21 Gennaio 2009

La gola è arte… con Marco Marucelli

di Sara Radicia (Blog Firenze. Interviste Giornalisti)

Marco Marucelli

Marco Marucelli

Marco Marucelli, giornalista e scrittore enogastronomico, direttore della rivista BuonGustando intervistato per Comuni-Italiani.it

Come ha deciso di fare questo lavoro?
Ho sempre avuto la passione per l’enogastronomia anche quando, dopo gli studi,  mi sono occupato di marketing nel settore informatico. La mia attività mi faceva spostare spesso in lungo e in largo per l’Italia e, ogni volta, andavo a cercare locali o aziende che valorizzassero la tradizione e la gastronomia locale.
Dopo dieci anni di questa professione, mi resi conto che il mondo dell’informatica non era più consono alle mie aspettative e, facendo tesoro della mia passione ed esperienza, decisi di intraprendere la “carriera” di scrittore e giornalista enogastronomico che esercito da oltre quindici anni.

Per lei cosa significa vivere a Firenze?
Firenze è la mia città natale e credo di essere tra i pochi fortunati fiorentini a poter dire di esser nato in casa, anzi in piazza visto che le stanze che mi hanno visto venire alla luce erano affacciate su Piazza delle Cure. Questa è il centro di uno dei quartieri fiorentini ai piedi di Fiesole.
Vivere nella mia città natale è motivo di orgoglio e di attaccamento alle mie radici.

Un posto poco conosciuto che vale la pena vedere.
Seppur limitrofo alle più famose via del Corso o via dei Calzaiuoli, amo molto il quartiere che, tra il Duomo e Piazza della Signoria, racchiude piccole stradine e vicoletti nei quali si passeggia tra la storia.
Qui ogni angolo racconta, tra le mura, episodi d’amore e di vita citati da chi, a partire da Dante fino agli scrittori contemporanei, ha scritto le tante opere che parlano della città.

Un piatto che le fa venire in mente Firenze.
La “trippa alla fiorentina”: il suo profumo e la sua morbidezza mi restano sempre ben impressi.
Forse perché proprio sotto le finestre di Piazza delle Cure stazionava uno dei tanti - molti un tempo, oggi oramai rari - banchetti del “trippaio” che vendeva il più classico degli street-food fiorentini.

Ci parli di un episodio della sua vita legato a Firenze
Un episodio che mi ha molto colpito, seppur in giovanissima età - di cui proprio due anni fa si è commemorato il quarantesimo anniversario - è stato l’alluvione che nel novembre del 1966 mise in ginocchio Firenze.
Ricordo che, nonostante fossi tra quei fortunati che abitavano nelle zone più alte e quindi non lambite dalle acque impazzite dell’Arno, ho vissuto i problemi, le angosce e i drammi che si consumavano nei quartieri di qua e di là del fiume, ridotti a immense lagune di acqua e fango. Solo grazie al rispetto, alla passione e all’amore per questa città di tantissime persone, questi luoghi sono stati recuperati.

Vuole consigliarci una manifestazione interessante che si tiene nella sua città alla quale partecipare?
Come amante del buon cibo e del buon gusto posso segnalare Taste che ogni anno, a marzo, richiama migliaia di gourmet alla ricerca di cibi e vini d’eccellenza.

In cosa vorrebbe che Firenze fosse diversa?
Vorrei che la città riprendesse la sua grande tradizione di arte e di cultura che negli ultimi anni si è persa per strada, per far posto a un turismo mordi e fuggi che, unito alle problematiche di circolazione e all’aumento di micro criminalità, le stanno facendo perdere il rispettoso e dovuto ruolo a livello mondiale.

Quali sono i luoghi che preferisce di Firenze e perché?
In particolare prediligo due luoghi fiorentini. Il primo è il Piazzale Michelangelo, da cui si gode una splendida vista della città e delle sue colline e dove, quando gli impegni me lo consentono, mi reco al tramonto per uno spettacolare e romantico effetto scenografico; il secondo è il mercato di Sant’Ambrogio, uno dei luoghi che considero una sorta di “ombelico” della città, con le sue botteghe e con i suoi banchi di prelibatezze gastronomiche che ti fanno immergere, seppur per qualche momento, nelle scene del film “Amici Miei” o nelle pagine dei romanzi di Vasco Pratolini.

Qualche battuta sulla tradizione enogastronomica di Firenze.
Come quella toscana e di molte altre regioni italiane, è legata a piatti poveri ma ricchi di sapore. Basta pensare alla Ribollita, alla Pappa al Pomodoro, ai fagioli o al baccalà alla fiorentina, alla trippa o al lampredotto. Legata anche alle tradizioni delle feste o alle ricorrenze come la vendemmia, non può mancare sulla tavola dei fiorentini in questo periodo, la schiacciata con l’uva, oppure nel periodo del Carnevale i classici cenci o la schiacciata alla fiorentina. Nel campo enologico, invece, il buon vecchio fiasco di Chianti che, seppur in via di estinzione, rappresenta quello che era nel passato il vino servito nelle osterie e nelle bettole, le tipiche botteghe di vinaio cittadine.

Lei cosa fa per rilanciare il nome della città?
In qualità di Fiorentino “DOC” quale mi ritengo, cerco spesso di dare consigli a chi è preposto ad amministrare la mia città natale e in cui, dopo un periodo trascorso in altre città italiane per motivi professionali, sono rientrato da oltre un anno, trovandola ahimè sempre più distante dalla “fiorentinità” che l’ha contraddistinta. Sono fermamente convinto che con l’aiuto e l’amore dei veri cittadini e della lungimiranza della classe politica si possa riuscire a riparare i danni all’immagine che la Città dei Medici aveva accumulato nei secoli dai fasti Rinascimentali. La prima regola che posso consigliare a chiunque si trovi a Firenze, abitante o turista che sia, è quella di nutrire rispetto per quella che, oltre ad essere stata un simbolo culturale e artistico per tanti secoli, è considerata una delle città più belle al mondo.

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