26 Luglio 2008

La Corsa dei Ceri: una gara in cui è vietato sorpassare

di Leonardo Guerrini (Blog Gubbio. Racconti di Viaggio)

Arriviamo a Gubbio per assistere alla famosa Corsa dei Ceri. Siamo accolti da una generale frenesia, già palpabile nelle strade più periferiche. Dopo i primi scoraggianti tentativi di cercare un posto auto, tutto volge verso il meglio. In un batter d’occhio ci si è materializzato un parcheggio; due passi a piedi e siamo già alle soglie della città.

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Per meglio vedere ogni singola fase della corsa, ci disponiamo in diversi punti del tracciato, con la promessa di “stilare”, in seduta comune, un dettagliato resoconto finale. A me è toccato testimoniare la partenza. Una folla incredibile circonda i tre ceri, in un turbinio di colori e voci, uniti nella passione ma divisi tra le tre contrade d’appartenenza: Sant’Ubaldo, San Giorgio e Sant’Antonio. Appena il tempo di rendermi conto della situazione, che già parte la corsa.

L’inizio è preceduto da un “Via ch’eccoli”, l’urlo unanime che indistintamente si eleva dalla folla per incoraggiare i ceraioli. Come per magia, in un movimento perfettamente sincronizzato, il mare di gente si apre in due per lasciar passare i Ceri. Per tutto il primo tratto, in forte discesa e per questo molto rischioso, gareggiano i ceraioli più esperti ed affidabili.

Cerco di colloquiare con gli eugubini che stanno lì a tifare, scoprendo cose per me inedite. Ecco infatti il mio primo tabù personale miseramente smentito, rispetto alla Corsa dei Ceri: la salita verso il Monte Ingino si svolge in varie tappe, intervallate da soste più o meno lunghe, per consentire agli eugubini di riprender fiato. E io che credevo che il tutto si consumasse entro pochi minuti!

Noto anche qualcos’altro di strano, irregolare, comunque diverso da una comune gara tra opposte fazioni: non sono previsti sorpassi tra i Ceri. Puntualmente, quindi, arriva il secondo grande scoop: i tre ceri corrono sempre nello stesso ordine di successione. Allora per quale ragione gareggiano? La risposta me la fornisce un ragazzo appartenente alla contrada di Sant’Ubaldo: lo stile durante la corsa e la maggior stabilità del Cero determinano la vittoria. Urgerebbe una disquisizione sull’apparente irrazionalità di certe rievocazioni; me la cavo, tra me e me, con una frase riparatrice del tipo “questa è l’Italia, bellezza”!

Ormai disinibito da ogni dubbio e scetticismo, inizio ad appassionarmi seriamente alla Corsa. Un mio amico che si trova nei pressi della Basilica di Sant’Ubaldo, traguardo finale della chermesse, mi telefona dicendomi che stanno per arrivare. Peccato, iniziavo a divertirmi! Al ritorno, in automobile, ci racconta che l’entrata dei Ceri in chiesa è stata davvero emozionante. Il movimento più rischioso che i ceraioli hanno compiuto è quello dell’abbassata, ossia il rapido cambio di posizione del cero per farlo entrare orizzontalmente nell’angusto portone. Con un pathos alle stelle, la corsa si conclude con una porta sbattuta letteralmente in faccia ai Ceri successivi.

Calati nelle vesti dei reporter, con i nostri virtuali taccuini pieni d’appunti, stiliamo un opinione generale su questo atipico, quanto entusiasmante, evento eugubino. Tra le altre cose, tracciamo il profilo del ceraiolo medio: è un uomo con un suo codice d’onore, al quale si attiene al di là dell’appartenenza. Fare bella figura verso Gubbio, tenere il più dritto possibile il Cero e, cosa importantissima, non cadere. Poi, tradire le regole del gioco, anche non scritte, è la colpa più grave di cui un eugubino più macchiarsi.

Le emozioni che abbiamo provato ci hanno tolto anche quei simpatici residui di pregiudizio. Eravamo partiti dicendo, ovviamente in maniera affettuosa, “quei matti degli eugubini”. Ora ne elogiamo la passione e l’amore per le tradizioni. Al prossim’anno per un altro “Via ch’eccoli”!

(Foto di Starlight in Pubblico Dominio)

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