31 Gennaio 2012

Natura e storia all’ombra del “Palazzon”

di Andrea Bonfiglio (Blog Trecenta. Interviste Scrittori)

Roberto Ragazzi

Roberto Ragazzi

Lo scrittore Roberto Ragazzi, autore delle raccolte “La strada verso la sera” (La Riflessione –Davide Zedda Editore), “Clorìne ha messo le ali” (Editrice Zona Contemporanea) e “Il Cantastorie” (MJM Editore) intervistato su Trecenta per Comuni-Italiani.it

Come nasce in lei la passione per la letteratura e come si è evoluto il suo percorso artistico?
Ho incontrato la poesia a sedici anni, un periodo difficile dove gli ideali si mescolavano alle inquietudini tipiche dell’adolescenza. Per qualche anno ho scritto poesie tristissime, quasi dannate nelle loro suggestioni. Poi ho smesso quasi completamente e pur mantenendo intatto il mio desiderio di esprimermi non mi sono quasi più fermato a scrivere.

Ho ripreso dopo parecchi anni, prima racconti brevi e poi poesie. Ma la vera evoluzione è stato l’incontro, nel 2004, con un Padre Comboniano missionario in Perù: Padre Daniele.
Una persona eccezionale, dalle motivazioni semplici e dotato di un amore incredibile per le persone e in special modo per i bambini.
Lui mi ha spinto a uscire dalla mia proverbiale riservatezza e a rendere pubblico quanto avevo fino ad allora scritto.
E’ così nata la prima raccolta di poesie “La strada verso la sera”, un percorso espressione del tempo che passa, dall’età giovanile fino al 2009.
Successivamente il libro “Il cantastorie” una raccolta di racconti brevi dove si incrociano fantasia e realtà.
Nel 2011 è uscito l’ultimo libro “Clorine ha messo le ali”, una raccolta di poesie e pensieri dove cerco di esplorare l’animo umano attraverso le storie di varie persone.
A ottobre del 2011 ho presentato nel salone d’onore di Villa Pepoli a Trecenta la mia prima opera teatrale “In viaggio sotto il cielo”, un viaggio tra poesia e opera lirica, racconto e musica.
Dal 2010 partecipo a diversi concorsi letterari, raccogliendo diversi consensi e apprezzamenti coniugati alla soddisfazione legata ai buoni risultati ottenuti.

Se in un suo libro dovesse rappresentare la città, cosa scriverebbe?
Penso che ogni città sia espressione delle persone che vivono in essa e dell’ambiente in cui è nata e si è sviluppata.
Trecenta è un paese dell’Alto Polesine, terra di pianura stretta tra i due più lunghi fiumi d’Italia: il Po e l’Adige e attraversata dal fiume Tartaro, da poco canale navigabile.
Terra di nebbie e, per tanti anni, di emigranti che l’hanno lasciata per cercare un futuro migliore in altri luoghi.
Terra di contadini e di tradizioni, di gente laboriosa, di tante case abbandonate nelle campagne.
Terra di silenzi da assaporare appena usciti dal centro, di piccoli laghi detti “Gorghi” dove la natura è ancora regina e abbastanza incontaminata.
Ecco, io parlerei della gente e delle storie che hanno creato questo paese, cercando di legare ogni angolo a un evento, fermandomi nelle piazze, nei suoi monumenti più significativi e dando voce alle persone e alle loro storie.

Cosa ha da offrire la città, in termini di opportunità culturali e artistiche, ai suoi abitanti ed ai visitatori?
Il paese è ricco di associazioni e tutti gli anni vengono organizzate diverse manifestazioni o giornate a tema. Volendo segnalarne alcune, forse le più significative sono: la “Fiera di Ottobre” , la seconda domenica del mese, con un calendario ricco di attività; la rassegna “Presepi nel mondo”, nei sotterranei del “Palazzon” (la cinquecentesca Villa Pepoli, ndr), una mostra che dura dall’8 dicembre a fine gennaio ed è frequentata da diverse migliaia di persone ogni anno; la “Festa del salame da taglio”, prodotto caratteristico delle nostre zone; “Trecentallora” raduno motoristico in una vecchia corte gentilizia nelle nostre campagne.
Nel periodo invernale, inoltre, al teatro “F. Martini” c’è un buon cartellone di incontri diviso tra commedie, opere musicali e manifestazioni di solidarietà.
In città c’è pure una biblioteca molto fornita e un comitato che organizza diverse serate soprattutto in quello che è la “chicca” del paese: il salone d’onore di Villa Pepoli, comunemente detto da queste parti “El Palazzon”.

Qual è il luogo della città che preferisce?
Ci sono due luoghi che mi affascinano in modo particolare: i già citati “Gorghi” e Villa Pepoli. Natura e storia che si legano a questo territorio in modo indissolubile.
I “Gorghi” sono specchi d’acqua nati da un antico alveo del Po e alimentati da acqua sorgiva.
Hanno nomi particolari, i più noti sono: Gorgo della Sposa, della Gaspara, Bottazza, Magherino, Malopera, Zufolo… Appartengono ad una zona sotto vincolo ambientale, ricchi di vegetazione e di uccelli che vi nidificano: il tufetto, la gallinella d’acqua, la folaga, il cannaiolo e tanti altri.
Villa Pepoli, detta “El Palazzon”, un grande palazzo del XVI secolo, appare particolarmente affascinante per il suo salone d’onore con pregiati stucchi a corona: un’emozione grande sostare a rimirarlo immaginando le feste dei tempi andati. Non meno apprezzabili, poi, i sotterranei sapientemente restaurati e la bellissima scala a chiocciola che porta ai piani alti.
Due storie molto diverse ma complementari: i primi legati alla pace e alla tranquillità della campagna, il secondo alla vita e alla gente di questo paese.

Quali sono, a suo dire, i simboli che meglio rappresentano l’essenza della città?
Per me sono due i simboli della città: il primo è rappresentato dalle vecchie corti rurali ed il secondo è incarnato da una persona, il compianto Prof. Nicola Badaloni.
Le corti rurali a Trecenta sono spesso piccoli borghi, alcuni addirittura con chiesa e scuola.
Piccole comunità che lavoravano la terra e vivevano insieme, dove il forno era per tutti, il pozzo per tutti e l’aia con le Barchesse comuni (edifici rurali di servizio, tipici del [Veneto], ndr). Un piccolo mondo antico adesso scomparso, ma che ha lasciato sul territorio tutti i suoi ricordi e le sue strutture (spesso purtroppo in cattivo stato o addirittura abbandonate), pronte a ricordarci chi siamo e da dove veniamo.
Il Prof. Nicola Badaloni, invece, è forse la persona più conosciuta e amata del paese. Medico proveniente da Recanati – città con la quale il paese è gemellato – ha passato la sua vita a Trecenta aiutando la povera gente sia con le cure mediche ma soprattutto con tutto quello che poteva fare per loro.
Diventato senatore della Repubblica ha continuato ad aiutare i trecentani, morendo povero nel 1945. Un esempio illuminante di solidarietà e di amore verso il prossimo che spesso non viene seguito.

Castello di Sariano

Castello di Sariano

Un forestiero le si avvicina per strada e le chiede un suggerimento per un itinerario turistico cittadino. Dove lo indirizza?
Per prima cosa gli suggerirei di prendere una bicicletta, il modo migliore per godere dei luoghi e dei monumenti del paese. Poi via, si parte dal castello di Sariano, frazione di Trecenta, per visitare di seguito anche la piccola chiesa e seguendo le vie interne si arriva alla zona dei “Gorghi”. Questi specchi d’acqua offrono panorami da cartolina. Costeggiandoli si arriva verso il paese e al possente impianto del “Palazzon” con la gigantesca aia e le Barchesse.
Da qui passando accanto al Palazzo Bellini, ora istituto scolastico, si arriva alle piazze Marconi e Garibaldi con Villa Trebbi, sede municipale, il Teatro Comunale, la torre civica e la colonna della Libertà.
Proseguendo si arriva alla terza piazza del paese, Piazza San Giorgio, con la bella facciata della chiesa Parrocchiale e il monumento dedicato al Santo.
Ci sono tante altre cose da vedere e se uno ha tempo gli suggerirei altri due percorsi: quello delle case rurali nelle campagne attorno al paese, espressione della passata vita contadina, un mondo semi-abbandonato capace di offrire suggestioni particolari, nonché quello più “spirituale” delle tante chiese e cappelle che sul territorio rappresentano l’espressione della fede di tante generazioni.

Qual è un motivo per cui andar fiero di vivere in questa città e quale, invece, uno per cui non esserlo?
Esistono diversi validi motivi per apprezzare questo paese: la sua storia, anche se in parte sconosciuta agli stessi suoi abitanti, la tranquillità che si respira, la bellezza della campagna ancora fortunatamente rispettata, la vivacità delle tante associazioni di volontariato.
L’altra faccia della medaglia è tipica dei paesi rurali: popolazione piuttosto anziana, poche opportunità di lavoro, infrastrutture modeste, approccio alla cultura e alle sue espressioni talvolta condito da indifferenza. Se poi penso anche e soprattutto a chi è costretto a vivere nei palazzoni delle grandi città, nel traffico quotidiano e nella confusione, allora guardo il mio paese con altri occhi e tutto sommato mi sento fortunato.

Qual è il suo ricordo personale più bello legato alla città?
Forse la cosa che ricordo con più piacere e grande nostalgia sono i tempi della scuola.
Io sono nato fuori paese, in una borgata di nome Berguarina.
A quei tempi, oltre cinquanta anni fa, un piccolo mondo chiuso in se stesso, a due chilometri dal centro. Fanno sorridere due chilometri adesso, ma per me, piccolo ragazzino, farli in bicicletta o a piedi d’inverno e su strada sterrata sembravano piuttosto lunghi.
Il paese appariva lontano, la chiesa dominava la piazza e la scuola era grandissima. Ricordo il timore che avevo a percorrere quelle strade e la soddisfazione quando mia mamma mi permetteva di comperarmi un panino con l’uvetta al forno da “Pacin”. Alla scuola c’era un cortile gigantesco per giocare, aule ordinate, la cioccolata che veniva servita all’ora della merenda. Per tanti di noi che non avevamo molto una vera benedizione.
Un altro mondo, sicuramente più povero, ma forse molto più solidale di questo e a cui mi sento ancora adesso legato.

(Foto Castello di Sariano di Luca Rigato)

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3 commenti a “Natura e storia all’ombra del “Palazzon””

  1. Luca Rigato scrive:

    Un articolo meraviglioso per chi, come me, ha potuto vivere questi luoghi. Il mio luogo preferito? Corte Dossi, uno degli esempi più imponenti e meglio conservati della vecchia cività contadina nel Veneto.

  2. francesco5177 scrive:

    sono sempre stato attratto da questi posti…. castelli,paesini con vecchie tradizioni etc,etc…

  3. michele deso scrive:

    Stupendo questo articolo,ho scoperto Trecenta per caso e me ne sono subito innamorato,e’ un luogo che mi fa’ sognare e pensare al mondo che fu’,piu’ povero sicuramente,ma anche decisamente piu’ sano.Tutto il paese ha un aria magica,serena,le persone sono cordiali e ospitali,consiglio a tutti di farci visita.Complimenti!!!
    Michele Deso-Torino

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