6 Novembre 2008

Sulla via del passo Fedaia

di Andrea Bonfiglio (Blog Canazei. Racconti di Viaggio)

Nel centro urbano del noto borgo trentino che porta il nome di Canazei, si snoda quella che un tempo era la strada statale delle Dolomiti. Da qui ha inizio la via – ora declassata – conosciuta in passato come statale 641 del passo Fedaia, poiché principale porta d’accesso all’omonimo valico alpino, uno dei più alti d’Italia.

Percorrere, in estate, l’estesa lingua d’asfalto che attraversa una delle principali mete nazionali del cosiddetto “turismo invernale” è un’esperienza indimenticabile. L’intensità del nero che caratterizza lo strato superficiale di catrame che giace tra le gobbe sinuose di prati straordinariamente floridi, rappresenta un elemento di contrasto assai affascinante. Il bagliore della vernice bianca – stuzzicata ad arte da un sole vigoroso – che divide le carreggiate e delimita le aree destinate all’attraversamento dei pedoni, risalta nell’oscurità del manto stradale e si allinea alla lucentezza dei pendii rocciosi delle montagne, splendidi nelle loro sfumature smaltate d’argento.

Ampie macchie scure, prodotte dai fitti boschi di conifere che compaiono alle spalle delle case, dei negozi e degli alberghi posti ai margini della via principale dell’abitato, delineano per risalto cromatico i confini delle piste sciistiche, teatri invernali di spettacoli sportivi messi in scena da appassionati di tutte le età, giunti appositamente da ogni angolo della nazione e perfino dall’estero.
Un tocco aggiuntivo di fascino ad un paesaggio dotato di un simile splendore è conferito dalla particolare grazia delle abitazioni, i cui tetti appuntiti e le cui facciate lignee – abbellite, in prossimità delle finestre, da vasi di fiori traboccanti di colore – non possono far altro che ammaliare gli increduli viandanti.

Passo Fedaia

Passo Fedaia

Lasciarsi alle spalle questo magnifico scorcio d’alta Val di Fassa per completare il tragitto d’oltre 27 chilometri che conduce alla sommità del passo Fedaia, non è cosa semplice. La generosità di Madre Natura, particolarmente magnanima in questo scorcio della provincia di Trento, è infatti difficile da dimenticare. Con un pizzico di malinconia nel cuore, però, la corsa prosegue: è pomeriggio inoltrato ed il sole sembra l’unico a divertirsi, impegnato com’è a nascondersi dietro le vette brulle dei monti.

L’auto non conosce sentimentalismi ed avanza imperterrita, zigzagando, tra i numerosi tornati che si inerpicano lungo i fianchi spigolosi delle Alpi. Dopo l’ennesima curva in salita, s’apre d’improvviso un ampio slargo: è il piazzale antistante al rifugio del passo Fedaia. Abbandonato il mezzo nel parcheggio, si scende a terra. Un vento gelido spira impietoso, conferendo ulteriore severità al vespro. La Marmolada s’erge silente, di fronte ai miei occhi arrossati dal freddo, in tutta la sua straordinaria bellezza. La suggestione offerta dai ghiacciai che si scorgono compatti, in lontananza, vale la fatica fatta per giungere fin qui.

E’ impossibile non cadere nella tentazione di estrarre dalla tasca la macchina fotografica e mettersi in posa sotto il cartello che recita: “passo Fedaia – m. s.l.m. 2054“. In un lampo, il flash immortala l’attimo fugace. La sosta poi si prolunga finché il guardo non è sazio del panorama fatto di montagne, acque gelate, nude rocce, arbusti, alberi e prati. Una visione struggente da scolpire nella memoria per non correre il rischio di dimenticare.

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