4 Settembre 2010

Carlopoli e la vita sulle scale

di Lorenzo Rulfo (Blog Carlopoli. Racconti di Viaggio)

Poco distante da Carlopoli, i resti dell’abbazia di Corazzo

Poco distante da Carlopoli, i resti dell’abbazia di Corazzo

Siamo a Carlopoli, prelevati dopo un viaggio estenuante all’aeroporto di Lamezia Terme. Il motivo del nostro viaggio è preciso: giurati all’interno del Filmfestival “La ginestra d’argento”. Questa sera non ci aspetta nulla, solo un po’ di riposo ed una visita veloce al centro del paese; poi di corsa verso l’agriturismo a cercare di riposare un po’ prima della giornata di domani.

Di queste terre sapevo poco prima di partire, solo qualche accenno alla memoria alla vita di Gioacchino da Fiore, l’abate che Riccardo Cuor di Leone volle incontrare per conoscere l’esito delle crociate, che fondò l’ordine dei Florensi.

Al risveglio la prima cosa che mi colpisce fortemente è il silenzio. Carlopoli si trova quasi al centro della Calabria, nel punto più stretto, fra il mar Mediterraneo ed il mar Tirreno. Ma è alto, più in alto di quanto pensassi, con i suoi 1000 metri riesce a regalare quella sensazione ovattata e rarefatta che solo l’altezza può dare. Un breve colazione e subito la nostra guida ci porta nel paese.

Carlopoli è in provincia di Catanzaro, ma Panettieri, diviso solo da una minuscola valle, è già provincia di Cosenza. Ma in realtà siamo la stessa gente, ci sentiamo proprio gli stessi.”

Carlopoli è diviso in due, una parte moderna ed una antica, molto antica.

Il territorio dove sorge è al centro esatto di un triangolo formato da tre paesi di diversa origine ma che nel tempo ne influenzarono la storia. Tiriolo, esistente già in età preistorica (fra l’età del bronzo e quella del ferro), Scigliano (di origine romana) e Taverna. La sua fortunata posizione, data anche dalla vicina abbazia di Corazzo, di cui Gioacchino fu abate, influenzò la crescita del paese posto in un importante punto di transito. Ma Carlopoli fece il suo ingresso ufficiale nella storia solo più tardi: nel 1625.

La nostra guida, zelante ed entusiasta, dopo averci fatto gustare un caffè nel bar storico del paese, ed averci accompagnato nella vecchia tabaccheria, ci annuncia che ci avrebbe portati subito nella città vecchia. L’emozione è grande. Come ogni volta, immaginare i passaggi, la vita che ha regolato le azioni i pensieri, i vestiti e le usanza di un tempo lontano.

E ancora più affascinante, scoprendo che nulla è stato toccato. Molti degli abitanti del paese sono emigrati, tornano una volta l’anno per la cunfrunta (la processione in cui Maria incontra San Giuseppe a ritmo di banda sotto lo sguardo entusiasta degli abitanti del paese). E i pochi che sono rimasti vivono nella parte nuova, quindi la città vecchia, il borgo, è rimasto inalterato e non è nemmeno illuminato.

La sensazione è forte e difficile da descrivere. Sembra di essere tornati indietro. Il fascino dell’abbandonato si mischia al sapore del passato, un paese straordinario, piccole vinelle (vicoli) lunghe che si affacciano su altre vinelle ed altre ancora, arroccati su una piccola montagna. E c’è qualcosa che rapisce la mia attenzione e la mia fantasia: le scale. Ogni palazzo, ogni porta ha un pianerottolo seguito da una scala che arriva alla strada.

Quella è la chiave per capire il paese. Una volta non c’erano televisioni, radio, la gente non sapeva leggere e scrivere. Ma aveva comunque molto da dire, forse molto di più di quanto ci diciamo noi, oggi. E allora ogni casa la costruivano così, con una specie di palco dove le signore, filando la lana o preparando da mangiare stavano sedute, chiacchierando. Era la vita sociale del paese, il modo di stare uniti, di essere vicini.

E camminando fa effetto, ogni casa una scala, alcune più piccole, altre maestose. Solo i palazzo nobiliari ne sono privi, ma si sa, i nobili avevano tutt’altra vita sociale, non certo di strada.

Ci riaccompagna in albergo, la sera comincia il festival e noi dobbiamo essere riposati. Torno a visitare il paese due o tre volte, ogni volta stupito e felice di essere stato a Carlopoli.

(Foto di Francesco Cataudo rilasciata in licenza GFDL)

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