13 Settembre 2008

Lucinasco, luoghi della memoria

di Lorenzo Rulfo (Blog Lucinasco. Racconti di Viaggio)

LucinascoIl vecchio magazzino di Chiomonte è ora completamente vuoto, gli scaffali smontati giacciono a terra in attesa che qualcuno li porti via. Guardo mio padre con perle di sudore che scendono dalla fronte e gli occhi di chi si aspetta qualcosa. Mi stringe a sé come per ringraziarmi, ben sapendo che la parola grazie non uscirà mai dalla sua bocca. Allenta la stretta e mi spinge, dolcemente, verso fuori.

Raggiunta la camera d’albergo facciamo una doccia e siamo pronti per partire. Ora c’è luce, il giorno non si è ancora spento ed il Rocciamelone si vede indistinto, bello, con le sue cascate e le distese di pietra. Finiamo di vestirci velocemente, c’è ancora tempo per partire, per raggiungere un posto diverso così come dalla sua promessa di ieri.

Mi devi portare a Lucinasco, ti ricordi?” Mi guarda serio, dall’espressione del volto compare serenità. “In realtà ti ho promesso di parlarti di Lucinasco, mai di portatrici”. “No, questo non è vero, non è giusto. Era sottointeso.” Sorride ancora ed esce dalla stanza. Sono deluso, speravo di continuare con lui questo viaggio. Ma la delusione dura poco, ecco due colpi di clacson dalla finestra. E un grido: “Allora, ci muoviamo, Lucinasco non è dietro l’angolo”. Sorrido e raggiungo la macchina.

Una volta in viaggio comincio con le mie domande. “Allora, è un altro luogo della tua infanzia?” “No, l’ho iniziato a frequentare recentemente, da un paio d’anni.” “E dove si trova?” “In Liguria, provincia di Imperia”. La macchina sfreccia veloce. “Vedrai, ti piacerà. Ti portò a mangiare in Osteria. Sai, è piena di tedeschi.” “Perché tedeschi?” “Perché a Lucinasco hanno scoperto i sapori della cucina povera. Così la sera si ritrovano davanti a semplici trofie al pesto e bevono…” Lo interrompo: “Birra!”. “No, ti sembrerà strano, lì bevono vino. Il Vermentino o l’Ormeasco. “

Proseguiamo ora su una strada tortuosa, ombrata da argentei olivi secolari. Nelle narici si fanno strada odori meravigliosi, è il profumo del foglio d’olivo. “Sei sicuro che sia la strada giusta?” Mi guarda orgoglioso. “Si, è questa.” “Ed è l’unica strada?” “Diciamo che a Lucinasco non ci capiti per caso, devi proprio volerci andare. Vedi tutti questi alberi? Questa è l’economia del paese, i pochi produttori di olio riescono attraverso questi frutti a regalarci alcuni fra gli oli più buoni della valle.”

Parliamo a lungo, nemmeno mi rendo conto che abbiamo raggiunto il centrò del paese. Lucinasco è piccola, ma nella mia mente l’avevo immaginata più grande. Non so perché. Eppure è meravigliosa, tutti i comuni adiacenti, lontani anche decine di chilometri paiono confessarsi, ora, al buio della sera, a noi. Alle spalle montagne bianche, innevate, come un dipinto o uno di quei ricordi descritti sapientemente dai vecchi smaniosi di raccontare. Case grigie e rosa con poche piante di pomodori nell’orto, bietole e boraggine; e dove non mancano due piantine di crisantemi che serviranno ad onorare i morti nel mese di novembre. Dove la boraggine diventa il povero ma gustoso ripieno per deliziosi agnolotti e assieme al coniglio alla ligure si completa l’offerta della cucina povera delle vallate a ridosso del mare. E anche dal mare l’unico piatto che arriva sono le sarde: qui vengono riempite di pan pesto e prezzemolo e fritte nel delizioso olio spremuto a freddo dall’oliva taggiasca.

Abbraccio il mio vecchio e sorrido. Questi sono i luoghi della memoria.

(Foto di Lorenzo Rulfo in Pubblico Dominio)

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