3 Febbraio 2009

La cittadina nel mare verde degli ulivi pugliesi

di Sofia Riccaboni (Blog Fasano. Interviste Scrittori)

Paolo Melissi ha lasciato la città di Fasano quando aveva solo 8 anni, ma ne conserva un ricordo vivo, grazie anche ai frequenti rientri durante le vacanze. Abbiamo chiesto a lui, scrittore appartenente ad un gruppo che ha come scopo e obiettivo l’esplorazione urbana, il Kommando MacDonald’s, di descriverci questo comune pugliese.

Paolo Melissi (foto di Domenico Aliperto)

Paolo Melissi

Mi descrive il luogo più caratteristico secondo il suo punto di vista?
Direi che il centro storico, fatto di stradine strette, un nucleo intricato di passaggi, vicoli ciechi, piazzette, tutti dipinti a calce bianca, rappresenti la vera Fasano. Ma dovendo scegliere un luogo in particolare direi la piccola piazzetta dell’Arco del Balì, dove sorgeva il Palazzo Baliale di Fasano, in gran parte ristrutturato nel 1800. All’ingresso della via del Balì è possibile anche vedere la lapide che ricorda la vittoria ottenuta il 2 giugno 1678 dai fasanesi sui turchi, sbarcati su una spiaggia della vicina Torre Canne.

Cosa resta maggiormente nella mente di chi visita questo paese?
Credo che la cosa che colpisca maggiormente chi visita Fasano sia il suo “stare” nel grande mare verde degli ulivi, che dalle colline arriva fino al blu del mare Adriatico.

Facciamo un tour virtuale della città? Dove ci porta?
Partirei da via San Francesco, dove sorge ancora un torrione delle mura difensive del paese, per poi proseguire lungo via Dragone, entrando nel cuore del centro storico. Qui si apre Largo Seggio e l’Arco del Balì, mentre a sinistra, a pochi metri di distanza, sorge la Chiesa Matrice, con il bel rosone intagliato nella pietra. Da Largo Seggio, poi per una stradina che sbuca in piazza del Mercato Vecchio, e poi in Piazza Mercato, un tempo il chiostro delle Teresiane. Per finire la passeggiata piazza Ciaia, dove sorge il Municipio e si affacciano alcuni bei palazzi padronali della vecchia Fasano e la Chiesa di San Nicola.

Quale luogo, secondo lei, non viene sufficientemente valorizzato? E come si potrebbe valorizzarlo?
Più che all’interno del paese credo che sia da valorizzare un patrimonio presente nelle campagne fasanesi, che sono gli insediamenti rupestri dei monacali all’interno delle cosiddette “lame”, canaloni scavati nei millenni dalle acque di superficie nella pietra calcarea. Sono convinto che sia importante soprattutto la costruzione di un’immagine, di un’idea legata ai luoghi. Per decenni questi insediamenti sono rimasti abbandonati e lasciati decadere. Sarebbe necessario diffondere l’idea di una Fasano legata anche a questa realtà.

Fasano e la tradizione. Che cosa è più radicato e quanto si sta perdendo?
La tradizione fasanese è legata alla vita e all’economia agricola, alla produzione dell’olio e alla cucina del territorio. Mi sembra che negli ultimi anni questa tradizione, che comprende anche la bellezza architettonica dei trulli e delle splendide masserie fortificate, sia stata sufficientemente valorizzata. L’unico pericolo, forse, potrebbe stare proprio nella tendenza a usare frettolosamente e superficialmente questo patrimonio.

Ci può descrivere il monumento più significativo della sua città, come farebbe in un romanzo?
Egnatia, l’antica città greco messapica e poi romana che sorge in riva al mare, a pochi chilometri da Fasano è per me stata, e continua ad esserlo, motivo di un fascino che negli anni ho saputo spiegarmi solo in parte. Romanzesca perché i miei occhi di bambino e di ragazzo vi hanno ambientato mille storie. Ho visto su quella costa approdare le navi messapiche e sorgere la necropoli che oggi è lambita dal mare, e più all’interno i campi pieni di cocci, frammenti di vasi, tegole, scorie di lavorazione dei forni, e tombe ipogee, criptoportici, ruderi sormontati da boschi di fichi d’india, cisterne e pietre strappate dai contadini nei secoli per costruire rifugi per gli animali. Egnazia per me è il mistero alla luce del sole.

(Foto di Domenico Aliperto)

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