17 Dicembre 2008

La “cuccìa” di Santa Lucia

di Maria Salerno (Blog Palermo. Alla Scoperta della nostra Italia)

Tra le feste più care alla tradizione popolare di Palermo ritroviamo senz’altro quella di Santa Lucia, celebrata il 13 dicembre. In questa giornata dalla tavola sono banditi pane, pasta e ogni altro derivato del frumento.

Tale usanza, da sempre devotamente osservata dal popolo panormita, affonda le proprie radici nella leggenda secondo cui nel 1646 un grosso carico di frumento, proprio nella giornata dedicata alla santa, sarebbe miracolosamente approdato alla Cala - l’antico porto della città - salvando la popolazione dalla terribile carestia che si era abbattuta su Palermo.
La gente estremamente provata dalla fame, di fronte al provvidenziale dono, non attese certo che il grano venisse macinato e ridotto in farina, ma lo mise a bollire e lo mangiò intero.

Che si tratti di storia o di pura fantasia da quel momento, alla devozione della santa, si è affiancata l’usanza di mangiare la cuccìa: piatto a base di grano bollito, in origine unico ingrediente, condito con olio e sale.
Il termine deriva da “cocciu“, che in dialetto siciliano vuol dire per chicco, o dal verbo “cuccìare” cioè sgranare.
Oggi ne esistono golose varianti, come quella al cioccolato oppure alla ricotta.
A differenza di molte celebrazioni che contemplano l’uso privato e domestico di piatti tradizionali, la cuccìa al contrario va regalata ad amici, parenti e vicini di casa.

Se questa è d’obbligo per festeggiare la santa, un altro alimento che il 13 dicembre viene consumato come alternativa alla farina è il riso.
Il veto di mangiare pasta e pane, infatti, non deve erroneamente indurre a pensare a una giornata celebrata all’insegna della frugalità. Sformati, risotti, timballi e soprattutto le immancabili arancine rappresentano la vera essenza della festa di Santa Lucia nel capoluogo siciliano.

I bar ne sfornano a migliaia quel giorno, ma i più temerari le preparano a casa.
“Al bar? Scherzi, le faccio io con le mie mani!”: esclama l’autentica casalinga “made in Palermo”, trasformando la propria cucina in un campo di battaglia già dalla sera prima.
Già, perché il riso va fatto bollire e poi lasciato riposare in pentola, successivamente condito con burro o ragù - a secondo dei gusti - e, infine, modellato in palline della grandezza di una boccia da affogare nell’olio bollente.

Poco importa se quel delizioso odore tipico da rosticceria abbandonerà le mura domestiche solo a Natale, se va bene: le tradizioni vanno rispettate e le arancine di Santa Lucia amorevolmente preparate dalla donna di casa sono ben altra cosa!

Il fatidico giorno: a una dolce colazione a base di cuccìa seguirà un pranzo a base di arancine; a cena, per gradire, sformato di patate o in alternativa abbuffata di panelle, anche queste - inutile sottolinearlo - rigorosamente fritte!

Certo che se l’intenzione è quella di esorcizzare una volta per tutte il triste ricordo della fame e della carestia che colpì Palermo e da cui tutto ha avuto origine, a fine giornata, possiamo considerare l’obiettivo perfettamente raggiunto!

(Foto di Ai@ce in licenza Creative Commons)

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