13 Marzo 2009

Ristorante Antinè

di Alessio Postiglione (Blog Barbaresco. Interviste Ristoranti)

Incontriamo Andrea Marino del ristorante Antinè di Barbaresco.

Ci parli di Barbaresco.
Barbaresco è una preziosa cittadina medievale situata nel cuore delle Langhe; un’area a forte vocazione enogastronomica. Qui si produce il famoso, omonimo, vino ed è la terra dei costosissimi tartufi bianchi.
Questa eccellenza è stata riconosciuta anche con l’istituzione, qui da noi, dell’Enoteca Regionale, situata nella chiesa di San Donato.
Il territorio è sicuramente una risorsa. I dolci declivi coltivati a vite lungo la valle del Tanaro, la via dei bricchi: è un paesaggio dolce e romantico. Proprio la parola bricco deriva dal celtico. La nostra è una storia di incontri fra Celti, Liguri, Romani, Franchi.
E’ ai Romani, comunque, che si deve la diffusione della vite nelle nostre zone.

In che modo?
Tagliarono le foreste sacre - legate ai culti arborei delle popolazioni celtiche - e piantarono le viti. Probabilmente, infatti, il nostro toponimo deriva da Barbarica Silva, proprio la selva sacra ai Liguri stazielli.
L’impegno di Antinè per il territorio è assoluto: è la mia battaglia personale. Siamo nel centro. In una casa che, un tempo, ospitava antiche prigioni. Sa? La mia soddisfazione è proprio stare qui, dove sono nato, dopo aver girato il mondo.

Dove ha lavorato?
Ventisette posti! Francia, Inghilterra, Svizzera… anche altre regioni d’Italia. Fossi altrove, avrei più soldini: ma vuoi mettere la soddisfazione di stare qui? Girare con la macchina e poter parcheggiare?

Le credo. Nella città dove vivo il parcheggio è un’utopia.
Ad un certo punto mi sono detto: “Voglio vivere nella mia terra”. Sono andato in comune, ho detto chi ero e ho chiesto “Aiutatemi a rimanere”. Beh, l’hanno fatto.

Ecco come si blocca la fuga dei cervelli. E anche delle forchette.
Esatto!

Chi è Antinè?
E’ un verbo dialettale. Ovviamente ha a che fare con il vino. Indica l’operazione di invasamento nei tini.

Qual è il simbolo del comune?
La torre medievale. Probabilmente la parte più antica risale addirittura ai romani. Era inespugnabile ed ha resistito quasi a tutto. In occasione dell’acquisizione del comune da parte dei Savoia, infatti, fu scoperchiata per consentire un falò di festeggiamento a favore dei nuovi sovrani.

Cos’ha “rubato” gastronomicamente alle altre regioni che ha conosciuto?
Innanzitutto, potevo andare ovunque. Ma sono stato nelle regioni che “mi servivano” e che amo di più.
Ho lavorato in Sardegna, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta.
Nella prima regione ho imparato a cucinare il pesce; in Trentino ho conosciuto il mondo della selvaggina. La Valle d’Aosta mi piaceva per i formaggi.

Qual è la sua più grande soddisfazione professionale?
Saper fare benissimo i piatti della tradizione. Il mio coniglio al Barbaresco e i tajarin sono cosmici! Lancio una sfida mondiale.

La sua cucina.
Ravioli di polenta e ricotta di pecora, burro, noci e rosmarino; agnolotti del plin di gallina ruspante agli asparagi, tajarin al sugo di salsiccia. Fra i secondi, il già citato coniglio brasato al Barbaresco e le quaglie al Moscato Passito con pinoli, uvetta e fegato grasso su tutto.

Il suo vino.
Certo, Barbaresco. Ma, lo ammetto. Il Brunello Gaja è il mio preferito. Sono un piemontese eretico.
Parliamo di un’azienda che esiste dal 1859 ed ha fatto della qualità la propria missione.

L’azienda nasce in contemporanea con il “Barbaresco moderno”.
Sì, effettivamente è nell’Ottocento che si codifica il procedimento per il nostro vino.
Grazie a Domizio Cavazza, a capo della Regia Scuola Enologica di Alba, che acquista il castello di Barbaresco e fonda le Cantine Sociali di Barbaresco dando un impulso a tutti gli imprenditori della zona.
Cavazza codifica il “metodo moderno” per la vinificazione del Nebbiolo e lancia il vino sui mercati nazionali.
Ma l’importanza del vino per il nostro comune risale alla notte dei tempi. Pensi che la stessa chiesa di San Donato - dove ha sede l’Enoteca Regionale - è stata costruita in ringraziamento per la ricca produzione di vino che era, com’è tuttora, la nostra ricchezza.

Qual è il suo piatto dell’infanzia?
Mi ricordo i piatti “poveri” che faceva mia nonna: con acciughe o baccalà. Perché noi ci troviamo sull’antica “via del sale”. E’ un ricordo che vive ancora oggi nei miei gnocchetti di spinaci in ragù di pomodorini e baccalà.

Riferimenti:
Ristorante Antinè
Via Torino, 16 - Barbaresco (CN)
Telefono: 0173-63.52.94

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