23 Giugno 2008

Barbaresco, terra di regine

di Lorenzo Rulfo (Blog Barbaresco. Racconti di Viaggio)

Barbaresco, terra di regineLa signora ha novantasette anni, ma pare sia viva da sempre. Il suo nome è Clotilde, mi dice fiera: “Chiedi, chiedi in giro, qui a Barbaresco mi conoscono tutti.” Si perché, qui, sono nati suo padre, e il padre di suo padre, e così via indietro per molte, troppe generazioni. Rimarrei ad ascoltare ore la storia di queste terre, ma più ancora mi affascinano i gradini che portano al castello. “Qui – prosegue lei – fino a qualche anno fa tutti i vecchi si sedevano per raccontare storie, noi siamo quelli delle storie”. E in un’epoca dove le storie sono state rimpiazzate dalla cronaca rosa, dalla mondanità e dalla televisione fa certamente effetto parlare con lei. E’ figlia e moglie, nonché madre, di grandi viticultori, mi confessa di essere una regina.

Una regina?” le chiedo stupito e divertito. “Certo, noi qui non facciamo vino, noi facciamo il Barbaresco. Conosci la differenza?” Vorrei sprofondare, quindi non confesso di essere astemio. La guardo negli occhi profondi e scavati di chi ha visto le guerre, di chi c’era prima delle guerre. Prima ancora del solo pensiero delle guerre. “Non conosco la differenza. So che è un vino molto pregiato.” Sorride per l’ennesima volta, bonaria, come una madre al figlio. “Si, è pregiato. E’ il vino delle regine.” Capisco l’allusione di prima e per la prima volta la vedo come una vecchia regina che si vanta del suo regno: il vino. “Solo quattro paesi fanno Barbaresco, – prosegue - non molti considerando che è un vino famoso dappertutto. Però di una cosa sono sicura, tu ferma una persona qualsiasi, a caso, fra tutte quelle che vedi qui, e sta certo che fermerai uno per cui il Barbaresco non è un vino, ma tutta la propria vita.”

Poi guarda l’orologio del campanile, capisco dalla sua espressione che si è fermata troppo a parlare con me, per scusarsi mi invita a cena, ma non posso accettare, vorrei, ma non posso. Così la ringrazio baciandole la fronte in segno di rispetto e mi allontano lasciandola alla sua vita. Una vita che si ripete ciclicamente ma con amore da quando è diventata donna. Già lontano, la sua voce mi raggiunge “Vai a Barolo, lì ho un fratello. Completerai il tuo racconto”. Mi dirigo verso la macchina, un ragazzino ride. Mi fermo. Mi guarda. “Non devi ascoltarla quella, non lo vedi che è matta?”. Pondero tra cose da fare e cose da non fare, frasi da dire e frasi da non dire. Vorrei umiliarlo. Ma vedo che è ubriaco. E capisco ancora una volta, quello che ha in corpo non è Barbaresco, è alcol, qualsiasi alcol sia. E’ la forzatura dei giovani che vogliono evadere, in un modo o nell’altro, dal destino a cui sono assegnati a forza, quello di fare vino. E l’unico modo che hanno per uscirne, ironia della sorte, è il vino stesso ma senza arte, senza palato. E’ il vino come arma.

Riabbraccio la coscienza, non dirò nulla a quel ragazzo, non oggi comunque. Porterò con me le parole di una regina, fino a Barolo.

  • Segnala su: Inserisci nei preferiti del.icio.us segnalo OKNOtizie Google YahooMyWeb Facebook Technorati

Scrivi un commento

Per inviare un commento devi fare il login.

Articoli nei Comuni Vicini: Neive (1), Alba (2), Govone (1)