Non c’è modo migliore di arrivare ad Amalfi che non sia a bordo di un’imbarcazione; come gli antichi nocchieri abbracciare la città dalla sua insenatura portuale per poi insinuarsi a piedi per gli stretti vicoli, troppo ingombrati dalle bancarelle per turisti a caccia di souvenir tutt’altro che originali.
D’altronde cadere ostaggio del fascino di questa piccola, ma dal glorioso passato, città è inevitabile, tanto che anche l’Unesco dal 1997 l’ha dichiarata, insieme all’intera costiera, Patrimonio dell’Umanità.
La fondazione di Amalfi viene fatta risalire ai romani, ma il lustro maggiore lo raggiunge nel nono secolo quando insieme a [Pisa], [Venezia] e [Genova] si trovò ad essere una delle Repubbliche Marinare, contendendosi il primato con le altre tre.
Fu allora che la città partenopea si dotò del codice marittimo, noto come Tavole di Amalfi che per secoli rimasero un punto di riferimento per gli addetti ai lavori. Queste prevedevano un ordinamento ed una regolamentazione dei rapporti marittimi, che oggi costituiscono i primi esempi del moderno diritto di navigazione.
Un altro primato sembra appartenere ad Amalfi, quello di aver perfezionato la bussola e fornito informazioni preziose per la stesura delle prime carte nautiche medievali.
Dominatrice del mercato delle spezie, dei profumi, della seta e dei tappeti preziosi, nel X secolo coniò il soldo d’oro, i tarì d’oro e d’argento che erano in circolazione nell’impero greco, in Africa e nei principati longobardi. Queste monete, simili a quelle musulmane, dimostrano che i rapporti commerciali erano più sviluppati con gli arabi che con i bizantini.
Risalendo dal mare, si ha un unico obiettivo: espugnare il Duomo!
Calarsi nelle parti di un pirata è, infatti, l’unica soluzione per non rimanere imbrigliati nelle logiche commerciali di queste piccole città, troppo legate al turismo. Lasciarsi trasportare dalla fantasia più completa e provare ad essere per un giorno uno dei leggendari banditi del mare, di quelli che sono riusciti ad espugnare questa piccola città affacciata sul Tirreno.
Un normanno o forse un pisano che nel 1131, 1135 e 1137 la conquistarono e saccheggiarono.
Nel 1343, una tempesta con conseguente maremoto distrusse gran parte della città. E così l’agglomerato prende la forma che si presenta a noi, turisti di passaggio con l’illusione di essere pirati per sfuggire ai riti dei ricordini.
Scesi al porto, un arco, un vicolo, una svolta, una bancarella ed eccolo lì di fronte a noi, il Duomo arroccato sulla sua scalinata. Così arabeggiante nel suo stile arabo-siciliano, dedicato al patrono Sant’Andrea. la sua costruzione fu iniziata nell’XI secolo e completata con molte aggiunte successive.
E’ imponente, oltre ogni aspettativa; i portali in bronzo, realizzati a Costantinopoli, fanno pensare che la potenza e il prestigio arrivano da lontano, sempre attraverso il mare, dal quale la città non potrà mai scindere il proprio lustro.
Entrando, quelle cinque navate mostrano chiaramente come la basilica venne trasformata nei primi decenni del XIII secolo sotto l’arcivescovo Matteo Capuano e il cardinale Pietro Capuano, che unirono due edifici che sorgevano nello stesso luogo. Ma per giungere fino all’aspetto attuale la basilica ha subito ulteriori interventi.
Chi parla di Amalfi come una delle meraviglie del mondo, non ha tutti i torti. Questo borgo marinaro si è guadagnato senz’altro questa fama, tanto da essere considerato il luogo dove la primavera dura tutto l’anno.
Noi abbiamo cercato di sottrarci dall’essere “turisti” per guadagnarci un osservatorio privilegiato sulla città e la sua storia. Questa ninfa da cui Amalfi prende il nome, amata da Ercole, in un amore travagliato porta con sé le sfumature infinite e le maledizioni che solo l’epica sa regalarci, con quel retrogusto di fato e storia. Ma non resta che sognare …
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