Nel centro abitato di Cimitile, cittadina a pochi chilometri da Nola, sorge un magnifico complesso di basiliche paleocristiane tra i più importanti del Mezzogiorno d’Italia, prestigiosa testimonianza degli albori dell’architettura e dell’arte cristiana.
L’area monumentale, nella quale oggi si distinguono sette edifici sacri di varie dimensioni, ebbe origine prima di Cristo, quando gli abitanti di Nola costruirono nella zona una grande necropoli pagana.
Questo coemeterium era il sito sepolcrale della Nola romana e vide la costruzione di tombe di molti tipi diversi, dai grandi mausolei alle semplici formae, sepolture a terra realizzate in mattoni. La necropoli si sviluppò e venne affiancata da una strada consolare, la via Popilia, che costeggiava i suoi edifici.
Il nome dell’antico Cimiterium si trasformò, col tempo, in Cimitino e poi nell’odierno Cimitile.
Con l’avvento del Cristianesimo, sulle tombe iniziarono ad apparire i simboli della nuova fede come il melograno, il pesce, il tralcio di vite, la colomba col ramoscello d’ulivo e il Buon Pastore.
Qui venne sepolto, nel III secolo, in un giardino tra i mausolei della necropoli, Felice, primo vescovo di Nola di origine siriana morto in odore di santità. Sulla sua tomba i nolani eressero una basilica, la cosiddetta Basilica vetus, che divenne presto un importante luogo di culto, meta di pellegrini provenienti da tutto l’occidente cristiano, grazie alla fama dei miracoli lì avvenuti.
Il santuario raggiunse il suo massimo splendore a partire dal 394, quando Meropio Ponzio Anicio Paolino (meglio noto come San Paolino di Nola), ricco senatore romano, nonché poeta originario di Burdigala (attuale Bordeaux) in Gallia, vi si ritirò come monaco stabilendosi presso la tomba del santo.
Qui egli commissionò a sue spese il restauro degli edifici preesistenti, fece edificare una chiesa (la Basilica nova, collegata alla vetus), un ospizio per pellegrini e vi insediò un monasterium, ossia una comunità di monaci, con un secolo di anticipo su San Benedetto.
Nel 409 diventò vescovo di Nola e qui visse fino alla sua morte avvenuta nel 431, trovando venerata sepoltura accanto alla tomba di San Felice.
Attorno all’antica basilica sorsero, nel corso degli anni, altri sei edifici, dedicati ai santi Stefano, Giovanni, Tommaso, Calionio, ai Martiri e alla Madonna degli Angeli.
Il complesso, che assunse l’aspetto di una città santa, subì notevoli danni già nel corso del V secolo a causa di una violenta eruzione del Vesuvio, di ripetute alluvioni e delle invasioni barbariche: nel 410 Nola venne saccheggiata da Alarico, re dei Goti, poi arrivarono i Vandali e i Longobardi.
Il santuario venne completamente distrutto, le reliquie di San Paolino e San Felice vennero trafugate e la città stessa di Nola scomparve dalle mappe. I pellegrini, però, continuavano ad arrivare.
Nell’alto medioevo intorno al santuario si sviluppò il villaggio di Cimitile, dove i nolani continuarono a deporre le spoglie dei loro vescovi. Nei secoli che seguirono furono intrapresi dei restauri, che però proseguirono solo sporadicamente.
La basilica di San Felice fu cattedrale di Nola fino alla fine del Trecento quando, dopo il trasferimento della sede vescovile nella città, passò a rango di parrocchia. Rappresenta il fulcro dell’intero complesso essendo, insieme alla basilica dei SS. Martiri, risalente al III secolo e dunque la più antica.
Essa è costituita da due absidi contrapposte e da un’edicola mosaicata che con le sue quattro pareti, ognuna con tre archi sostenuti da colonne e capitelli di reimpiego, racchiude come un recinto la tomba di San Felice.
Questa consiste in un piccolo mausoleo quadrato protetto da una lastra di marmo raffigurante il Buon Pastore e con due fori, mediante i quali i fedeli usavano cospargere di profumo la tomba e ne traevano unguenti resi salutari dal contatto con le spoglie del santo.
Accanto ad essa vi è la tomba di San Paolino, di sua moglie Terasia ed altre tombe episcopali.
Negli anni 1931-36 furono intrapresi, sotto la direzione dell’architetto Gino Chierici, allora Soprintendente ai Monumenti della Campania, notevoli interventi di scavo e restauro che, volti al recupero delle strutture originarie, eliminarono molte testimonianze di età post classica.
Nel maggio del 1992 papa Giovanni Paolo II si recò, in veste di pellegrino, presso il santuario e, raccogliendosi in preghiera sulla tomba di San Felice, riportò l’attenzione del mondo cristiano sulla “città santa” di Cimitile, al centro da ventidue secoli della vicenda storica dell’area nolana.
Con gli interventi attuati in vista del Giubileo del 2000 il sito archeologico, riaperto alle visite dopo un lungo periodo di chiusura, è stato dotato di importanti servizi aggiuntivi (biglietteria, book-shop, bar), che ne hanno consentito una migliore fruizione.
E’ stato, inoltre, inaugurato un interessante Antiquarium con lo scopo di conservare ed esporre, in ordine cronologico, i reperti provenienti dagli scavi e dalle basiliche. Ospitata nei sotterranei della navata centrale di San Felice, la raccolta comprende reperti di età romana, paleocristiana, medioevale e post medioevale - un tempo dislocati nell’area archeologica - che documentano le vicende del complesso.
Tra i pezzi più significativi vanno segnalati un’urna cineraria in marmo traslucido del I-II secolo d.C. reimpiegata nel Seicento come fonte battesimale e un sarcofago raffigurante il mito di Endimione e Selene del III secolo d.C.
Il Soprintendente Raffaello Causa, successore del Chierici, ha osservato: “Un millennio di arte cristiana è a Cimitile: il più complesso e vario museo d’arte paleocristiana, bizantina, barbarica e romanica conservato in Campania”.
Dopo aver visitato le basiliche non è difficile essere d’accordo con lui.
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