10 Marzo 2009

Al Becco della Civetta

di Alessio Postiglione (Blog Castelmezzano. Interviste Ristoranti)

Ci risponde Antonietta del Ristorante - Albergo Al Becco della Civetta di Castelmezzano.

Al “Becco della Civetta”. Si riferisce alle montagne?
Sì. E’ la bellissima vetta sulla quale sorge il paese. Nel cuore delle Dolomiti Lucane. Basta uno sguardo alla vetta - aguzza - per comprenderne il nome.
Dalla basentana tu vedi solo la montagna. Il paese - non a caso parte dei borghi più belli d’Italia - è un grappolo di case completamente avvolto e nascosto dalla montagna. Fin quando non lo raggiungi, non credi neanche possa esistere un abitato lì!
Difatti, Castelmezzano fu fondato nel X secolo dagli abitanti di Mandoro che fuggivano le scorrerie arabe che impazzavano a valle. L’idea fu quella di creare un “borgo invisibile” agli occhi di chi si trovava in basso. Mentre da qua, con occhi di falco - o meglio, di civetta! - era possibile ispezionare il fondovalle.
In cima ad uno sperone, infatti, ancora rimangono le rovine della fortezza normanna nascosta che vigilava verso il Basento. La strada che conduce alla rocca è una scala scolpita nella roccia, ancora perfettamente visibile.

Qual è il valore aggiunto del territorio in ambito gastronomico?
Il valore aggiunto gastronomico coincide con il “plus” ambientale di Castelmezzano. Queste montagne hanno conservato un patrimonio unico. Difatti qui crescono una serie di erbe spontanee di grande interesse scientifico - ma anche gastronomico! -, tanto che sono venute a studiarle i ricercatori di una università di botanica di Londra. L’utilizzo di queste erbe è stato messo in relazione con la vita media, qui più lunga rispetto alla media nazionale, e si è scoperto che si tratta di erbe ricche di polifenoli.
Inoltre, i ricercatori hanno individuato delle specie uniche o molto rare: ad esempio qui è stata individuata la triplex ortensia, una specie di bieta che si credeva estinta nel Quattrocento, e che cresce solo qui e vicino ad Ancona. Anticamente era “il cibo del villano” e noi la utilizziamo per farne frittate, focacce o pasta.
Allo stesso modo, a Castelmezzano, cresce il rafano e siamo l’unico posto al Sud dove si utilizza. Sono state, inoltre, trovate altre specie rare di primule. Anche in questo caso proponiamo una misticanza di bosco e sottobosco con primule assolutamente da provare. L’altro utilizzo che facciamo di queste erbe è nelle frittate.

Castelmezzano, un posto magico.
Assolutamente. D’altronde, Castelmezzano è “una città dei templari“. Il borgo era, infatti, una magione templare, forse a seguito di alcuni crociati che partirono da qui. I cavalieri sono raffigurati sul gonfalone e, per tutto il paese, sono disseminati simboli esoterici.
Nella chiesa di Santa Maria dell’Olmo, infatti, sono state trovate delle croci di Malta e molti altri simboli che ricordano i culti dei templari. Come la famosa Madonna della Stella Mattutina, che è rinchiusa entro tre antiche cornici che rimandano ad una simbologia legata alla cabala e alla numerologia medievale.
Un’importante dimostrazione della presenza di grandi comunità di Templari, qui in Basilicata, è avvalorata da uno sconvolgente ritrovamento ad Acerenza, poco tempo fa.

Ci dica di più.
E’ stato ritrovato un ritratto di Leonardo da Vinci. Per ora, gli studiosi hanno inviato la tavola a Firenze affinché la si studi. Non è chiaro se si tratta di un autoritratto o di un’opera di un leonardesco. Il ritrovamento, però, è avvenuto presso la dimora di un appartenente all’Ordine dei Templari. Il ritrovamento, quindi, avvalorerebbe le tesi di chi sosteneva che Leonardo scese qui al Sud, dove era forte la presenza franco-templare, per studiare la geometria aurea custodita dai Templari; che ritenevano di poter leggere nella natura la mano di un “un grande architetto”.
Queste influenze orientali, inoltre, sopravvivono anche nella nostra cucina! Da noi si mangia un dolce preparato con origano e miele, un abbinamento sconosciuto in Italia.

Di che dolce si tratta?
Si chiamano crestl, in dialetto. Diciamo crostole, in italiano: sono l’antico dolce nuziale. Qui da noi, invece, è uno dei miei piatti forti. Lo propongo ogni giorno.
Anticamente, quando lo sposo si recava presso la famiglia della sposa, scattava nell’intero paese una vera e propria gara di solidarietà. Le donne rompevano almeno 300 uova.
Impastavano uova e farina e ne ricavavano delle striscioline che, poi, si montavano al fine di ottenere delle rosette che venivano fritte e condite con origano e miele. Le crostole venivano diffuse ed offerte a tutta la contrada. Il matrimonio era un vero e proprio rito comunitario. Il paese era l’unico orizzonte per i propri abitanti.
Lei deve pensare che, da un lato le strade erano - e sono - assolutamente insufficienti. Dall’altro, tutti i paesi della zona sono situati su pizzi di montagna. I tempi di viaggio e la comunicazione erano assolutamente proibitivi. Pensi che il dialetto che si parla nel paese di fronte, Pietrapertosa, è completamente diverso dal nostro. Una prova che le nostre società tradizionali erano assolutamente isolate.
Ma il tempo è galantuomo. Molti meridionalisti hanno spesso puntato sul carattere isolato dei nostri paesi per motivare lo stato di mancato sviluppo economico della Basilicata. Oggi, quello che un tempo era il limite, può diventare il valore aggiunto: il fatto, cioè, che i paesini della Basilicata hanno conservato intatti usi, costumi e tradizioni del passato. Non solo ortensie!

Quali sono le altre vostre proposte gastronomiche che incarnano l’anima di Castelmezzano?
Agnello, salumi, formaggi. La carne podolica. Le paste fatte con le farine povere: perché qua non c’era neanche grano a sufficienza. Come le lagane fatte con farina di castagne, legumi, avena. A Chiaromonte utilizzavano anche il mischiglio (farina composta da ceci, orzo, semola di grano duro e fave, N.d.R.) per i cavatelli!
Noi offriamo molti piatti tradizionali, oltre ad alcuni piatti più creativi.

Il “suo” dolce. Oltre le crostole, s’intende!
Vado molto fiera della mousse di ricotta in salsa d’arancia.

Qual è il piatto simbolo di Castelmezzano?
Agnello arraganato.

Cosa troverà il turista a Castelmezzano?
Io dico che qua si viene ad incontrare se stessi. E’ un pellegrinaggio dell’anima. D’inverno, con tutta la neve che c’è, ogni suono è ovattato, magico. Poi, d’estate, il borgo si trasforma.
Soprattutto da quando hanno aperto il “volo dell’angelo”. I due pizzi di Castelmezzano e Pietrapertosa sono messi in comunicazione da questa fune. La gente viene proiettata sul cavo a fortissima velocità. E’ un’emozione unica. Ed una attrattiva unica in Italia! Che ha portato, infatti, molti turisti. Giovani, o comunque, appassionati di avventura che vengono qui a provare l’emozione di sfrecciare sospesi fra due speroni, a strapiombo, nel vuoto.
Poi c’è tanto ambiente, come le dicevo. Vengono qui da me, spesso, anche gli ornitologi che fanno birdwatching e cercano di immortalare la cicogna nera.

Riferimenti:
Ristorante - Albergo Al Becco della Civetta
Vicolo l Maglietta, 7 - 85010 Castelmezzano (PZ)
Telefono: 0971-986.249

  • Segnala su: Inserisci nei preferiti del.icio.us segnalo OKNOtizie Google YahooMyWeb Facebook Technorati

Scrivi un commento

Per inviare un commento devi fare il login.

Articoli nei Comuni Vicini: Pietrapertosa (1), Campomaggiore (1), Cirigliano (1)