20 Marzo 2009

Un paese diviso fra spiritualità e antichi sogni di gloria

di Maria Salerno (Blog Caccamo. Alla Scoperta della nostra Italia)

Caccamo - castello

Caccamo - castello

La sensazione -  arrivandovi dalla città - è quella di stare percorrendo strade davvero poco avvezze al traffico veicolare dove, se si lascia annegare lo sguardo in un mare di verde, si può ancora scorgere un gregge condotto da un pastore o una vanga che dissoda la terra guidata dalla sapiente bracciata di un contadino. Scene quasi d’altri tempi, ancora attuali in un paese come Caccamo, in provincia di Palermo, che sembra essersi fermato al secolo scorso.

Noi – sulle prime - l’abbiamo osservato da un’altura, quella del Monte San Calogero (da qualche anno riserva naturale orientata) che domina tutto il paesaggio caccamese e, inerpicandoci per i sentieri boscosi, ci siamo sentiti un po’ come i seguaci di San Calogero da cui la montagna prende il nome: gli asceti che in tempi remoti avevano trovato rifugio in questo luogo ameno e che, nel silenzio e nella solitudine, avevano trovato e coltivato la loro spiritualità.

Caccamo, nota ai più unicamente per il suo castello medievale, possiede un patrimonio naturalistico tra i più ricchi della regione. Non tesori nascosti da scoprire, ma spettacoli meravigliosi a cui è possibile assistere semplicemente imboccando un sentiero: una volpe che ci guarda attonita per poi sparire nella fitta boscaglia o, dalla cima di una collina, sollevare lo sguardo e seguire il volo di una superba aquila reale.

Arrivati in paese veniamo subito dirottati in quello che gli abitanti chiamano ‘u chiano a Matrici che indica la piazza cittadina che si sviluppa su due livelli: nel primo, il più elevato, è possibile ammirare due chiese, quella detta delle Anime Sante del Purgatorio e quella dell’Oratorio oltre all’ex Monte di Pietà, uno dei pochi esempi di architettura civile caccamese. Da qui, affacciandosi come su una terrazza scorgiamo il Duomo dedicato a San Giorgio (datato 1090).

Dalle stradine tutt’intorno promana il gusto tutto medievale di un paese dalle antiche e nobili origini. Se chiudiamo gli occhi per un istante, infatti, siamo quasi in grado di sentire il rumore delle battaglie condotte dai fieri baroni siciliani undici secoli or sono, in nome della libertà dal normanno dominio.

La città però non è stata solo terra di dame e cavalieri, ma anche di arti, mestieri e tradizioni popolari, testimoniate ancora oggi da preziosi lavori artigianali: dai tessuti al legno, dai metalli ai giunchi.
Oggetti che recano tracce evidenti di un’arte sapiente che si è tramandata da padre in figlio fino ai giorni nostri e che consente al piccolo centro siciliano di vivere ancora del lustro delle sue antiche tradizioni.

Prima di andare via non possiamo non fare visita all’imponente maniero che si eleva a più rampe su una rupe, da cui sembra essere dominata l’intera vita della comunità e che ne è il simbolo.

Il castello negli anni ha subito svariate modifiche, ma la sua edificazione viene fatta risalire all’undicesimo secolo. Come vuole la migliore tradizione, anche questo Castello pare essere abitato dai fantasmi (più di una leggenda ne parla e c’è chi giura di averli pure sentiti!), ma nella nostra visita, in verità, non ci è parso di incontrarne.
Tuttavia, calpestando l’ampio pavimento del salone della congiura (dove pare che i nobili baroni siciliani abbiano ordito il tradimento ai danni di Guglielmo il Malo) o scendendo nelle carceri le cui mura recano ancora i graffiti dei prigionieri, più di una volta ci è parso di udire sinistri lamenti.
Potere della suggestione? Chi può dirlo!

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