24 Gennaio 2009

Il popolo ribelle del sud

di Valentina Cavaliere (Blog Ferrandina. Racconti di Viaggio)

L’estate del 2008 era troppo calda per passarla a casa persa tra libri di letteratura e storia.
Quando Giulia mi invitò nella sua casa di Ferrandina, giù in Basilicata non me lo feci ripetere due volte. Il giorno dopo ero già sul primo treno diretto a Matera da cui avrei preso l’autobus per il piccolo comune. Arrivata in città trovai Giulia che mi aspettava. Percorremmo assieme le sponda sinistra del fiume Basento. Mi disse che di lì a poco si sarebbe tenuta in città la “Sagra del Castello”, una festa contadina durante la quale si sarebbero esibiti numerosi artisti del luogo. Ovviamente per nulla al mondo mi sarei persa l’occasione si assaporare le delizie lucane o ballare le frizzanti e bellissime musiche popolari, invidiate da tutt’Italia fra l’altro.

Veduta di Ferrandina

Veduta di Ferrandina

Qualche mese prima nella mia città, a Napoli, avevo ascoltato un concerto di tammorra. Mi piacque tantissimo ma, ahimè, non potevo scatenarmi come avrei voluto perché i musicisti suonavano in un locale al chiuso. Qui, invece, eravamo in una grande piazza, ai piedi del grande castello, avrei saltato e urlato come la più invasata tra le seguaci di Dioniso. Insomma quel tanto che basta per farmi per sempre bollare in città come una pazza scatenata! La sagra era programmata per tutta la giornata, in un solo giorno avrei respirato e assorbito tutta la famosa energia e vitalità della Basilicata, o almeno quella di Ferrandina.

Gli spettacoli si sarebbero svolti ai piedi del famoso castello di Uggiano, una roccaforte risalente al VII-VIII secolo d. C.
Giulia, conoscendo la mia forte passione per la storia, mi accompagnò a visitarlo. Da lontano intravidi i resti dell’antico edificio, erano sparpagliati qua e là su una piccola altura coperta da un velo d’erba…

Giunse il giorno della sagra. Passeggiammo tra le tante bancarelle colme di ceci, lenticchie, cardi e anche dei meravigliosi esemplari di pecorino e caciocavallo. Con un panino gigante già timoroso di incontrare le mie fauci, proseguimmo il giro tra sentieri polverosi, sassi secolari e volti vissuti. Respiravo nell’aria quell’atmosfera ovattata da film e non è un caso dal momento che queste strade sono state immortalate spesso in film famosi.

Calata la sera cominciarono tutti gli spettacoli in programma. Iniziarono le vivaci danze a suon di Taranta o altri canti popolari. All’attacco di “Briganti se more” afferrai di corsa il braccio di Giulia e senza vergogna, né dignità, cominciammo a saltare come pazze nel centro della piazza. Fortunatamente non eravamo le uniche invasate. Altre ragazze sventolavano i loro coloratissimi foulard a ritmo dei tanti jambè vibranti o seguendo i magnifici virtuosismi vocali di quelle belle ragazze dai capelli ricci, regine della scena.

Ballammo talmente tanto che le mie tante lentigini si annullarono nel rossore della fatica. Il sangue ormai caldo e pazzo che mi scorreva in corpo era troppo frenetico per quietarsi d’improvviso. L’entusiasmo accumulato mi accompagnò anche nei giorni successivi. A cena, il giorno dopo la sagra, chiesi al papà di Giulia, professore della scuola superiore del paese, di raccontarmi qualcosa sulla storia di Ferrandina.

Il Signor Paolo cominciò a narrarmi delle tante invasioni subite nel corso dei secoli sul territorio e del coraggio della gente che, fiera, contrastò i potenti a testa alta. Proprio come nel 1945, quando gli abitanti ebbero la forza di insorgere contro i gerarchi fascisti liberando la città dalla dittatura. Mi fu raccontato anche della storia di Maria Barbella, la prima donna di origine ferrandinese che nel 1895 fu condannata a morte negli Stati Uniti. Il papà di Giulia mi disse che la città non ha mai dimenticato questa sua concittadina e proprio qualche anno fa, nel 2005, in suo onore Ferrandina fu dichiarata “Città per la vita”, aderendo nobilmente alle campagne promosse dalla varie Onlus contro la Pena di Morte.

(Foto di Idefix in licenza GFDL)

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