Percorrendo da Messina la statale lungo la costa tirrenica arriviamo ad un bivio chiamato Locanda, da lì si inerpica una stradina che ci conduce su uno splendido promontorio. Salendo sino in cima, a 300 metri circa, a strapiombo sul mare, sorge Tindari, antica città greco-romana nota ai più per il famigerato Santuario della Madonna Nera, meta ogni anno di innumerevoli pellegrinaggi. Domina il golfo di Patti di cui è frazione, abbracciando un paesaggio che si estende dalle Isole Eolie fino ai Monti Peloritani, lasciando chi si ferma ad ammirarlo (anche solo per pochi istanti) letteralmente senza fiato!
Non tarderemo a renderci conto che a prescindere dall’aura di misticismo di cui il luogo è pervaso per via della presenza della miracolosa vergine, Tindari ha il sapore del mito e della storia che possiamo assaporare ad ogni passo.
Per arrivare alla sommità del cosiddetto Capo Tindari dobbiamo costeggiare la cinta muraria della città antica, quella fatta edificare da Dioniso di Siracusa niente meno che nel 396 a.C. Tindari è andata distrutta da una calamità naturale (forse un terremoto, forse un maremoto), ma vanta un passato glorioso. A testimonianza di ciò i ritrovamenti archeologici che ci accompagnano durante il nostro cammino: statue, maschere, ceramiche, lucerne e i pregiatissimi marmi dell’Antiquarium ci restituiscono un’idea di quanto la città dovesse essere stata importante in epoca romana. Visitiamo poi il Teatro, riadattato dai Romani, che sorge sul pendio della collina dominando tutto il paesaggio costiero; la Basilica ovvero l’antico Ginnasio posto ai bordi dell’Agorà e le Terme impreziosite da ricchi mosaici.
Questa è la storia. E il mito?
Una signora un po’ avanti con gli anni, ci osserva mentre ci guardiamo intorno rapiti ed estasiati dalla bellezza di un paesaggio senza tempo. Domanda alla nostra guida locale, “c’ha cuntò a storia da picciridda?” che nel dialetto del posto vuol dire “ha raccontato la storia della bambina?”
Sono tante, infatti, le leggende che avvolgono quest’amena località, forse è anche questa una delle ragioni che ha ispirato uno dei più riusciti romanzi di Andrea Camilleri, quello che vede protagonisti due anziani misteriosamente scomparsi proprio durante una gita a Tindari, da cui il titolo del libro. La più suggestiva riguarda sicuramente quella di una bambina disgraziatamente precipitata dal colle roccioso dove sorge il santuario e salvata per l’intercessione miracolosa della madonnina bruna. Fu un marinaio a ritrovarla, intenta a giocare su un arenile circondato da piccoli specchi d’acqua e la restituì alla madre, la quale inizialmente scettica nei confronti della natura miracolosa della statuetta lignea si dovette subitaneamente ricredere.
Pare che il luogo dove la bambina fu trovata abbia dato origine a Marinello, località posta alla base del promontorio di cui alla fine del nostro giro andiamo ad ammirare gli splendidi laghetti, raggiungibili a piedi dalla spiaggia di Oliveri.
Qui si trova una grotta, detta “di Donna Villa” che non mancherà di colpirci sia per la sua particolare conformazione sia naturalmente perché anche questo luogo è avvolto da un affascinante mistero, quello di una maga che attirava i marinai col suo canto suadente come la Circe omerica e poi li divorava senza pietà!
La nostra gita a Tindari ci ha riservato sicuramente un epilogo diverso rispetto all’avventura del commissario Montalbano, ma di certo non è stata parca di emozioni e suggestioni, intense almeno quanto il blu del mare dove si specchia.
(Foto di Michele Lo Forte per gentile concessione )
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