Incontriamo Laura, chef, di Fenesta Verde di Giugliano in Campania.

Quali sono i rapporti fra la vostra cucina ed il territorio?
Fenesta verdeNoi siamo qua dal 48, in pieno centro, vicino al Santuario dell’Annunziata. Siamo una memoria storica di una Giugliano che rischiava di scomparire. Siamo un presidio della memoria locale… anche se siamo nati per caso.
Il nostro comune si è profondamente trasformato. Da centro rurale, fra i principali centri agricoli della pianura campana, nel basso Volturno, fra gli anni 60 ed 80 soprattutto, Giugliano ha rischiato di trasformarsi in un centro della cintura urbana di Napoli, come tutti gli altri. Abbiamo sofferto l’urbanizzazione della provincia: si sono sviluppate le attività edili, il comune è cresciuto a dismisura attirando i pendolari che gravitano su Napoli. E’ il secondo comune più popoloso dopo il capoluogo. Va bene. Fin quando, però, non si perdono le memorie storiche di Giugliano. E soprattutto la sua tradizione agricola. L’area vanta delle tradizioni nell’ambito della produzione di materie prime e prodotti alimentari che possono convivere con lo sviluppo urbano; ma bisogna preservarle… perché qui un tempo era tutta campagna.

Sembra di sentire la via Gluck di Celentano. Insomma: si possono conciliare le due anime, quella agricola ed urbana, ma ci vuole attenzione.
Si. Esatto.

Quali sono queste produzioni storiche di Giugliano?
Giugliano è famosa per la mela annurca. Una produzione unica che risale all’epoca romana. I nostri frutteti erano i migliori. La pianura, bagnata dai Regi Lagni, era la più fertile della Campania, con le falde acquifere a pochi metri di profondità. Nella parte alta del Basso Volturno, il terreno è ideale per le famose pesche e fragole di Giugliano. Altra specialità sono i fagioli tondini. Nella bassa, sul litorale, attorno al Lago Patria, il terreno umido è perfetto per gli allevamenti bufalini, l’attività casearia è rinomata. La famosa mozzarella di Giugliano è proprio la mozzarella di Napoli, in quanto dopo di noi c’è la provincia di Caserta. Nell’attività casearia per la produzione di mozzarella, nella provincia di Napoli, siamo i primi. Dall’altra parte, verso i Monti Lattari, infatti, non si produce mozzarella ma fior di latte.

Può spiegare questa particolarità ai non campani?
Certo. Da noi la mozzarella si intende esclusivamente prodotta dal latte di bufala. Se si utilizza il latte vaccino, si parla di fior di latte.

Utilizzate sempre la mozzarella?
Dipende. Il fior di latte è squisito ed in molte preparazioni lo si preferisce. Ad esempio per imbottire le paste o le verdure. Noi utilizziamo il fior di latte di Agerola. Già ai tempi di Galeno il latte dei Monti Lattari era considerato una delizia: ed anche molto salutare. Anche se la razza Agerolese nasce dopo. Prima con i Borboni che importarono animali di diverse altre specie e fecero degli incroci fra le autoctone di ceppo Podolico con la Bruno Alpina, la Pezzata Nera Olandese e la Simmenthal. Poi, l’incrocio finale fu fatto dal generale Avitabile che, nel 1845, accoppiò l’Agerolese con una Jersey che si era portato dall’Inghilterra. Dal lavoro di selezione svolto dall’Avitabile, che era anche un abile contadino, nasce la razza attuale. E dal loro latte si ricava anche il provolone del monaco, altra specialità che serviamo fresca o a “fonduta” sulle paste.

Prima diceva che siete nati per caso. Ci spiega perchè?
Anche le origini sono una bella storia giuglianese. Nel 1948, infatti, la cantina dell’abitazione veniva usata dai vicini come rifugio antiaereo; quando venivano i vicini, Luisa preparava una minestra: e si beveva per trascorre insieme i tristi momenti della guerra. La cucina, però, piaceva sempre di più ai giuglianesi e, anche a guerra finita, venivano qua a bere e mangiare. Così nacque l’attività di ristorazione. Così rinasceva Giugliano. Da paese a città.

La vostra è una cucina tradizionale?
Si, ma anche rivisitata. Prepariamo i piatti tipici delle nostre zone, piatti poveri e di terra. Giugliano era contadina, quindi la tradizione era di terra. Ecco: prendiamo questa tradizione - che per certi versi è figlia di un dio minore in quanto quando si parla di cucina napoletana e dei campi flegrei si pensa sempre al pesce e allo spaghetto a’ vongole - e la reinterpretiamo in modo creativo.

Ci faccia degli esempi di questa cucina contadina dimenticata.
Polpette di melanzane, involtini di peperoni, la pasta e fagioli maritata, con tracchie e salsiccia, i mezzanielli allardiati, la minestra maritata, la braciole di cotica di maiale… tutti piatti della tradizione anche napoletana.

Ma rari a trovarsi! Un famoso cuoco inglese ha scritto nella sua guida che la “povera” pasta e fagioli migliore d’Italia è quella napoletana. Eppure nessun ristorante di livello vuole proporla!
Oggi, fortunatamente, il trend è cambiato. Si riscoprono con orgoglio i piatti poveri.

Quali i piatti creativi, invece?
Pasta di Gragnano ai Monti Lattari, con aglio, peperoncino, basilico, origano, pomodorini e provolone del monaco, ravioli ripieni alla zucca con salsa ricotta e noci di Sorrento, paccheri di Gragnano con zucca, salsiccia e funghi porcini, il gateau di patate imbottito di salsicce e friarielli, la parmigiana di melanzana bianca, il risotto con cozze, fiori di zucca, patate e provolone del monaco, i paccheri di Gragnano con pescatrice, melenzane, capperi e pomodorini, le fettuccine di Gragnano con basilico, pinoli, cozze e pecorino di Lauticauda, gli gnocchi di patata con vongole veraci e fiori di zucca.

Anche pesce, quindi?
La nostra anima è di terra, le dicevo. Ma il mare è ad un tiro di schioppo. D’inverno, quindi, ci concentriamo sulle proposte di terre, mentre d’estate il menù passa al pesce.

Riferimenti:
Ristorante Fenesta Verde
Via Sorbo, 1 - Giugliano in Campania (Napoli)
Telefono: 081-8941239

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