9 Marzo 2010

Ristorante Baracca

di Alessio Postiglione (Blog Biella. Interviste Ristoranti)

Incontriamo Paolo Mancastroppa, del ristorante Baracca di Biella.

Qual è il segreto della vostra cucina?
Piatti della tradizione, riproposti con rispetto per la cultura piemontese, scelta accurata delle materie prime e, direi, anche un ottimo rapporto qualità/prezzo.

Avete un forte legame col territorio, quindi.
Assolutamente. Iniziammo la nostra avventura come ristoratori al Bottalino, sede storica del Baracca, venticinque anni fa. Poi, ci siamo spostati in questa bella palazzina dell’Ottocento in via Sant’Eusebio.

Di Biella si sa che è una città industriosa. Ma qual è il patrimonio gastronomico della città?
Per lavorare bene, bisognava mangiare in modo sostanzioso. E i signori – magari i “padroni del vapore” - mangiavano anche in modo superlativo. Il nostro piatto simbolo, infatti, nonché il mio preferito, è il risotto in cagnone. “Cagnone” è proprio il termine dialettale per definire una persona facoltosa, un “signore”: era il piatto destinato alle persone influenti, quindi. Una vera delizia. E’ un risotto mantecato con varie tome ed insaporito con burro rosolato. Il segreto è nelle tome: utilizzarne diverse, con differenti stagionature. Di certo, visto che le tome cambiano durante l’anno, la particolarità è che è un piatto che cambia sempre!

Un assaggio del vostro menu.
Partiamo sempre con un carrello di antipasti freddi piemontesi. Vitello tonnato, lingua in salsa, tomini di Biella, insalata di nervetti, acciughe ed insalata russa.

Ma cosa c’entra l’insalata russa col Piemonte?
Sembra che l’insalata russa non sia un’invenzione russa, partorita presso l’hotel Hermitage di Mosca dalla fantasia dello chef francese Lucien Olivier, come molti sostengono, ma sia piuttosto piemontese.
Fu un cuoco di Casa Savoia, nell’Ottocento, a proporre l’insalata in occasione della visita diplomatica di vari dignitari dell’impero dello Zar, a Torino. Il cuoco volle rendere omaggio alla composizione etnica dei dignitari dell’impero: turcofoni, asiatici, mongoli, siberiani, armeni, georgiani e slavi. E per fare questo, pensò ad una insalata che era un misto di carni e vegetali, il tutto tenuto insieme dalla maionese.

La maionese come metafora del potere politico che tiene insieme interessi diversi! Proseguiamo con il menu!
Fra gli antipasti, oltre ai tomini nostrani è da segnalare il prosciutto biellese, un fiocco di maiale stagionato. L’aria alpina conferisce una particolare sapidità al nostro prosciutto, che lo differenzia nettamente da quello di Parma, ad esempio. Fra i salumi, il nostro salame migliore è la duja, da non confondere con la ‘nduja calabrese. La duja piemontese è fatta con carni suine di prima scelta, insaccate nel budello torto di manzo. Dopo la maturazione, i salami vengono messi in un recipiente detto duja e coperti con strutto e lardo fuso che dona alla carne una particolare morbidezza ed un sapore “grasso” e piccantino.
Fra i primi, segnaliamo la nostra panissa, un piatto tipico di Vercelli e riproposto a Biella con piccole varianti locali. Importantissimo è innaffiare il riso, durante la cottura con il vino.
Perché, dalla nostre parti, si dice che il riso nasce con l’acqua e muore con il vino!
Noi prepariamo la panissa con riso Carnaroli, fagioli borlotti, cipolla, Barbera, lardo, salam d’la duja e formaggio grattugiato.
Fra i secondi, ovviamente, prestiamo grande attenzione al bollito misto.

Il bollito misto è un cult piemontese. Ma qual è la vera ricetta del bollito? Ce la può svelare?
Accanto alle varie interpretazioni, esiste, ovviamente, una ricetta filologica e storica del bollito. Il vero bollito è dato da tre cose. La scelta dei pezzi da utilizzare. La cottura separata di alcuni tagli. Ad esempio, da una parte si cucina la coda con la scaramella, dall’altra la testina con la lingua. Infine, le salsine con cui accompagnare il bollito. Il tutto condito da tanta, tanta, pazienza.
Il gran bollito misto è composto da sette tagli di polpa, tenerone, scaramella, muscolo di coscia, muscoletto, spalla, fiocco di punta, cappello del prete; sette ammennicoli o abbellimenti, come la lingua, il musetto, la coda, la zampina, più pezzi di gallina, cotechino e rollata. Infine, sette salse: salsa verde rustica, salsa verde ricca, salsa rossa, salsa di rafano, mostarda di frutta, pugnà (mosto d’uva, ndA), e salsa al miele. Sette per tre, quindi. Sette-sette-sette, che nella numerologia è il numero divino! Interessante, no? Certo, è un piatto elaboratissimo, che si cucinava per minimo dodici persone.
Oggi ci concediamo qualche licenza, sul numero dei pezzi, e anche sulle salsine. Serviamo la carne anche con mostarde d’arancia o di cipolla rossa di Tropea.

Cosa proponete ai vostri clienti per dolce?
Il dolce della tradizione, il bonet: crema di latte e cacao, con gli amaretti sbriciolati.

Qual è l’anima di Biella?
Sicuramente la storia della manifattura dei tessuti è parte importante del nostro patrimonio etnodemoantropologico. Tessuti così preziosi ed importanti che bisognerà far attenzione a non macchiarsi, quando si mangia da noi!
La cornice naturalistica di Biella, con le nostre Alpi, è di grandissimo pregio. Infine, c’è il trait d’union fra l’industria tessile e la natura: il Parco della Burcina. Si tratta di un parco costituito, nella seconda metà dell’Ottocento, dall’industriale laniero Giovanni Piacenza, che decise di trasformare una collina in un meraviglioso giardino, coltivando ododendri, azalee e anche piante esotiche.

Per concludere; quali sono i “suoi” vini?
E’ una risposta difficile, in una terra d’elezione per l’enologia come il Piemonte. Io punto su di un Nebiolo. Il Gattinara.

Riferimenti:
Ristorante Baracca
Via Sant’Eusebio, 12 - Biella
Telefono: 015-21941 - chiuso Sabato e Domenica

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