La principale arteria lucana, la Basentana, ha sempre avuto un fascino particolare per me. Il paesaggio che attraversa è estremamente vario. Un confine fisico, oltre che geografico, sembra separare il paesaggio campano da quello lucano. Il primo è caratterizzato da dolci rilievi, una natura lussureggiante e purtroppo una devastazione strutturale causata dall’intervento umano. Quando le forme tondeggianti delle colline si trasformano in alte montagne rocciose si è in Lucania.
La strada è deserta alti rilievi costeggiano la carreggiata e si alternano a profonde vallate, piccole abitazioni isolate, circondate da ampie distese coltivate, fanno galoppare la mia fantasia. E’ una fredda giornata d’inverno, sulla strada non c’è neve, ma il paesaggio è dominato dalla luce particolare che solo il sole invernale riesce a creare. Arrivo sul ponte che sovrasta il piccolo paese di Picerno, ogni volta che passo in questo posto una strana sensazione di serenità soggioga il placido entusiasmo nel quale la Basentana riesce a farmi entrare. Il paesaggio è meraviglioso, Picerno è un presepe sul cucuzzolo di una collina, l’abitato domina la valle sottostante.
Imbocco il bivio per Potenza, si intravede il profilo, alti palazzoni di recente fabbricazione sono il biglietto da visita della città, non è una buona presentazione. La città venne seriamente danneggiata nel terremoto del 1980 e quindi è stata in gran parte ricostruita. Quasi in modo automatico dirigo l’auto verso la strada che conduce alla stazione e che dovrebbe portare nella parte alta di Potenza, il traffico non si addice ad una città di soli 60.000 abitanti.
Parcheggio in Via Marconi e prendo le scale mobili, Potenza è caratterizzata dall’avere al posto della metro le scale mobili, un’ottima soluzione essendo una città che si sviluppa sul cucuzzolo di una montagna. C’è ancora un po’ di gente in giro, siamo nel periodo natalizio ed anche qui la frenesia di acquisti domina le giornate. Per fortuna è quasi ora di pranzo, a breve tutti andranno a casa a degustare i loro pranzetti e potrò godermi una bella passeggiata nella nobile Potenza invernale. Vado verso via Pretoria. Finalmente raggiungo la lunga via interamente pedonale, quasi totalmente ricoperta da eleganti ciottoli, vetrine di negozi di lusso rendono la passeggiata interessante per gli amanti dello shopping.
Mi fermo in un bar in Piazza Mario Pagano per prendere una bevanda calda nell’attesa che le persone tornino a casa. Scelgo un posto che mi consente di guardare la piazza e degusto la mia cioccolata. Questa piazza ha un’eleganza austera adornata dall’ottocentesco palazzo del Teatro Stabile, dal Palazzo del Governo e, nell’angolo destro, dalla Chiesa di San Francesco.
Il flusso di persone è diminuito, è il momento di uscire dal bar, una sferzata di aria gelida mi saluta e rinvigorisce. Sistemo la sciarpa in modo da lasciare scoperti solo gli occhi e mi incammino per via Pretoria. Cammino lentamente, per gustare fino in fondo la tranquillità del momento. Guardo affascinata gli antichi palazzotti che costeggiano la strada, questa è Potenza, la vera anima della città, probabilmente prima del disastroso evento sismico la città era tutta così. Lascio la strada principale per addentrarmi nel luogo che privilegio, mi accompagnano solo il rumore dei miei passi e il dolce suono dell’acqua che sgorga dalla fontana.
Il vicoletto è piccolo ed affascinante, il freddo pungente rianima lo spirito e il corpo, ecco la piazzetta della meravigliosa Chiesa di San Michele, la Chiesa più antica della città risalente al X secolo. La facciata in pietra a vista della Chiesa, il vicino convento dei frati minori, la pavimentazione di ciottoli e il silenzio conferiscono a questo luogo un fascino incredibile. Entro in Chiesa, i miei occhi ci mettono un po’ ad adeguarsi alla poca luce interna, anche qui la struttura conserva la solennità manifestata esternamente. Per qualche minuto ammiro le alte pareti e lo stile essenziale del luogo di culto. Esco da San Michele e bevo un sorso d’acqua dalla fontana nella piazzetta, è congelata sembra neve.
La mia passeggiata continua verso il parco Montereale, polmone verde della città. Per arrivare al parco è necessario percorrere un lungo ponte dal quale è ben visibile il dislivello che caratterizza l’area abitata. Alberi ad alto fusto, in prevalenza conifere, dominano il paesaggio. Sul lato destro una mostruosa struttura aggredisce violentemente la bellezza del paesaggio, è chiamata il Serpentone, associo immediatamente, per quanto riguarda il tipo di edificazione, alle Vele di Secondigliano, allo Zen di Palermo o al Corviale di Roma. Distolgo lo sguardo dalla struttura e proseguo verso il parco.
Il fascino di questo posto è soprattutto nella collocazione, come una penisola collegata da un istmo alla città. Le montagne, il cielo terso, gli alberi, gli zampilli di un’enorme fontana riescono a ricondurmi al fascino che ancora conserva la città. Il freddo pungente e il vento sferzante mi costringono ad inventare un’alternativa alla mia perlustrazione quasi casuale. Il Museo Archeologico potrebbe essere un’utile e soprattutto piacevole alternativa. Per raggiungere il Museo percorro una strada parallela a Via Pretoria molto carina ma purtroppo accessibile alle macchine. Arrivo nella piazza antistante al palazzo del Museo, purtroppo l’ente è chiuso. Decido di tornare alla mia stanza ma nel pomeriggio lo visiterò sicuramente.
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