte Rite infatti è un punto strategico, da qui lo sguardo può vagare quasi a 360 gradi tra le vicine cime Molazza, Civetta, Marmolada, Pelmo e su tre valli (valle di Zoldo, valle del Boite e la conca di Pieve di Cadore).

Questo punto così panoramico era stato scelto, a inizio Novecento, come sede di una fortificazione strategica per la Grande Guerra. In quel periodo è stata costruita, sempre per motivi bellici, l’unica strada che tuttora collega il Cadore alla valle zoldana, una vecchia carrabile che è diventata una strada statale.
Il presidio sul monte Rite è poi stato abbandonato prima dalle truppe italiane e poi da quelle austriache, solo durante la seconda guerra mondiale è stato utilizzato per brevi periodi come base dai partigiani.
Prima del restauro le batterie, le polveriere erano ruderi. Ora questi ambienti ospitano quadri, fotografie, cimeli e oggetti che testimoniano la storia dell’alpinismo. Ci sono anche una sala multimediale, un ristorante e un ostello per la gioventù. E poi c’è l’osservatorio, una struttura di vetro e acciaio da cui ammirare la montagna e le nuvole…

(Foto di Antonio De Lorenzo, in licenza Creative Commons)

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