22 Gennaio 2009

Un Valzer a Valpelline

di Valentina Cavaliere (Blog Valpelline. Racconti di Viaggio)

Un po’ di tempo fa a casa di un amico, rovistando un po’ curiosa e maleducata tra le sue cose, ritrovai un vecchio album fotografico. Gli chiesi dove avesse scattato quelle foto così belle, dove si distinguevano nitide le immagini di una valle, splendida dal verde intenso, dalle mille sfumature e forme, al cui centro vi erano posizionate qua e là casette di montagna, con tetti color dell’arancio e sentieri armoniosi che, sviluppandosi lungo tutta la valle, pareva componessero un sinuoso valzer con la signora natura, artefice di tanta bellezza. Rapita da quelle immagini magnetiche non ascoltai nemmeno la risposta!

Monti in Valpelline

Monti in Valpelline

Seppi, in seguito, che si trattava di Valpelline. Un piccolo comune a dodici chilometri da Aosta. Non ne avevo mai sentito parlare e me ne meravigliai tanto. Quel paesaggio era così imponente e bello…
Decisi che sarebbe stata la mia prossima tappa.

Appena possibile, con amica al seguito, mi recai su in Valle d’Aosta. Ero decisa ad immortalare lo splendido panorama visto solo sulla carta. Dalla mia macchina fotografica cominciai a rubare pezzetti di Valpelline, quei monti così alti e bianchi.
Le corse fatte su quei ripidi sentieri, quelle emozioni così forti provate non le dimenticherò mai più! Guai a farlo; meglio dimenticare il proprio nome, piuttosto che perdere nella testa quel dono della natura.

Mi imposi di imprimere nella memoria  il sole di quelle cime ammirato mentre con il cuore mi batteva a mille, chissà se per la fatica o per la gioia. Ma in fondo cosa importava, in quei momenti mi sentivo incredibilmente viva e ringraziavo Dio per essere lì, sperando di rivivere al più presto quelle sensazioni incomparabili. In quel momento non ero più una persona tra le tante, confusa in mezzo alla folla, ma una privilegiata, speciale ed unica.
Un prescelta per apprezzare ciò che davanti ai miei occhi si mostrava perfetto.

L’entusiasmo che mi assalì d’improvviso mi condusse per istinto più giù, nel centro della città.
Nel piccolo borgo. E da lì cominciai anche io a muovermi secondo quell’armoniosa danza, in lungo e in largo tra le acque limpide del Buthier o tra le vigne delle campagne che distillano il buon vino bianco famoso in tutta la regione. Con Sara, la mia amica, passeggiai per molto tempo nel centro di Valpelline. Ero felice di incontrare la sua gente,  quei volti così dolci e stanchi che nascondevano anni di duro lavoro nei campi ma anche tanto amore per quella natura, talvolta ostile e fredda ma talmente affascinate che le si può perdonare tutto.
Quei visi sembravano identici a quelli ritratti sulle foto antiche, quelle che tutti noi conserviamo nei bauletti, per intenderci e che riportano immagini di lontani parenti in divisa o anziane nonne indaffarate nelle proprie cucine.

In strada anche io perdonai la natura per quel freddo pungente. Le perdonai anche io il naso rosso e la mani infreddolite. Per riscaldarci ci barricammo in una tavernetta del centro e gustammo la famosa  “Seupa à la Valpeleneste”, piatto tipico di Valpelline. Era buonissima! Restammo rifugiate per molto tempo. Il camino al centro della sala era magnetico e le voci in sottofondo, di compagnia e così allegre ci distraevano un po’ dalla solitudine del viaggio.

Il fiume Buthier a Valpelline

Il fiume Buthier a Valpelline

Il giorno stava finendo. Riuscimmo, però, a visitare la Parrocchia di San Pantalone, la Chiesa più importante creata in onore del Santo Patrono. L’interno lo trovammo molto grande, si capiva dagli arredi che lo stile era quello tipico del Settecento, ma ciò che colpì la mia attenzione furono le colonne esterne, interamente costruite in pietra, quella famosa da cui deriva anche il nome antico della città.

Visitammo successivamente la Tornalla, altro antico edificio del comune, nato nel lontano 1400. Anche questo era interamente costruito in pietra; la sua peculiarità era rappresentata da una particolarissima scala a chiocciola. Il tempo ormai era terminato. Nel mio cuore avvertivo un misto di soddisfazione e dispiacere.

Non volevo lasciare quel luogo così bello, ma almeno sapevo di portare a casa qualche frammento di Valpelline, custodito nella macchina fotografica trasformatasi per l’occasione in un preziosissimo scrigno di tesori.

(Foto di madmartigand e di roberto.roux in Licenza Creative Commons)

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