28 Marzo 2010

Un castello perso nelle Langhe

di Lorenzo Rulfo (Blog Prunetto. Racconti di Viaggio)

Castello di Prunetto

Castello di Prunetto

Viaggiavo, sulla mia macchina nera, con l’immancabile sigaretta stropicciata fra le labbra. La strada scorreva veloce sotto di me, eppure io non la vedevo, perso fra pensieri e problemi che reclamavano una soluzione; una soluzione rapida. Il festival teatrale dell’Incanto era cominciato da diversi giorni, ma il luogo della rappresentazione della sera successiva era saltato per problemi elettrici. Era un grosso guaio ed io dovevo trovare la soluzione: mi serviva un castello.

E dove lo trovo un castello? Un castello libero, che abbia voglia di ospitare uno spettacolo da un giorno all’altro: impossibile.

Il telefono era spento, per sicurezza. Tanto avrei solo ricevuto continue telefonate assillanti che non mi avrebbero certo aiutato. Dovevo pensare, trovare una soluzione alla svelta. Poi fu un attimo.

Stavo percorrendo una strada inusuale per me, dovevo arrivare a Saliceto entro dieci minuti e procedevo lasciandomi sempre più alle spalle Ceva. Alla mia sinistra un cartello stradale mi fece rallentare: era quello di Prunetto. Ricordo che qualcuno mi aveva parlato di Prunetto, di un castello, ristrutturato, affascinante (come tutti i castelli, credo).

Una malsana idea si impossessa di me, cerco di frenarla, non faccio in tempo, le mani raggiungono il volante e in meno di un secondo sto percorrendo la strada che mi porta nel centro di Prunetto.

Non so cosa mi è preso, il paesaggio è stupendo, se non fosse per quest’ansia che mi serra la gola credo che mi fermerei ad ammirarlo. La strada sale, non molto ma abbastanza per permettermi di vedere lontano, sempre di più. Salgo ancora, raggiungo le prime abitazioni, qualche negozietto, l’immancabile bottega tipica dei piccoli centri abitati. Passo una tabaccheria, del castello nessuna traccia.

Percorro ancora cento metri, un po’ deluso, convinto di avere perso solo altro tempo. Giro la macchina per tornare indietro e… lo vedo. Alto, bello, suggestivo. Mi dirigo verso di lui, sarà a poche centinaia di metri, mi arrampico sgommando sulle piccole stradine che portano alla sua porta.

Scendo dalla macchina, sorrido. Il castello è proprio davanti a me. Avevo ragione allora, esiste. Certo, non ho risolto i problemi, l’Amante di Pinter rimane senza scena, senza corte, senza palco, ma almeno sono davanti ad un’opera che ha quasi ottocento anni. Leggo la targa affissa al muro: La rocca venne costruita nel XII secolo e oggi si presenta come un blocco massiccio quadrangolare in pietra locale con un torrione circolare.

Non so bene cosa significhi, ma mi piace. Mi piace anche la parte che parla delle bifore ogivali con lo stemma dei Del Carretto, la potente famiglia che lo fece erigere e a cui dobbiamo almeno altri dieci castelli solo in Piemonte.

Un signore mi raggiunge, indossa dei guanti da lavoro e mi scruta con un sorriso. “Hai bisogno di qualcosa?”. Lo guardo bene, sembra uno storico. “Stavo solo guardando.” Non smette di fissarmi. “Ok, scusa. E’ solo che mi sembri preoccupato.

In fondo che male può farmi, è stato un viaggio inutile, ho solo perso tempo, almeno posso usarlo per sfogarmi. “Sono venuto qui per cercare un castello dove fare uno spettacolo domani sera. E ora, che sono arrivato e che ho trovato il castello, mi rendo conto che non è possibile.” “Perché?” mi risponde l’uomo. “Perché sono le sei e quaranta e dovrei trovare chi si occupa del castello, convincerlo, spiegargli, ed è un’impresa impossibile“.

Fatto, mi sono liberato. Non è cambiato nulla ma mi sono liberato. Non mi resta che prendere il telefono e chiamare l’organizzazione, dire loro che lo spettacolo salterà. Faccio per accendere il cellulare ma l’uomo, di cui mi ero quasi dimenticato, mi posa una mano sulla spalla. “Sono il sindaco del paese. Offrimi un caffè che ne parliamo.”

Prima di raggiungere il bar getto l’occhio ancora una volta sul castello, l’intuizione di raggiungere Prunetto è stata vincente, ma ora sento che non è stata mia. Il castello sembra sorridere, si, è assurdo ma sento che è stato lui a chiamarmi.

La sera dopo fu un successo, la piccola corte del castello non poteva ospitare più di sessanta persone, ma fu sufficiente a permettere allo spettacolo di andare in scena e di ricevere molti applausi.

(Foto di Laurom in licenza Creative Commons)

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