Lo scrittore Pierluigi Boccanfuso, tarantino di nascita ma sangiorgese d’adozione, autore del libro “La notte è un ballo di anime” (Lupo Editore) e vincitore del V concorso letterario “Versi & Prosa” con la lirica “Dedica alla poesia”, intervistato su San Giorgio Ionico per Comuni-Italiani.it
Come nasce in lei la passione per la letteratura e come riesce a farla convivere con la routine quotidiana?
A mio parere la passione per la letteratura può nascere solo intrinsecamente alla propria sensibilità d’animo. Leggere un libro o appassionarsi ad un autore sicuramente non basta. La scoperta che ci porta ad appassionarci al suo meraviglioso mondo è un viaggio che compiamo quotidianamente, è come presenziare ad un banchetto delle cui vivande non siamo mai sazi. Ed è quello che personalmente mi è accaduto: è un nutrimento di cui ormai non posso fare a meno. La sua scoperta è stata graduale, ho iniziato con il genere fantasy e poi ho ampliato questa passione ai grandi classici della letteratura italiana e straniera. Riesco ad integrare questa passione con i miei impegni quotidiani, in particolare quelli universitari, in modo del tutto spontaneo e naturale grazie agli studi umanistici che svolgo alla facoltà di Lettere Moderne a Lecce.
Se in un suo libro dovesse rappresentare la città, cosa scriverebbe?
Non ho mai avuto modo di leggere volumi sul folklore o la storia di San Giorgio Jonico. Ritengo che i luoghi di maggior interesse storico-culturali siano la centrale piazza San Giorgio (già piazza Margherita), contraddistinta da un interessante mosaico pavimentale, ed alcuni palazzi nobiliari nel centro storico (il settecentesco Palazzo Imperio, Palazzo Alberini-De Siati, Palazzo Alberini-Caramia), così come la cappella della Madonna della Croce, la chiesa SS. Maria Immacolata (eretta fra il XIX e il XX secolo), villa Parabita e il castello dei conti D’Ayala Valva con la vicina cappella del Calvario. Appena fuori dal centro abitato, ai piedi del “monte” Belvedere si trova il complesso delle cave tufacee “Le Tagghjate”, di rilevante interesse antropologico per la comunità locale. Ma se dovessi scrivere un libro sul mio paese o una qualsiasi città, di sicuro mi soffermerei più sugli aspetti umani e sociali, sulla loro evoluzione nel tempo, sui ricordi e la storia, il tutto guardato sempre con occhio distaccato, critico e obbiettivo.
Cosa ha da offrire la città, in termini di opportunità culturali e artistiche, ai suoi abitanti ed ai visitatori?
Non molto purtroppo; parliamo pur sempre di un comune che fa poco più di diciottomila abitanti e tuttavia, paradossalmente, trova il suo punto di forza nella zona industriale che dagli anni Settanta ha avuto un notevole sviluppo, con un conseguente ed ulteriore aumento della popolazione. Da piccolo ero molto
legato alla processione della Via Crucis che si svolgeva, in modo del tutto rustico e caratteristico, nel sito delle Tagghjate, ma sfortunatamente negli anni a seguire è stata soppressa.
Qual è il luogo della città che preferisce?
Ho sempre trovato che l’attaccamento ad un luogo non dipenda dal ricordo, ma dal tempo vissuto che non potrà ritornare. Anzi il ricordo permette di rivivere i momenti come in un sogno, mentre la nostalgia può davvero essere una gran brutta cosa. Ho molti momenti felici della mia infanzia legati più o meno a tutti i luoghi del paese, ma quello che prediligo in assoluto è il “monte” Belvedere che mi ha regalato tanti assolati pomeriggi di solitudine per comporre le mie poesie, facendomi al tempo stesso godere di una splendida vista dell‘amata Taranto e del bacino chiuso di Mar Piccolo che riluceva in un riflesso dorato.
Quali sono, a suo dire, i simboli che meglio rappresentano l’essenza della città?
Come tutti i piccoli paesi di provincia della Puglia e dell’Italia in genere, ritengo siano i luoghi di culto e di maggiore rilevanza storica. In questo caso direi che l’essenza della città venga rappresentata essenzialmente dalle sue chiese e dal castello D’Ayala che, se pur abbastanza recente come datazione, risulta indubbiamente affascinante.
Un forestiero le si avvicina per strada e le chiede un suggerimento per un itinerario turistico cittadino. Dove lo indirizza?
A mio parere non esiste un vero e proprio itinerario turistico per un paese piccolo come San Giorgio, ma sicuramente oltre a quello che un turista può vedere nel girare per l’area centrale, ed al massimo ci impiega un paio d’ore, sarebbe consigliabile visitare anche il borgo periferico Contrada San Giovanni con la sua antica masseria fortificata “Villaggio San Giovanni” del 1300, sapientemente restaurata con gusto e sobrietà, appartenuta ai duchi di Spagna D’Ayala Valva, grandi proprietari terrieri, oggi adibito a sede di cerimonie importanti.
Qual è un motivo per cui andar fiero di vivere in questa città e quale, invece, uno per cui non esserlo?
San Giorgio è un paese che nell’ultimo decennio è cresciuto tanto. È stata aperta una grande ed efficiente piscina a ridosso delle Tagghjate. Nella zona ad est del paese si continuano ad edificare nuove case, ingrandendo così il centro urbano, merito di una zona industriale che da quarant’anni a questa parte è una realtà consolidata ed importante. Di recente è stata inoltre migliorata tantissimo la viabilità, aprendo una nuova arteria stradale che lambisce all’esterno San Giorgio, rendendo più scorrevole il traffico all’interno del paese che, essendo un crocevia per attraversare il Salento, s’era fatto insostenibile per il passaggio continuo di camion e tir proprio nel bel mezzo del centro abitato.
L’unica cosa che mi auguro, è che venga rivalutato al più presto e al meglio un bellissimo squarcio naturale come “monte” Belvedere fatto riversare per troppo tempo in uno stato di sconsiderato degrado.
Qual è il suo ricordo personale più bello legato alla città?
Come ho detto prima credo che un uomo debba puntare sui suoi ricordi, non sulla nostalgia, e penso che nessuno possa trovarne di più spensierati se non al tempo della fanciullezza o dell’adolescenza. I miei ricordi più belli sono tutti lì; gli altri forse li considero troppo recenti, alcuni addirittura ferite che non si sono ancora del tutto rimarginate. È dunque legato a San Giorgio il ricordo di tre amici come Marco, Simone e Francesco, che hanno segnato un’intera fase di vita difficile come l’adolescenza e insieme ai quali sono cresciuto. Sono stati molto importanti per me e l’esperienze vissute con loro mi hanno formato tanto, dando un‘impronta alla mia personalità non indifferente. Poi come nella maggior parte delle cose della vita, l’incantesimo s’è rotto, l’ingranaggio dell’amicizia ha smesso di funzionare. Ma in fondo mi consola il pensiero che ho sempre trovato la forza di ricominciare, di rialzarmi e non conta cosa sono loro per me oggi, ma quello che sono diventato anche grazie a ciò che loro sono stati per me allora.
(Foto del Castello D’Ayala di Konin)
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